Il caso Feltrinelli visto da Washington

Creato il 12 gennaio 2013 da Casarrubea

ARCHIVIO CASARRUBEA

Giangiacomo Feltrinelli a sx, Fidel Castro a dx

Sommario: il 15 marzo, il corpo di un uomo ucciso accidentalmente da una carica esplosiva (stava cercando di piazzare una bomba alla base di un traliccio dell’alta tensione nei dintorni di Milano), è stato identificato per quello del noto miliardario, editore e paladino della sinistra Giangiacomo Feltrinelli. Il fatto ha provocato una grande impressione. Non meno significativa, tuttavia, è stata la scoperta che l’organizzazione guerrigliera delle Brigate Rosse era stata creata da Feltrinelli e che l’editore aveva in serbo per l’Italia una serie di attacchi terroristici. Se all’inizio l’episodio è sembrato costruito ad arte per favorire l’estrema destra, il fatto si è anche rivelato un’occasione propizia per il governo per dimostrare, tramite indagini accurate, la sua determinazione ad annientare la violenza estremistica. Sebbene la morte di Feltrinelli e il successivo smascheramento delle Brigate Rosse abbiano apparentemente eliminato la prospettiva di uno scoppio di violenza radicale, il brutale assassinio lo scorso 17 maggio di un alto ufficiale della polizia di Milano (da tempo, l’obiettivo mediatico dell’estrema sinistra), ha sollevato i timori di una nuova ondata di terrore che Feltrinelli non ha fatto in tempo a vedere.

Le circostanze da film di James Bond che hanno portato alla morte del misterioso attentatore ha destato impressione nei giornali mattutini del giorno seguente. L’episodio ha avuto luogo poco dopo lo scatenarsi della violenza estremistica a Milano, l’11 marzo (in cui una persona ha perso la vita), ed ha puntato l’attenzione sul tema dell’ordine pubblico, un argomento chiave durante la recente campagna elettorale. Tuttavia, il caso sensazionale si è trasformato in un dramma quando la polizia ha annunciato, il 16 marzo, che il corpo era stato identificato per quello di Giangiacomo Feltrinelli, il ben noto editore e attivista dell’estrema sinistra, latitante dalla fine del 1969. Esponente e finanziatore dei gruppi della sinistra extraparlamentare, Feltrinelli era ricercato dalle autorità italiane per essere interrogato sui passati fatti di terrorismo, compreso l’attentato contro una banca milanese nel dicembre 1969 in cui 16 persone persero la vita. I nascondigli e le attività dell’editore sono sempre state oggetto di speculazione.

La stampa italiana ha seguito l’evento in modo massiccio, così riflettendo il grande interesse pubblico per Feltrinelli e i responsabili della sua morte. La notizia ha provocato le accuse dell’estrema sinistra (“Il manifesto” compreso): Feltrinelli non sarebbe morto in maniera accidentale, ma sarebbe stato “assassinato” da un “complotto dello Stato”, che puntava a eliminare l’editore e a screditare la sinistra. La tempestiva reazione della sinistra ha sollevato i sospetti che questa sapesse che si trattava proprio di Feltrinelli prima che la notizia fosse annunciata ufficialmente. Pur non arrivando a dire che Feltrinelli era stato fatto fuori dalle autorità, il Pci ha parlato di sinistre complicità e, tramite “l’Unità”, si è retoricamente chi avrebbe tratto vantaggio dalle prevedibili reazioni dell’opinione pubblica. Il 18 marzo, in seguito all’annuncio che l’autopsia aveva stabilito che Feltrinelli era morto per dissanguamento (e non per una ferita precedente, come sosteneva l’estrema sinistra), l’attenzione si è spostata sulle circostanze che hanno portato alla bizzarra fine di Feltrinelli.

