Però a ben vedere la questione allora fu assai diversa, anche se comunque legata all'endemico sessismo stratificato a tutti i livelli, e segnò una interessante discontinuità nella "moralità pubblica e privata" del popolo italiano, che evidenziò in modo inequivocabile come le leggi ancora vigenti, create e in vigore dall'epoca fascista, erano inevitabilmente in rotta di collisione con la Costituzione della Repubblica e si sarebbe dovuto affrontare prima o poi il nodo della loro abolizione o modifica.
Nel 1966, già in possesso di maturità scientifica, ero a 19 anni in lizza per la mia seconda maturità, che doveva interrompere definitivamente il mio percorso di studio scientifico, che non avevo i mezzi finanziari per proseguire ma per il quale mi ero preparata per cinque lunghi e difficili anni. La scelta, praticamente obbligata, era stata dura e comunque impegnativa, anche se fatta in piena consapevolezza, riprogrammando il percorso nel senso della mia "seconda natura", quella artistica, che mi offriva possibilità di lavoro più immediate e anche abbastanza gratificanti sul piano personale e politico oltre che su quello strettamente economico.
Già da tre anni facevo attivismo volontario per la sessualità libera, consapevole, responsabile con l'AIED e apprendistato all'interno di formazioni politiche istituzionali e non, di partito e studentesche; quell'anno in particolare lo vissi come se vivessi diverse vite assieme: una di lavoro ( per una multinazionale che mi lasciava libera di stabilire e organizzare la produzione), una di studio ( tra biblioteche, Accademia di BB AA, lezioni, Università e pittura), una sociale ( coltivavo non so come diverse relazioni amorose fisse e mobili, e amicizie varie), una politica (tra gruppi di partiti e associazionismo vario, formazioni politiche studentesche ecc.). Non mi rimaneva molto tempo per dormire e mangiare, anzi quasi nulla, ma riuscivo a fare tutto ciò e persino a mandare avanti la casa, con mia madre che era sempre più ammalata e mio padre che continuava a lavorare.
La questione sollevata dal caso del giornale studentesco "La Zanzara" per me come per i miei coetanei appariva come una palese ingiustizia, segno inequivocabile di quanto le istituzioni fossero retrograde e repressive e pure piuttosto incolte, incivili, insomma. E presto le discussioni in famiglia sull'argomento divennero destramente evitate, data l'incomunicabilità diffusa e la palese ipocrisia messa in campo da quasi tutti i genitori e parenti vari. Anche le proteste pubbliche degli studenti furono piuttosto contenute, rispetto alla gravità dell'argomento...Poi a novembre di quel 1966 ci ritrovammo casualmente (?) in centinaia di quegli stessi studenti a tirare fuori dal fango dell'Arno straripato chilometri di archivi e documenti della nostra Storia con la esse maiuscolissima. A salvare la nostra storia dall'alluvione, faticando accampati alla meglio tutti assieme appassionatamente, senza troppe distinzioni di sesso.
E diventammo gli "angeli del fango ", avevamo dimostrato senza ombra di dubbio di essere gente adulta e responsabile, contro l'ipocrisia di chi ci voleva eternamente minorenni da controllare.Per me e per gli altri angeli nei mesi seguenti si aggiunse alle mie quattro vite e mezza un po' di vita in più spesa all'Archivio di Stato all'Eur a restaurare coi pochissimi mezzi disponibili i chilometri di carte salvate dal fango dell'Arno che nel frattempo stavano ammuffendo alla grande...
Ecco, questo articolo mi ha riportato alla memoria quell'anno convulso, in cui il "Caso Zanzara" divenne il fulcro di una lotta di libertà, sessuale come di opinione, di coscienza, di parola, proprio mentre nel frattempo si consumava l'orribile vicenda giudiziaria del processo ad Aldo Braibanti, che si concluse proprio, guarda caso, nel 1968 con la sua condanna per un reato che non esiste nella Costituzione.
Certo, l'applicazione della Costituzione ha rappresentato per ormai quasi settant'anni un obbiettivo costantemente messo in forse da leggi precedenti al 1945 ancora in vigore, che la Corte Costituzionale ha continuato a dimenticare di abrogare, di cancellare, tradendo il suo compito, e che i cittadini hanno tentato di abolire con referendum puntualmente traditi dalla partiti al potere, quegli stessi partiti al potere che hanno costantemente cercato di stravolgerla con la scusa di "riformarla" anziché applicarla.
