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Il chiaro di luna di Beethoven

Creato il 02 ottobre 2013 da Dino Licci

Uno dei regali più belli che si possa fare a un amico,  credo sia quello di introdurlo all’ascolto della musica classica. Ascoltare Chopin o Mozart o Bach,  non significa solo regalare alla mente momenti di estasi e inebriante poesia, ma anche aprire una finestra sul mondo della fantasia, a volte gioioso, a volte cupo, ma sempre pervaso da quella capacità astrattiva, che ci fa sentire uomini nella nostra essenza più vera e più vicina al concetto di Dio. Io non so niente di spartiti, né di rigide regole matematiche che regolano un pentagramma musicale,  ma capto il messaggio insito in quei brani che contengono, al loro interno, tutto il travaglio di una vita, la malinconica rassegnazione di non saper sciogliere l’enigma, l’estasi contemplativa della natura in tutto il suo sfolgorante splendore o  la struggente atmosfera di una notte di luna, quando ci rintaniamo in noi stessi  e godiamo serenamente  la nostra  rassegnata solitudine. Così Beethoven in quel capolavoro noto in tutto il mondo col nome di “Chiaro di luna”, ci trascina in un  idilliaco paesaggio notturno, quando tutto è silenzio, “quasi una fantasia” e ci accompagna,   con un suono melodioso ed altalenante di  vibrante  emozione,  in un’atmosfera meditativa di amara dolcezza, quasi un consiglio amichevole di accettare serenamente  il nostro umano percorso,  il nostro incerto,  nebuloso destino.

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