La pubblica opinione italiana è sempre stata affascinata dall’inusuale stile di vita di Feltrinelli e dalle sue tendenze estremistiche. Nato il 19 marzo 1926, Giangiacomo Feltrinelli divenne miliardario all’età di 9 anni, quando suo padre, un industriale milanese, si suicidò. Dopo la guerra (la sua fortuna era rimasta praticamente intatta), l’acume da uomo d’affari e il suo interesse per la causa della sinistra diedero a Feltrinelli una forte notorietà. Nel 1948 fondò l’istituto Feltrinelli per lo studio del movimento operaio e, nel 1954, la casa editrice di successo che porta il suo nome. Iscrittosi al Pci negli anni Cinquanta, Feltrinelli lasciò il partito dopo essere stato affascinato dalla rivoluzione cubana e da Fidel Castro (di cui si diceva fosse un buon amico). L’editore intraprese un corso più  militante di quello consentito nelle fila del Pci, un partito che cercava ormai di presentarsi in maniera rispettabile per entrare nell’area di governo. Nel 1958, Feltrinelli mise a segno un colpo eccezionale pubblicando il volume Il dottor Zivago di Boris Pasternak, il cui manoscritto era stato acquisito in maniera misteriosa.  Mentre la casa editrice continuava a sfornare nuovi successi commerciali, furono pubblicati anche titoli di letteratura “rivoluzionaria”. Uno di questi volumi, che descriveva nel dettaglio il metodo per costruire una bomba rudimentale, provocò uno scandalo e un’indagine della polizia. Nell’agosto 1967 Feltrinelli fu espulso dalla Bolivia, dove si era recato per aiutare il suo amico Regis Debray all’indomani della morte di Che Guevara. Assieme alla sua quarta moglie, Feltrinelli scomparve alla fine del 1969. Era infatti ricercato dalle autorità italiane che intendevano interrogarlo sull’attentato del 12 dicembre 1969 in una banca di Milano, in cui morirono 16 persone. La penultima occasione in cui il nome di Feltrinelli guadagnò i titoli dei giornali fu nell’aprile 1971, quando la pistola usata per assassinare il console boliviano di Amburgo, Roberto Quintanilla, risultò essere stata acquistata dall’editore.

Sebbene la biografia di Feltrinelli mostri chiaramente la sua progressiva radicalizzazione, gli italiani fanno fatica a credere che un uomo d’affari miliardario e di successo, anche se estremista di sinistra, possa rischiare la vita in tal modo. Tuttavia, lo scetticismo è venuto meno quando un’inchiesta governativa ha svelato le attività estremistiche dell’editore. Seguendo le tracce che partivano dal luogo della sua morte, le autorità hanno scoperto  un’organizzazione di guerriglia, le Brigate Rosse, che l’editore apparentemente finanziava e capeggiava.  La scoperta di una serie di covi delle Brigate Rosse (forniti di armi, esplosivi, falsi documenti, liste di “nemici del popolo” e di persone da sequestrare, “prigioni del popolo” insonorizzate, fabbriche di armi e letteratura sovversiva) hanno portato alla luce alcuni documenti che provavano l’esistenza di un piano per promuovere il terrore urbano e una serie di rapimenti (il modello era quello dei “Tupamaros”), un piano che doveva essere messo in atto in coincidenza con le
elezioni politiche del 7 maggio 1972. I documenti trovati nei covi  (tra questi, il vero passaporto di Feltrinelli), legavano chiaramente l’editore alle Brigate Rosse, ma anche al gruppo “22  ottobre” e ai Gap (Gruppi di azione proletaria), organizzazioni estremistiche sulle quali già gravava il sospetto di promuovere attività terroristiche. Alla data, sono stati eseguiti più di dieci arresti, e se ne prevedono altri. Gli arrestati sono accusati di aver organizzato bande armate con l’obiettivo di sovvertire le istituzioni dello Stato.

I risultati dell’indagine sembrano offrire una ipotesi sui motivi che hanno portato alla morte di Feltrinelli: se era difficile per i suoi compagni e per l’opinione pubblica credere alla sua volontà di rischiare vita e fortune, Feltrinelli (che ovviamente cercava di essere sia un leader rivoluzionario che un finanziatore) può essersi sentito obbligato a dimostrare una volta per tutte il suo assoluto impegno. La sua vergognosa morte può anche aver provato quanto fosse autentico il suo fervore, ma il modo in cui è vissuto (e in cui è morto) ha inviato un chiaro messaggio a chi lo conosceva: la sua perizia tecnica era confusa quanto la sua ideologia.

