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Il caso di Martina Levato: se la maternità non è un dogma.

Creato il 21 agosto 2015 da Lorenzo Zuppini @lorenzozuppini
Se è vero che una madre può decidere di porre fine allo sviluppo della vita che le sta crescendo in grembo, da cui si evince che la meternità non è un dogma, non si comprende come mai Martina Levato dovrebbe avere il diritto di crescere la sua neonata pur essendo stata condannata a 14 anni dopo aver sfregiato con l'acido il suo ex.
Maternità è sinonimo di amore, di protezione e di educazione, tutta roba estranea ad una persona che come passatempo perseguitava l'ex fidanzato arrivando a sfregiarlo brutalmente. È chiaro che queste sono soltanto congetture, ma partendo dal presupposto che, oltre al povero ragazzo vittima dell'aggressione, c'è pure un neonato da salvaguardare, non si può far altro che affidarci alle nostre previsioni confidando nella buona sorte.
D'altronde qualsiasi persona che è stata abbandonata dai propri genitori può ribadire che i veri educatori sono coloro che ti crescono finendo per mollare le redini e affidandoti alle tue doti personali, quindi sicuramente non chi ti mette al mondo. Avere un rapporto sessuale, portar avanti una gravidanza e far uscire dal proprio corpo un bambino è semplicemente un processo naturale. Tirarlo su tra mille difficoltà ed affrontando mille peripezie è invece compito arduo e proverbialmente difficile da condurre al successo. Per molti ma non per tutti, come si suol dire.
Quindi la richiesta di poter allattare il proprio neonato che la mamma mostro aveva avanzato è del tutto priva d'ogni logica poiché esprime ancor di più il totale disinteresse che questa donna nutre nei confronti del pargolo: si vuol togliere la voglia di allattarlo, desiderio presente in tutte le madri dopo il parto, e non le interessa invece l'educazione ed il buon esempio che mancherebbero a quel bambino viste le sue brutte abitudini.
Ribalto il concetto che ho espresso inizialmente: per fortuna questa volta il bambino è stato trattato come essere vivente titolare di certi diritti e non più come oggetto di cui la madre può disporre a suo piacimento.
Potrebbe essere un primo passo verso una riflessione più profonda sull'utilizzo sconsiderato che oggi viene fatto dell'aborto.

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