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Il chimico dumas ed il 1848 di parigi

Creato il 16 febbraio 2016 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
800px-Jean_Baptiste_André_Dumas.jpgdi Roberto Renzetti. Può essere interessante riesumare una “lettera del 1848” da parte di un illustre e famoso chimico al quale, fra l’altro, si deve un metodo per la determinazione dei pesi molecolari e la scoperta delle reazioni di sostituzione in chimica organica.

   Credo che l’interesse nasca dal fatto che poche volte gli storici della scienza ci hanno fornito una ricostruzione dei fatti che tenesse conto della “storia esterna”. In questo modo si è avallata la comune credenza dello “scienziato al di sopra delle parti”. Per parte mia sono convinto che ciò non sia stato, come non è.

   J.B. Dumas (1800-1884) proviene da una famiglia borghese della provincia francese. I suoi primi studi, a Ginevra, sono di fisiologia. Nel 1822, grazie all’interessamento di A. von Humboldt, si trasferisce a Parigi dove inizia gli studi di chimica. Entra subito nell’ambiente del fior fiore della scienza francese; particolarmente Arago e Ampère s’interesseranno della sua carriera. Nel 1832 prende il posto di Gay-Lussac alla Sorbonne.

   A questo prestigioso incarico se ne accompagnano altri: nel 1835 diviene professore all’Ecole Polytechnique e nel 1839 ottiene la cattedra di chimica all’Ecole de Médecine.

   L’insieme di questi successi lancia Dumas nell’alta società parigina, la corte di Luigi Filippo. Si sposa con la figlia di un noto geologo, Brongniart, direttore della fabbrica di porcellane di Sèvres.

   Ma la Francia era una polveriera. Una ristretta minoranza aveva in mano tutto il potere politico ed economico; dall’altra parte, eserciti di disoccupati e affamati.

   Nel febbraio 1848 una scintilla dava fuoco alla polveriera. L’insurrezione popolare costrinse il governo Guizot a dimettersi, e Luigi Filippo prima all’abdicazione e poi all’esilio. La Camera proclamò la Repubblica, prese immediati provvedimenti per garantire salario e lavoro ai disoccupati e istituì le Fabbriche Nazionali che, fra l’altro, avevano lo scopo di sottrarre i lavoratori ai salari di fame delle fabbriche private.

   Divisioni tra moderati e radicali portarono al sostanziale fallimento dell’esperienza: le elezioni a suffragio universale indette dal governo provvisorio diedero la maggioranza ai moderati, che frenarono ogni ulteriore innovazione. Fu schiacciato un tentativo d’insurrezione di tipo comunista guidato da Blanqui e furono chiuse le Fabbriche Nazionali. Tutto ciò portò ad una grande insurrezione popolare con cortei, manifestazioni e barricate.

   La repressione fu immediata: il generale Cavaignac fece cannoneggiare la folla, con un tragico bilancio, 10 000 morti e 12 000 arrestati. Appena due giorni dopo (28 giugno) s’inaugurò la dittatura militare dello stesso Cavaignac.

   Gli eventi sono a questo punto quando il chimico Dumas scrive una lettera (24 luglio 1848) a Faraday, che precedentemente (3 luglio) gli aveva chiesto notizie.

   Leggiamo questa lettera: ci illumina sulle posizioni politiche di Dumas.

“Mio caro amico,

   gli eventi cosi tristi, ma cosi previsti, che Parigi ha dovuto subire non hanno colpito né me né i miei in modo diretto. La signora Dumas e io siamo rimasti molto toccati dalla vostra dimostrazione di ricordo e di bontà; è una consolazione l’affetto di spiriti elevati come il vostro, nel mezzo di un disordine morale di cui non potete certamente farvi un’idea e che nessuna immaginazione avrebbe certamente potuto immaginare.

   Parigi era divenuta, dopo sei mesi, il punto di ritrovo di tutti gli scellerati della Francia e dell’Europa. Gli uni come capi, gli altri come strumenti, tutti insieme si erano proposti il saccheggio, l’assassinio, l’incendio e ogni tipo di disordine come mezzi per rigenerare la nostra nazione, distruggendo la sua borghesia e consegnando tutti i poteri, tutte le fortune e tutte le famiglie al dispotismo e alla brutalità delle classi operaie.

   Tutto porta il velo qui: le arti, le lettere, le scienze, tutto risente gli effetti del lutto universale. Le fortune, i proletari, le esistenze, tutto è stato messo in questione dagli eventi che si sono succeduti.

   Il signor Arago m’incarica di dirvi quanto il vostro buon ricordo gli è stato gradito al cuore.

   La sua condotta in questi ultimi giorni di pericolo è stata cosi ferma e così coraggiosa, egli si è gettato sulle barricate in mezzo ai proiettili con tanta determinazione che le persone che lo hanno potuto vedere in queste circostanze hanno creduto che cercasse una morte gloriosa, disperando della salute del paese. Bisogna senz ‘altro convenire che tutti eravamo convinti di ciò, e che questo triste pensiero non poteva allontanarsi molto dai nostri cuori quando pensavamo all’immensità delle risorse degli insorti e alla debolezza dei mezzi di resistenza in nostro possesso.

   Che Dio preservi, mio caro amico, il vostro paese e voi da queste lamentabili follie! Mai in pochi mesi si potranno cicatrizzare le ferite aperte e avvelenate dalla stampa, dai club, dalle società segrete, e soprattutto dalle fabbriche nazionali. Dappertutto l’odio verso tutte le autorità, la sete di ogni ricchezza, il disprezzo di tutto ciò che l’uomo deve rispettare: ecco ciò che ha fatto la base degli scritti, dei discorsi, delle associazioni.

   Interrompo la lettera per leggere il biglietto che mi annuncia la morte di un amico, ferito un mese fa. Ogni giorno è così; i funerali si succedono, e siamo lungi dall’aver terminato il conteggio dei morti.

   Addio, mio caro amico. Perdonatemi se vi rispondo cosi tardi, ma la vostra lettera non mi è arrivata come doveva. Ho cambiato casa. È un po’ di tempo che sto alla Sorbonne, inoltre sono molto scoraggiato, molto triste.

I miei rispetti alla Signora Faraday, vi prego.

   Mille cordialità

   Dumas”

[Lettera n. 373 da “Selected Correspondence of Michael Faraday”, a cura di Percy Williams, Cambridge University Press (1971)]

   È strano, ma ho la sensazione di aver sentito questi discorsi in tempi più recenti.

   Comunque queste posizioni valsero a Dumas cariche politiche di primo piano.

   Con l’avvento del Secondo Impero (1852) Dumas fu, successivamente:

membro dell’Assemblea legislativa nazionale, ministro dell’Agricoltura e del Commercio, senatore, presidente del Consiglio comunale di Parigi, ministro dell’Istruzione, direttore della Zecca.

   Purtroppo per lui, la caduta del Secondo Impero (1870) gli fece perdere tutte le cariche.

   La biografia di Dumas di P.J. Farago, “Scienziati e Tecnologi”, della Est-Mondadori, si chiude con queste parole:

“seppe non solo introdurre una maggiore sistematicità in senso quantitativo nella chimica organica, ma anche provare con la sua stessa vita che lo scienziato può introdurre una nuova importante dimensione di pensiero nella vita pubblica e sociale”.

   Insomma, chi leggesse queste ultime parole chissà quale commovente e ispirata immagine si farebbe di Dumas. Al solito, lo scienziato è sempre buono, è al disopra delle parti.


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