Il caso di Filiberto Cardenas: ridefinire i criteri della ricerca (seconda parte)

Creato il 16 agosto 2012 da Straker
Leggi qui la prima parte
Considerazioni metodologiche
L’episodio sopra dipanato offre un campionario degli incontri del quarto tipo, con una serie di invarianti riscontrabili in molti resoconti. Qui, però, mi interessa l’avventura del sequestrato nella base sottomarina. Il tema delle installazioni subacquee affiora talvolta nell’ufologia: “Fulgori dall’abisso”, ultimo libro di Maurizio Cavallo (alias Jhlos), verte proprio su avamposti sommersi. [1]
Anche le esperienze di Jhlos sono al crocevia tra rapimento e contatto e, per questo motivo, si possono assimilare alle vicissitudini di Withley Strieber, i cui visitatori sono ambigui, ora amichevoli ora freddi. In questi generi di vissuti, a mio avviso, prevale la tendenza a sdrammatizzare e ad addolcire situazioni traumatiche, secondo processi psicologici di autodifesa. I traumi vengono sublimati e rimossi affinché non conflagrino in psicosi. Con ciò, non intendo asserire che tutti i visitatori sono ostili: civiltà evolute esistono, ma di solito non agiscono e, se agiscono, restano molto defilate. Tuttavia, se nel complesso delle comunicazioni, gli ufonauti non accennano mai al problema per eccellenza, preferendo dirottare l’attenzione su disastri ambientali dovuti soltanto all’irresponsabilità umana, qualcosa non quadra.
Così, nella diatriba che oppone Hopkins a Mack, con il primo che vede negli “intrusi” degli esseri privi di scrupoli ed il secondo che tende a considerare le abductions delle esperienze che, tutto sommato, favoriscono un’espansione della coscienza, propenderei per le ipotesi di Hopkins. E’ stato coniato il termine “experiencers” per indicare quei rapiti che traggono qualche beneficio dalle loro peripezie. Non so se sia un eufemismo, una forma di autoinganno o se veramente intercorra una differenza sostanziale tra sequestrati ed experiencers.
Se ci sofferma, però, sui messaggi, pur con qualche eccezione, è tutta una sequela di allarmi tra pseudo-ecologismo e catastrofismo: naturalmente la colpa delle sanguinose guerre, dell’inquinamento e della crisi socio-economica è sempre e solo degli uomini, più spesso della gente comune che dei governi! Sono messaggi i cui araldi non paiono molto sinceri.
E’ vero che non bisogna necessariamente distinguere tra azioni malvagie e comportamenti benevoli, scivolando in un ingenuo manicheismo. In natura le varie specie perseguono il proprio scopo, senza preponderanti risvolti etici e ciò può valere pure per i visitatori. Non di meno non si può neppure fingere che bene e male siano la stessa cosa, promovendo un atteggiamento che è indifferenza, ignavia.
Ora, non conosciamo quale sia la vera natura degli Altri, ma sostenere che non esistono o che non esercitano alcun influsso sulla storia umana, significa cadere nelle interpretazioni insoddisfacenti di cui nella premessa. I visitatori si prefiggono degli obiettivi, forse poco chiari, ma sinistri: per conseguirli si avvalgono di collaboratori umani(?) e di molteplici strumenti, sia tecnologici sia metapsichici.
Ci troviamo di fronte ad un’altra biforcazione, oltre alla dialettica che ho riassunto (e semplificato) nel diagramma Hopkins vs Mack. L’ipotesi extraterrestre si oppone a quella parafisica, mal conciliandosi con essa. Eppure, a ben vedere, i due orizzonti non sono così lontani: è possibile che una civiltà, dopo aver toccato il culmine del “progresso” tecnologico, abbandoni la tecnica per procedere lungo la via dei poteri psichici, del dominio della materia e dello spazio-tempo attraverso il pensiero. Ad esempio, nell’India vedica dèi, semidei ed eroi ora impiegano la tecnologia ora ne sono svincolati. Lo stesso termine “loka”, in sanscrito, designa sia il pianeta fisico sia un mondo sovradimensionale: invero, realtà fisica ed iperfisica coesistono e si compenetrano, anche se, quasi sempre noi percepiamo solo la prima, anzi una sua piccola frazione. Un Venusiano non deve per forza provenire dal pianeta materiale che chiamiamo Venere.