Scoppiato in piena campagna elettorale, il caso Feltrinelli e le successive indagini hanno sollevato più che mai il tema dell’ordine pubblico. La prima considerazione è stata che il caso Feltrinelli avrebbe aiutato l’estrema destra dell’Msi, che ha fatto una campagna elettorale molto dura per gettare tutta la responsabilità della violenza politica sulla sinistra e accusare il governo di essere incapace di fermarla. Reagendo invece in maniera rapida e decisa, il governo, e quindi la Dc, hanno dimostrato di essere in grado di usare la mano pesante contro i fautori della violenza. Tale politica di durezza e di vigilanza è stata rafforzata, poco dopo la morte di Feltrinelli, dall’arresto di Pino Rauti, dirigente dell’Msi e candidato politico alla Camera dei Deputati. Assieme ad altri due estremisti di destra, Giovanni Ventura e Franco Freda, era sospettato di complicità negli attentati del dicembre 1969, a Milano. Sebbene Rauti sia stato rilasciato pochi giorni prima delle elezioni, il suo arresto (ispirato, come sostiene la destra, dal desiderio del governo di infangare l’Msi, così negando la sua credibilità come vero campione dell’ordine) ha indubbiamente dissuaso numerosi, potenziali sostenitori di tale formazione politica.

Il caso Feltrinelli ha indubbiamente contribuito alla scarsa affermazione dell’estrema sinistra alle elezioni politiche del 7 maggio. La stampa sensazionalista ha focalizzato l’attenzione del pubblico sul ruolo della sinistra extraparlamentare e sul tema dell’ordine pubblico, mentre la stampa moderata e conservatrice ha avuto un ruolo importante in termini elettorali. Le indagini continuano e cresce il numero degli arrestati. Senza alcun dubbio, vi saranno degli sviluppi in questo caso già complesso. Tuttavia, la morte di Feltrinelli e la successiva persecuzione dei suoi seguaci sembrerebbe aver posto la parola fine, per il momento, alle attività delle Brigate Rosse. Solo il tempo dirà se il terrore urbano teorizzato da Feltrinelli e dai suoi complici sia stato stroncato sul nascere. Sfortunatamente, lo scioccante assassinio in pieno giorno di Luigi Calabresi, capo della sezione politica della polizia di Milano, ci fa temere il contrario. Calabresi era l’uomo che l’estrema sinistra incolpava della morte di un anarchico che, nel 1969, a detta della polizia, si era suicidato gettandosi da una finestra della questura. L’anarchico veniva interrogato sulle bombe di Milano, ma anche su Feltrinelli. Se, al momento, i punti oscuri risultano essere molteplici, l’animosità della sinistra extraparlamentare suggerisce un’unica, ovvia risposta.

Con l’eccezione della Sicilia, e l’incidenza del crimine attribuibile alla mafia, Milano è sempre stata un caso abbastanza speciale in termini di violenza politica. Tuttavia, non vi è dubbio che il popolo italiano non ne può più delle carenze dell’ordine pubblico, qualunque sia il motivo che lo provocano. Gli italiani daranno il benvenuto agli sforzi del governo per fermare il crescente clima di violenza a Milano e ovunque. E’ stato un chiaro messaggio inviato alla Dc, affinché il governo monocolore dimostrasse fermezza e concretezza alla vigilia delle elezioni politiche. Su questo tema, il governo ha ricevuto un chiaro avvertimento:  nel caso vi sia uno scoppio di terrorismo urbano, tutto indica che saprà muoversi con decisione.

Class.: uso ufficiale limitato

Data: 22 maggio 1972

Mittente: ambasciatore Graham Martin (Roma)

Destinatario: Dipartimento di Stato (Washington)

Coll.: registro 59, serie 1613 (Politica & Difesa/70-73), busta 2393, fascicolo Politica 13/It.

NB: documento rintracciato e tradotto da Mario J. Cereghino


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