Ad ogni passaggio di stagione ricordiamo gli improvvisi sussulti notturni placati solo dalla consapevolezza del calore del proprio corpo.
Così un attento rossore ridipinge nostro malgrado il viso e, sbattendo le palpebre più volte, quegli interminabili precipizi nel vuoto si dileguano come trucchi di scena.
Un colpo di teatro in cui l'attore trasalisce tra i flutti degli applausi di un pubblico pagante.
Se anche la storia procede per sussulti, perchè non dovrebbe valere la stessa cosa per il ciclo delle stagioni?
Chiamiamolo pure "il ciclo dei sogni".
Il gettito della sorgente di primavera, come uno scroscio di applausi, invita alla pratica dell'amore, consegnando la soffice eredità di neve ad un tappeto cosparso di nuvole e fiori.
Precipitare nei sogni in primavera, poco più di un profondo inchino.
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