Pertanto se nella Bibbia ed in altri libri tradizionali alcuni specialisti scorgono “angeli” in carne ed ossa nonché macchine volanti, mentre altri ricercatori vedono immagini sciamaniche e fenomeni eterici, probabilmente hanno ragione entrambe le categorie di studiosi. Si tratta di stabilire dove il testo descrive un referente concreto e dove, invece, un simbolo, pur nella consapevolezza che tale distinzione può essere sfumata.
Occorre provare a superare la tradizionale separazione tra empirico e meta-empirico. La scienza ortodossa si ostina ad ignorare le cosiddette energie sottili nonché la sfera metafisica: in questo modo si preclude dogmaticamente una visione più ampia ed approfondita. La vera ricerca, però, non può prescindere dall’indagine, sempre critica e prudente, di territori liminali. In molti casi l’osservazione del “fatto concreto” dà l’impulso per un’indagine che, un po’ alla volta, travalica i confini dell’empiria, lasciando intravedere inattesi paesaggi. Chi studia la Biogeoingegneria, dopo averne valutato i risvolti nell’ambito del clima, dell’economia, della geopolitica etc., è indotto da una serie di concatenazioni ad enucleare addentellati che sconfinano dal tangibile. Qui le implicazioni umane lasciano affiorare un substrato non umano,(sub-umano?). Per questo motivo le chemtrails si rivelano non solo come il crimine più efferato di tutta la storia, ma pure come la stretta fenditura oltre la quale si estende un regno dai contorni sfuggenti. La resistenza ad accettare la realtà della Biogeoingegneria, anche per opera di persone intelligenti, dipende in gran parte dalla difficoltà a rinunciare all’antropocentrismo ed all’idea (inganno?) del libero arbitrio: si preferisce flagellare l’umanità ed anche autoflagellarsi piuttosto che pensare ad una mano nascosta. Ancora, le scie tossiche sono una pietra di paragone: se nelle comunicazioni di presunta matrice aliena, soprattutto quelle incentrate sulla necessità di preservare la natura, sono assenti, si deve pensare che i messaggeri non sono affidabili. Purtroppo è quanto accade, come avviene nell’accozzaglia di scempiaggini pseudo-spirituali, riconducibili sovente all’universo della New age.[2]
[1] L’Argentino Orlando Jorge Ferraudi nel 1956 fu condotto da un visitatore a salire sul suo velivolo. L’uomo ebbe non solo l’opportunità di compiere un’escursione nello spazio, ma potè anche esplorare gli abissi oceanici dove notò “un’immensa cupola sottomarina, simile ad un gigantesco igloo”. Vedi “Apocallisi aliene”.
[2] Bisogna qui precisare che un cenno alla Geoingegneria è forse rintracciabile in alcune sibilline relazioni di Whitley Strieber. Vedi “Apocalissi aliene”. L’argomento è poi spesso toccato da Matthew Ward nei suoi colloqui con la madre: a proposito di Matthew, la nostra opinione è che dapprimcipio i contenuti fossero genuini, ma in seguito il giovane (o chi per lui) ha cominciato ad incensare Barack Obama, a disquisire di federazioni galattiche, di prossimi cambiamenti positivi che puntualmente non si sono verificati. Probabilmente è subentrata una manipolazione: d’altronde è noto che le canalizzazioni possono essere un ponte con entità scaltrissime e bugiarde. Vediamo che molti preferiscono pascersi delle informazioni rassicuranti della Federazione galattica che mantenere una coscienza vigile. Non è sufficiente che il messaggio sia in qualche modo suggestivo, se il messaggero ha dei secondi fini.
Articolo correlato: C. Penna, Dialogo tra sordi, 2012

APOCALISSI ALIENE: il libro


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