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È con questo spirito che ho iniziato Il cavaliere d'inverno di Paullina Simons e devo dire che all'inizio mi sembrava proprio di aver trovato il romanzo perfetto.
*** SPOILER ***
La prima metà del libro è molto molto bella, rievoca vagamente delle atmosfere a metà tra Il dottor Zivago e Guerra e Pace. Proprio a questi due titoli viene affiancato il romanzo. Chiaramente è un paragone assolutamente improbabile; li ho letti entrambi e nessuno è ancora riuscito ad evocare il senso di soffocamento, miseria e violenza di Zivago, così come la capacità di Tolstoj di creare personaggi a tutto tondo, con una personalità verosimile, che sembrano vivere autonomamente. Tuttavia leggendo si ha un lieve senso di déjà-vu che mi ha attratto ulteriormente verso la storia che, in certi passaggi, dà l'impressione di essere autobiografica o comunque ispirata a fatti personalmente conosciuti dall'autrice e non solo frutto di ricerca storica. In effetti è così, visto che i nonni della Simons sono sopravvissuti alla WWII in Unione Sovietica e lei ha vissuto lì fino agli 11 anni, mi pare.
Le premesse per scrivere un gran bel romanzo storico ci sono tutte e all'inizio sembra proprio così. Il romanzo inizia con l'entrata in guerra dell'URSS e l'incontro tra Tatiana e Alexander. Da questo momento in poi le pagine raccontano il graduale declino delle già misere condizioni di vita dei cittadini di Leningrado che fa da contraltare alla crescita del sentimento tra i due innamorati clandestini. È davvero bello. Le rinunce quotidiane, le riduzioni delle razioni, la paura, il sospetto, il dolore, la morte, l'egoismo e la resa psicologica e fisica: tutto questo crea un quadro molto vivo e realistico dei mesi precedenti l'assedio e dà l'idea che qualcosa di ineluttabile e incontrollabile si sta avvicinando. L'assedio vero e proprio, appunto. Il primo inverno durante l'assedio è devastante. È chiaro che l'autrice è brava e tiene molto a quello che sta raccontando. Non è intenzionata a sconvolgere il lettore, ma a coinvolgerlo sinceramente nel dolore dei suoi personaggi e con me, ha fatto assolutamente centro. Non scrive una cronaca degli orrori dell'assedio, ma racconta l'assedio attraverso gli occhi di Tatiana, una ragazza di 17 anni cresciuta dalla sua famiglia come una bambolina incapace e che improvvisamente diventa il sostegno di quella stessa famiglia ingrata. Tatiana soffre, ma non si lamenta, stringe i denti e va avanti; a volte sembra più un ideale che una persona in carne e ossa, ma in quel contesto specifico funziona. L'assedio è ridotto a una questione familiare, alle relazioni tra i familiari e pochi altri estranei. Sappiamo ciò che accade a tutta Leningrado perché sappiamo ciò che accade alla famiglia Metanov nel Quinto Soviet. È vero, la Simons ci parla anche dei mucchi di cadaveri per strada, degli agguati, dei bombardamenti, ma la reale percezione della tragedia in corso è data dal bollettino mortuario della famiglia Metanov.
La storia d'amore tra Tatiana e Alexander è presente, ma resta per forza un po' sullo sfondo. L'autrice è stata molto brava a dosare gli incontri tra i due protagonisti in modo che la presenza di Alexander sia davvero un sollievo per Tatiana, ma anche per il lettore. I loro incontri fugaci e clandestini, le frasi non dette, gli sguardi rubati, il toccarsi in modo apparentemente involontario aggiungono drammaticità alle vicende raccontate (già abbastanza drammatiche!) e manifestano molto bene il tormento interiore che travolge Tatiana e frena Alexander. Man mano che la vita scivola via da Tatiana, scivola via anche il velo che obliava il suo amore per Alexander. L'ultimo incontro tra Tatiana e Alexander e i momenti immediatamente successivi all'evacuazione di Tatiana e Dasha sono davvero heartbreaking! :'(
Purtroppo, però, da questo momento in poi il romanzo diventa un'altra cosa. Diventa un romance. Uguale a tutti gli altri romance.
Quando si creano le condizioni affinché Tatiana e Alexander possano finalmente stare insieme alla luce del sole, il sesso diventa l'unico veicolo narrativo. Che siano felici, tristi, arrabbiati, delusi, rancorosi, spaventati, l'unica soluzione presentata è il sesso. Tatiana come tutte le eroine dei romance diventa una specie di dea insaziabile e Alexander l'accontenta di buon grado.
Manca la misura e l'equilibrio. L'essenza dello stare insieme e dell'amore non è esclusivamente il sesso, mentre qui s'indugia troppo su questo aspetto e per me è stata una delusione.
Questo ha fatto sì che le parti del romanzo in cui i due protagonisti sono separati o impossibilitati a manifestare il loro legame, risultino più interessati e coinvolgenti. E anche più verosimili.
Se non ci fosse stato questa deviazione sulle abitudini di letto di Tatiana e Alexander e il conseguente abuso di scambi di battute un po' stucchevoli, sarebbe stato un gran bel romanzo. Purtroppo non è stato così.
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