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Il cervello da un miliardo di dollari - Almost Bond /3
Creato il 24 luglio 2013 da Thetalkingmule @TheTalkingMuleLa saga di Harry Palmer, l'antieroe agente segreto interpretato da Michael Caine, giunge alla sua terza puntata in tre anni (1965-1967).
Harry Saltzman, ancora socio della EON di Albert Broccoli nella realizzazione del franchise di 007, ritaglia per sè e per parte della crew impiegata nei film di James Bond un business alternativo "di qualità" grazie ad un antieroe per molti versi antitetico rispetto al raffinato Bond, ma altrettanto - se non ancor più - inglese.
Dopo The Ipcress file - dove impariamo a conoscere l'affilato sarcasmo e la passione per gastronomia e belle donne di Palmer - e Funeral in Berlin dove i complessi intrighi della guerra fredda lasciano sopravvivere solo i più cinici, in Il cervello da un miliardo di dollari persino la saga di Palmer vira verso una storia "à la 007". All'inizio del film ritroviamo Harry dopo le dimissioni dal MI5, impegnato a sbarcare il lunario come detective privato. In seguito ad un ingaggio ricevuto da una voce automatica per telefono Palmer si ritrova implicato in un complotto ordito da un miliardario texano con simpatie naziste, che vuole rovesciare il regime sovietico scatenando una insurrezione popolare in Lettonia, con il concreto rischio di dare inizio ad una guerra nucleare. L'imperturbabile Harry riuscirà ovviamente a trarsi d'impaccio salvando - by the way - il mondo.
Oltre a Michael Caine nel ruolo del disincantato Harry Palmer, nel film compaiono il grande Karl Malden nel ruolo dell'avido ex-agente britannico Leo Newbigen e Françoise Dorléac (sorella maggiore di Catherine Deneuve, scomparsa poco dopo le riprese del film in un incidente d'auto) in quello della bella e pericolosissima spia Anya.
Ritroviamo Oskar Homolka nei panni dell'impareggiabile colonnello Stok, un leale avversario di Palmer responsabile del controspionaggio russo. Ed Begley presta la sua faccia da cowboy di altri tempi al generale Midwinter, l'eccentrico petroliere texano che grazie ad un computer costato un miliardo di dollari vuole abbattere il comunismo.
Al contrario dei primi due capitoli, nei quali Palmer aveva a che fare con situazioni tutto sommato realistiche, con Billion dollar brain avviene una cesura piuttosto netta: tecnologia d'avanguardia (un bel product placement per la Honeywell, che prestò laboratori e il "minicomputer" Honeywell 200) , virus letali, obiettivi di dominio del mondo, eccentrici super-ricconi che invece di godersi la vita complottano per rovesciare una superpotenza sono normalmente appannaggio di quell'altro agente segreto. Certo, Palmer è sempre il "cugino sfigato", che patisce il freddo e la fame e viene sempre trattato con sufficienza, ma a ben vedere la sceneggiatura avrebbe anche potuto essere quella di un qualsiasi Thunderball, un po' riadattata. Fra l'orginale e la copia, però, il pubblico tende a preferire il primo.
Il film è sempre godibile, ma la personalità di Palmer viene un po' sacrificata sull'altare dello spettacolo: il risultato è una pellicola qualitativamente non allo stesso livello delle precedenti.
Strano a dirsi, Il cervello da un miliardo di dollari è - credo - l'unica pellicola non autoriale girata da Ken Russell (all'epoca un fresco quarantenne al suo primo lungometraggio), il quale si permette una citazione nientemeno che da Eisenstein (Alexander Nevskij) con la battaglia sul golfo di Riga ghiacciato.
Fra le comparse figura anche Donald Sutherland (io non sono riuscito ad identificarlo), che in quegli anni non aveva ancora sfondato: diventerà una star pochi anni dopo grazie al mitico MASH di Altman.
Il franchise capitanato da Saltzman si conclude con questo film, ma Harry Palmer si conferma un tipo piuttosto duro a morire: tornerà, sia pure solo per la TV, dopo ben 28 anni in Bullet to Beijing (All'inseguimento della morte rossa) e avrà ancora e sempre il volto di Michael Caine. Ne scopriremo qualcosa di più nella prossima puntata!
1966 - Il cervello da un miliardo di dollari (Billion Dollar Brain)
Regia: Ken Russell
Art Director: Bert Davey
Production designer: Syd Cain
Titles Design: Maurice Binder
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