(Spotlight)
di Tom McCarthy (Usa, 2015)
con Michael Keaton, Mark Ruffalo, Rachel McAdams, Liev Schreiber, Stanley Tucci, Billy Crudup
durata: 128 minuti
★★★☆☆
Correva l'anno 2001 quando la redazione del piccolo quotidiano statunitense The Boston Globe decise di indagare a fondo su una serie di imbarazzanti casi di pedofilia avvenuti negli ambienti ecclesiastici della città americana. La "storiaccia" era stata già insabbiata tempo prima (con la colpevole complicità delle istituzioni laiche) dal potente arcivescovo Bernard F. Law, che però non aveva messo in conto lo zelo e la voglia di giustizia dei giornalisti del Globe i quali, riunitosi in una task-force costituita appositamente per l'inchiesta (chiamata Spotlight), riuscirono con immensa fatica a scoperchiare il muro di omertà e reticenza eretto dai massimi rappresentanti della Curia, inchiodando decine di preti e alti funzionari e portando alla luce uno degli scandali più clamorosi che abbiano mai coinvolto la Chiesa Cattolica d'oltreoceano.
E' sempre difficile recensire film cosiddetti "di denuncia" come questo, perchè si corre sempre il rischio di enfatizzare e mettere (giustamente) in risalto l'argomento del film rispetto al suo reale valore artistico. Ed è innegabile che Il Caso Spotlight arriva diretto come un treno al cuore e alla pancia dello spettatore: si soffre, ci si arrabbia e ci si indigna infatti davanti a ciò che scoprono i coraggiosi giornalisti della Spotlight, che fanno emergere tutto il fango dell'istituzione ecclesiastica nonostante le inevitabili pressioni e minacce ricevute dai poteri forti. Da questo punto di vista il film di Tom McCarthy è impeccabile per impegno e rigore: mai una volta si presta alla demagogia spicciola, alla spettacolarizzazione del dolore, alla facile esaltazione dei protagonisti. E' un film profondamente umano e "liberal", che può contare sull'onestà morale del suo regista e di un gruppo di attori tutti misurati e prestati alla causa (sui quali spiccano in particolar modo gli ottimi Michael Keaton e Mark Ruffalo).
Tuttavia, un pubblico in minima parte cinefilo e "allenato" alla visione non può non ritrovare ne Il Caso Spotlight una netta sensazione di deja-vu: la mente corre subito all'inevitabile confronto con il titolo capostipite del filone, ovvero il celeberrimo Tutti gli uomini del Presidente di Alan J. Pakula: lo scenario è praticamente la stesso, e anche tutto l'impianto del film ripercorre pedissequamente i canoni del genere, facendolo assomigliare davvero ad una pellicola anni '70, con i "buoni" da una parte e i "cattivi" dall'altra, una sceneggiatura solida ma anche un tantino scontata, una dichiarazione d'intenti lodevole ma anche un po' ingenua nei confronti del tema principale. Finisce così che i buoni propositi vengono in parte vanificati dalla struttura fin troppo "classica" della pellicola, che stempera la tensione filmica e ne abbassa di parecchio il ritmo, risultando a tratti anche noiosetta...
Sarà per questo che all'ultima Mostra di Venezia, dove è stato presentato fuori concorso nei primissimi giorni, Il Caso Spotlight è passato praticamente inosservato e dimenticato in fretta dagli addetti ai lavori. Restano comunque gli innegabili meriti di un film "scomodo" e costruito per smuovere le coscienze, che non si limita a denunciare quanto accaduto ma prova anche a interrogarsi sui motivi e sulle conseguenze di fatti così gravi, rimarcando lo sconcerto, l'amarezza e il disappunto di chi si è ritrovato a scoperchiare il pentolone e a scoprire cose che avremmo preferito tutti non sapere...
Intento, questo, perfettamente riuscito.