Il cenone di Capodanno degli Esposito

Da Anginapectoris @anginapectoris

Gli Esposito, nati dalla penna del mio amico Pino Imperatore, risiedono alla Sanità, in uno dei quartieri più popolari, ricchi di storia e di tradizioni di Napoli città dalle mille

Pino Imperatore

contraddizioni e dalle tante difficoltà. In questo rione è nato il principe della risata Totò.
Tonino Esposito è qui che vive, con la sua famiglia allargata, orfano di un boss della camorra. Tonino riceve dal clan un sussidio mensile e potrebbe vivere di rendita. Invece si intestardisce a voler imitare le gesta paterne, senza riuscirvi. Perché è goffo, sfigato, arruffone, incapace di difendersi: un antieroe tragicomico e decadente, che tra incubi e visioni, ingenuità e imbranataggini, ne combina di tutti i colori.
Il divertente romanzo, inizia proprio a tavola, è la sera di Capodanno in casa della Famiglia Esposito, e dove Pino, con grande precisione inserisce quasi tutte le classiche portate tipiche del cenone partenopeo:

La cena di San Silvestro poteva avere inizio. Con la famiglia al gran completo.
Le prime due sedie alla sinistra di Tonino erano occupate dal a quattordicenne Tina e da

Benvenuti in casa Esposito

suo fratello Genny, di quattro anni più piccolo.
Capelli biondi ondulati, occhi vispi, corpo slanciato, un sorriso intrigante: Tina aveva una bellezza semplice ed eterea. Adesso, però, mostrava segni d’impazienza. Con le braccia incrociate sul petto, stava riflettendo sulla necessità che il tempo in certe occasioni dovesse scorrere molto più in fretta del normale.
Ben altre meditazioni solleticavano la capocciona di Genny, sulla quale svettava una cresta alla mohicana indurita dal gel. Fin dalla nascita, il ragazzetto subiva il fascino dei cibi ad alta concentrazione di grassi e carboidrati, che inevitabilmente si trasformavano in rotolini di ciccia.
E in quel momento la sua libido alimentare, stimolata dai profumi provenienti dal a cucina, era vicina al punto di sublimazione.
Alle venti in punto Patrizia batté tre volte la punta d’un coltello su un bicchiere.
“Mo’ comincia la santa messa” pensò suo padre Gaetano, seduto accanto a lei, con i baffetti al a Clark Gable e un papillon rosso al collo.
La tuttofare Olga s’affacciò nel a stanza: «Signora, posso iniziare?».
Senza voltarsi, Patrizia diede l’ordine: «Vai, attacca».
Genny, che per ingannare l’attesa aveva mangiato quattro fette di pane, dilatò le pupille: «Alé!».
Olga portò a tavola tre vassoi traboccanti di mozzareline di bufala, paste cresciute,

Pizzelle di sciurilli

pizzelle di ciurilli, freselle con pomodorini, panzarotti e palle di riso. L’antipasto.
In capo a cinque minuti era finito tutto. I più voraci furono Genny e sua nonna Assunta Russo, moglie di Gaetano.
«Mammà, non esagerare, che ti sale la pressione» disse Patrizia.
Assunta non le rispose nemmeno, impegnata com’era a gustare un panzarotto. Il suo appetito insaziabile ben si conciliava con un fisico tracagnotto. «Sembra un comò bombato»: questo era il più cortese complimento che avesse ricevuto in vita sua.

Il primo piatto, uno spaghetto con le vongole, fu approvato all’unanimità. Perfino Tina roteò la forchetta con eccitazione. Tonino e Patrizia fecero la scarpetta e Gaetano chiese il bis.
La pietanza fu gradita anche dalla signora seduta di fronte ad Assunta, ovvero Manuela

spaghetti a vongole

Innocenti, madre di Tonino. Di origini fiorentine, garbata nel gesto e nella parola, per la circostanza sfoggiava un tailleur blu che rendeva incantevoli i suoi sessantatré anni d’età. Da ragazza aveva ammaliato molti giovanotti, ma solo a uno aveva donato il suo amore: Gennaro Esposito, che era in Toscana per il servizio di leva. Dopo un breve fidanzamento, Gennaro l’aveva sposata e portata con sé a Napoli, nel rione Sanità, dove gli Esposito vivevano da generazioni.
Con i secondi la stanza si saturò di profumi di mare: capitone fritto, baccalà, polipo

