Nuovo post di making of per Gladiatori contro Kaiju.
Sebbene la parte fantascientifica della novelette sia riconducibile soprattutto al fattore ucronico e alla presenza dei mostri giganti di Tartesso, mi sono premurato di introdurre alcuni elementi più puramente “-punk”. Vale a dire tecnologie anacronistiche, che alterano il periodo storico in cui è ambientato il racconto. Si tratta di armi e oggetti costruiti secoli fa dalla misteriosa civiltà dei Ciclopi*, nemici ancestrali dei tartessiani, e come loro distrutti da una grande catastrofe naturale (una glaciazione? Un meteorite?).
Uno di questi elementi è rappresentato dalle armi che, ritrovate in alcune rovine della Samaria, hanno permesso all’Impero Romano di sconfiggere Tartesso. Si tratta delle “saette di Giove”, di cui al momento non vi svelo né la natura né la genesi.
Il secondo elemento è costituito dai “Carri del Fulmine”.
Dalla vicina Porta Esquilina arrivò uno straordinario carro nero, bombato come un uovo, fabbricato interamente in metallo brunito. Era trainato da un possente cavallo esapodo, anch’esso costruito in placche di ferro e bronzo. Sbuffava vapore dalle narici e aveva biglie d’argento al posto degli occhi.
Questa è la descrizione di una di tali meraviglie.
Il concept di base prende spunto dai vecchi carri da guerra di epoca pre-romana, a partire da quelli falcati, utilizzati da egizi, assiri, persiani e più volte citati nei poemi omerici. L’Eneide, per esempio, ne è piena. Per carri falcati si intendono quelli dotati di affilate lame, poste sulle ruote, sul timone e sulle sponde. Lanciati tra i nemici compivano vere e proprie stragi
Ciro II di Persia fu il più grande sostenitore dell’uso dei carri da guerra (non solamente quelli falcati) nelle battaglie campali. Fu lui a organizzarli in schieramenti e compagnie, dando un preciso modus operandi agli aurighi.
Carro da guerra assiro.
In epoca romana i carri da guerra vennero usati sempre meno, sostituiti man mano dalla cavalleria, più duttile e adattabili alle campagne su vasta scala. Essi vennero usati soprattutto nelle gare sportive. Mi riferisco ovviamente alle famose bighe, cocchi a due posti, solitamente trainati da due cavalli (quella a quattro cavalli era ovviamente la quadriga).
Nel mio caso, inserendo i Carri del Fulmine, ho però inventato di sana pianta uno strumento bellico appartenente a una civiltà scomparsa (Tartesso), dotata di una tecnologia assai più avanzata rispetto a quella del secolo in cui è ambientata la storia (I secolo d.C.).
Quindi potevo spaziare con l’immaginazione, e così ho fatto.
Il Carro del Fulmine è chiuso, anche se dotato di tettuccio apribile. L’auriga lo pilota dalla cassetta di guida, armeggiando i comandi del cavallo meccanico esapodo a cui il veicolo è collegato. Su tale destriero al momento non specifico dettagli di alcun tipo (magari lo farò in futuro), tranne per il fatto che si tratta di un animale artificiale, animato da un’energia non meglio specificata nel testo.
Il carro è pensato per poter trasportare fino a quattro passeggeri, più eventualmente un’arma da tiro di piccole dimensioni. Nello specifico si tratta di Saette di piccolo calibro, diverse da quelle a torretta usate dai romani per sconfiggere i mostri tartessiani.
Considerando che furono costruiti dai Ciclopi, si può dedurre che, a dispetto del nome, essi erano poco più alti dei normali esseri umani (sui due metri o poco più).
Ovviamente la corazza dei Carri del Fulmine è più robusta e al contempo più leggera rispetto a quelle fabbricabili dal livello scientifico-tecnologico dell’epoca. Essa la protegge da frecce, fionde e altri armi da tiro leggere a disposizione degli eserciti di quel periodo storico. Sono anche invulnerabili ad armi di medio calibro, come per esempio gli scorpioni.
Non è noto l’utilizzo dei Carri del Fulmine da parte dei Ciclopi. Probabilmente si trattava di mezzi corazzati leggeri, ottimi per operazioni d’avanguardia o per raid attraverso le linee nemiche. I cavalli esapodi erano ottimi per superare terreni accidentati e non dotati di strade.
A livello estetico fate riferimento alla descrizione data nel racconto.
Tuttavia il concept prende spunto anche da alcuni carri rappresentati in alcuni spettacolari mazzi di tarocchi moderni, di cui Pinterest mi è generoso dispensatore. Il Carro (maiuscolo) è infatti uno degli arcani maggiori, nonché, per ironia della sorte, quello associato al sottoscritto, in base ai tratti caratteriali, ai dati biografici etc etc.
Potete vedere un paio di queste rappresentazioni in questo post, rispettivamente sopra e sotto il paragrafo che state leggendo.
Ciò che è emerso scrivendo è dunque che i Carri del Fulmine rappresentano una sorta di corpo speciale motorizzato ante-litteram dell’Impero. Qualcosa che rientra nei parametri del Sandalpunk, ammesso che tali rigide classificazioni abbiano davvero una qualche valenza manualistica.
Se volete scaricare gratuitamente il primo capitolo completo di Gladiatori contro Kaiju, potete già farlo.
Il resto arriverà presto (ma a pagamento, eh).
* I Ciclopi di Gladiatori contro Kaiju non ricalcano la classica interpretazione che ne dà la mitologia greco/romana, bensì ne rappresentano una rilettura utile alla storia che ho scritto. Essi erano solo più alti e possenti degli umani, non giganti o titanici, tanto per dirne una. Non erano nemmeno dotati di un solo occhio, ma indossavano caschi (o elmi) che davano questa impressione. La loro potenza non era di origine magica, bensì tecnologica.
Insomma, le differenze sono molte.
Aspettate e vedrete.
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(A.G. – Follow me on Twitter)