Naturalmente per far funzionare davvero le cose in modo veramente democratico sarebbe stato necessario all'indomani della Costituente avere il coraggio di abrogare tutte le leggi precedenti, sopra tutto quelle varate nel ventennio, ma il Parlamento repubblicano, quello votato per la prima volta nella storia italiana a suffragio universale, quello dei partiti politici che ancora esistono, anche se magari hanno cambiato nome, questo coraggio non lo ebbe. E ancora oggi continuiamo a pagare le conseguenze di questa scelta pavida e scellerata.
Alba Montori
***Il caso “La Zanzara” e l’offesa al “costume morale comune”
by Stefano Rolando
“Il 14 febbraio del 1966 il giornale degli studenti del Liceo Parini di Milano La Zanzara pubblicava un’inchiesta (condotta da Marco De Poli, Marco Sassano e Claudia Beltramo Ceppi) che si intitolava “Un dibattito sulla posizione della donna nella nostra società, cercando di esaminare i problemi del matrimonio, del lavoro femminile e del sesso“. Nell’inchiesta – che oggi verrebbe considerata “innocente”, ma che al momento costituì forte discontinuità in materia di dibattito pubblico giovanile e ancor di più in materia di diritto di parola nell’ambito scolastico – emersero le moderne opinioni di alcune studentesse del liceo sulla loro educazione sessuale e sul proprio ruolo nella società.
L’associazione cattolica … Gioventù Studentesca protestò immediatamente per “l’offesa recata alla sensibilità e al costume morale comune” in quanto non solo uno degli argomenti trattati (l’educazione sessuale) veniva considerato “osceno”, ma anche perché le intervistate erano tutte minorenni. Il quotidiano milanese del pomeriggio Il Corriere Lombardo spalleggiò questa protesta aprendo anche una vertenza mediatica attorno al caso. La polemica si trasferì in denunce e la discussione divenne un caso giudiziario.
Scoppia il caso a Milano e in Italia. Il 16 marzo 1966 i tre redattori vennero accompagnati in Questura e denunciati. Il giudice Pasquale Carcasio invitò i tre studenti, seguendo una legge del 1934, a spogliarsi “per verificare la presenza di tare fisiche e psicologiche“. Reso noto quanto accaduto, scoppiò un putiferio. Il coordinamento della stampa studentesca milanese … promosse una mobilitazione delle testate studentesche della città e quindi degli studenti medi a difesa dell’operato dei loro colleghi. Per la prima volta dal tempo della Resistenza gli studenti delle scuole superiori milanesi proclamarono quattro giorni di sciopero. Dibattiti e manifestazioni avvennero a Milano, in Lombardia e in molte altre città italiane.
Il caso de La zanzara a questo punto rimbalzò sulle cronache nazionali, dividendo prima la città poi l’intero paese. Il Corriere della Sera cercò di barcamenarsi ma diede sostanziale spazio alle voci di chi gridò allo scandalo. Così che L’Espresso (con articoli di Camilla Cederna, Eugenio Scalfari, Carlo Gregoretti e altri) guidò l’altro fronte. Larga parte della Democrazia Cristiana e il Movimento Sociale Italiano costituirono il “partito della colpevolezza“, mentre la sinistra e i cattolici progressisti intervennero in difesa degli studenti. Interrogazioni furono firmate da parlamentari di tutti i gruppi nei due rami del Parlamento.
Al processo parteciparono oltre 400 giornalisti, molti dei quali provenienti dall’estero. Memorabile l’arringa del PM Oscar Lanzi che paragonò i tre studenti a promotori del sesso sfrenato “come girassero per i corridoi della scuola con un materasso legato alla schiena”. Accusati erano i tre studenti, ma anche il preside del Liceo Parini Daniele Mattalia e la titolare della tipografia di Via Boscovich 17, Aurelia Terzaghi, dove si stampava La Zanzara e anche il giornale degli studenti del Carducci Mr. Giosuè. Il collegio di difesa fu assicurato gratuitamente dai maggiori penalisti del tempo: Giacomo Delitala, Alberto Dall’Ora, Alberto Crespi, Giandomenico Pisapia, Carlo Smuraglia, Enrico Sbisà.
La sentenza. Il 2 aprile 1966 la sentenza pronunciata dal presidente Luigi Bianchi D’Espinosa assolse i tre studenti dall’accusa di stampa oscena e corruzione di minorenni. La sola titolare della tipografia ebbe un’ammenda. La Procura ricorse in appello e chiese la legittima suspicione per Milano, così che il processo venne replicato a Genova. Anche il processo di Genova confermò poi l’assoluzione. La Zanzara tornò ad essere pubblicata e tutti i giornali studenteschi milanesi ripresero il loro ruolo ………”.***
estratto da ArcipelagoMilano del 10 febbraio2016
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