Capitone Fritto

all’insalata, spigola al vapore. Sul capitone si scatenò l’immancabile scontro tra favorevoli e contrari. «Che orrore! Come fate a mangiarlo?» disse Tina con una smorfia di disgusto. Genny ignorò il rimprovero della sorella e continuò a sgranocchiare, con la testa nel piatto, la coda del capitone.
«Ecco qua: ogni anno ’a stessa storia» commentò Patrizia.
«Ma è un serpente, mamma!» «Cara nipote, devo correggerti» intervenne Gaetano leccandosi le dita unte. «Il capitone non è un rettile, ma un pesce: è ’a femmina del ’anguilla. È nu poco bruttariello, ma che ce ne importa? Ogni scarrafone è bel o a’ mamma soja.»
«Sarà pure un pesce, ma non mi piace» rispose Tina. «E poi oggi l’ho visto vivo nel a vasca da bagno e m’ha fatto senso.»
«E dove dovevo metterlo, in un acquario?» fece Tonino levandosi dai denti una lisca di baccalà. «L’aggie accattato dal migliore pescivendolo giù alla Pignasecca. Era lungo un metro e mezzo e pesava più di due chili.»
«Scusate, possiamo cambiare argomento?» propose Patrizia. «Tina, pe’ piacere, scordati

Insalata di rinforzo

’o capitone e mangiati l’insalata ’e rinforzo.»
Per meglio dire: quel poco che era rimasto del ’insalata di rinforzo. Difatti, approfittando della distrazione dei parenti, Assunta aveva mangiato una gran quantità di cavolfiori, papaccelle, sottaceti, acciughe, broccoli e olive di Gaeta.
«Azz, noi parliamo e tu arraffi?» disse Gaetano, che aveva sorpreso la moglie con le mani nell’insalatiera.
«Quanno se magna se cumbatte cu ’a morte!» sentenziò Assunta.
***
Alla fine della cena Olga sventagliò sotto le mascelle dei banchettanti una decina di canestri pieni di frutta secca e frutta di stagione: castagne e datteri, prugne e fichi, arachidi e noci, e poi mandorle, pistacchi, pinoli, semi di zucca, meloni, ananas, kiwi.

Frutta secca

***
Il tocco di classe conclusivo spettò a Gaetano, che per tre decenni aveva esercitato alla Sanità la professione di maestro pasticciere, tanto da meritarsi il plauso anche di avventori provenienti da paesi dell’entroterra. Alcuni suoi ex garzoni avevano aperto negozi in vari quartieri di Napoli, e quando lo incontravano gli facevano l’inchino, lo abbracciavano e ricordavano con emozione i vecchi tempi.

Struffoli

Con un sorrisetto da bimbo, Gaetano corse in cucina a prelevare due enormi guantiere avvolte in una carta stagnola rossa e infiocchettate con nastri dorati. Le dispose al centro della tavola e le aprì con mano leggera, come se stesse schiudendo bauli ricolmi di pietre preziose.
Gli occhi dei commensali scintillarono davanti a mustacciuoli e roccocò, struffoli e susamielli, paste reali, paste di mandorla, torroncini, cassatine.
«Un gentile omaggio da parte degli allievi del a premiata ditta Scognamiglio» esclamò Gaetano con orgoglio.
Tutti applaudirono.

Dolci di natale napoletani

Gli adulti accompagnarono la degustazione dei dolci con sorsetti di limoncello. Genny si scolò la terza lattina di Coca-Cola e Tina si sciacquò il palato con acqua naturale.
Assunta, che nel corso del a cena aveva bevuto mezzo litro di Lacryma Christi, piegò il capo e s’addormentò.
***
«Tra poco è mezzanotte!» disse Patrizia con eccitazione. «Olga, appiccia ’a televisione!» Tina la corresse: «Mamma, si dice accendi, non appiccia».
«E va be’, ’o risultato è ’o stesso» rispose Patrizia. Olga accese il cinquantadue pollici che occupava un angolo della stanza e lo sintonizzò su un canale che stava trasmettendo una festa di Capodanno in piazza. Quindi portò a tavola un bottiglione di Moët & Chandon e le coppe di cristallo di Boemia che Patrizia riesumava solo a San Silvestro.
Quando in tv il presentatore concluse il conto al a rovescia, Tonino fece esplodere lo

Moet Chandon

spumante. Il tappo rimbalzò sul soffitto e andò a colpire Assunta su una tempia. «Scusatemi…» abbozzò Tonino mortificato.
Prima che la moglie avesse il tempo di reagire, Gaetano prese la parola: «Un anno delle nostre vite è passato e quello nuovo è appena iniziato. Nel a qualità di più anziano del nucleo familiare qui riunito e sotto questo stesso tetto convivente, auguro a tutti voi e a me medesimo di vivere i prossimi dodici mesi in pace, serenità e salute.Vento dietro e acqua davanti: la fortuna ci sia propizia e ci faccia fare la traversata nel migliore dei modi. Auguri!».

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