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Il carteggio inedito tra Massimo Bontempelli e Giuseppe De Robertis (parte terza)

Creato il 27 giugno 2012 da Saradurantini @SaraDurantini

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Il carteggio inedito tra Massimo Bontempelli e Giuseppe De Robertis (parte terza)

Massimo Bontempelli e Giuseppe Bottai




La seconda lettera scritta da Massimo Bontempelli a Giuseppe De Robertis risale al 10 luglio del 1943 ed è rappresentativa della personalità imponente e onnipresente di Bontempelli nel Novecento in veste di scrittore, saggista, giornalista ma soprattutto "non-critico". Nella lettera si legge quanto segue:
"Mio caro De Robertis, sai la piccola diatriba tra quelli che ogni tanto mi pregano di scrivere di pittura e scultura e io che, a piena ragione, mi rifiuto proclamandomi incompetente. Qualche volta finisce che prevale il loro cinismo perciò in Avventura Novecentista c'era un gruppo di versi (dal '26 al '38) che sotto la regione Sconfinamenti parlano di arte".
Lo dice a denti stretti Bontempelli, quasi fosse qualcosa che non gli appartiene. E difatti è così. Già in una lettera del 1926 indirizzata Giuseppe Bottai, pubblicata in Critica fascista (lo stesso anno in cui uscì il primo numero dei Cahiers du '900) con il titolo L'arte fascista,  Bontempelli sostiene che l'arte non può servire a scopi celebrativi e mostrandosi pronto ad accogliere la tesi della corrispondenza funzionale tra il periodo storico e il prodotto culturale insito nello stesso. Nell'articolo Seicento, scritto e pubblicato da Bontempelli nel 1922 all'interno della rivista Valori plastici (che riveste un ruolo di estrema importanza in quanto terreno di incontro tra la tradizione pittorica nazionale e la  cultura internazionale. Nel corso dei mesi e durante le collaborazioni tra artisti e critici, matura un desiderio e una curiosità di riscoprire l'arte rinascimentale italiana come momento d'oro, autentico e rappresentativo dell'arte pittorica italiana) il "non-critico" comasco individua nella avanguardie la causa che ha portato alla scomparsa del barocco. La provocazione è lampante, la sagacia attraversa l'intero articolo e l'arringa difensiva si disvela prima ancora che il lettore possa accorgersene: Bontempelli dichiara di essere "incompetente in questa materia" e quindi ogni considerazione può essere giudicata come una pretenziosa presa di posizione da parte di ua persona che non conosce la questione. 
Ed è proprio la sua "incompetenza" che mi affascina e mi turba più di ogni altra cosa. Parlo proprio di turbamento, perché mai come in questo caso vi è stata parola più azzeccata. Bontempelli, fin dagli anni Venti-Trenta si dichiara spassionatamente e orgogliosamente incompetente in materia artistica e continuerà a tenere questo atteggiamento negli anni a venire tanto che, nella seconda lettera del carteggio con Giuseppe De Robertis parla della continua "diatriba" con coloro che vogliono che scriva di pittura e scultura. 
Eppure la sezione Sconfinamenti, che si apre con una breve trattazione riguardante il rapporto tra scrittore e musica, ammettendo che "a un certo punto della mia maturazione, io fossi tratto a tentare la composizione musicale", rivela tutt'altro che incompetenza e impreparazione sulla tradizione artistica italiana. Nella musica "il simbolo è stato fin dall'inizio assorbito nella cosa simboleggiata" divenendo quindi "la materia" stessa da trattare, "in questo senso alla musica non si può paragonare che l'architettura". 
L'architettura, "ritratto dello spirito di un'epoca", immagine dell'uomo virile che non deve (e non può) vivere "negli sciami di ridicoli villini liberty", è l'attività che, similmente alla musica, offre grande libertà allo scrittore. Le stesse idee sono state ampiamente discusse in un articolo apparso su Gazzetta del Popolo nel 1931: l'architettura, così come tutto lo scibile umano, affonda le sue radici nell'Occidente, declassando l'Oriente come una colonia da cui prendere le distante (su questo argomento una ricca testimonianza è rappresentata dalle lettere, pubblicate ne L'Avventura Novecentista, tra Bontempelli e Ugo Ojetti, il quale, si dimostra contrario alla testi di Bontempelli prendendo le distante dal collega sia come giornalista sia come critico d'arte).
Nella seconda lettera del carteggio inedito tra Massimo Bontempelli e Giuseppe De Robertis si legge la reale intenzione di Bontempelli circa la sezione Sconfinamenti:
"Ho pensato di raccogliere quegli scritti e farne un volumetto per i Quaderni, come da tanto tempo avevo promesso a te e confermato all'amico Paletti. Qui ti scrivo l'indice del libro".
Nella parte sinistra della lettera si legge, all'interno di un rettangolo bordato, l'indice del libro edito da Neri Pozza nel 1950 con il titolo Appassionata Incompetenza. Non si tratta di ridondanza, il termine incompetenza è il fulcro della personalità di Bontempelli, è la ragione d'essere del realismo magico, la nuda carne che si riscalda alla luce delle fulgide visioni bontempelliane in cui tutto è causa e conseguenza al tempo stesso, la correlazione tra gli avvenimenti si dispiega agli occhi del non-critico comasco trascendendo la realtà materiale, percepibile e palpabile e penetrando in un luogo altro, in una realtà altra, in cui la storia e la cultura, la storia e l'arte si fondono, giocano, si sostengono l'una con l'altra delineando i contorni di quello che viene definito da Bontempelli come "un realismo preciso, avvolto in un'atmosfera di stupore lucido".


Nota: Tutto ciò che è riportato in corsivo, ove non specifico, è tratto da L'Avventura Novecentista di Massimo Bontempelli, edita da Vallecchi nel 1938.

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