Contador, Torri, Mosquera, Di Luca, Enrico Rossi…l’autunno ciclistico 2010 sarà ricordato per un pezzo.
PRIMA LE REAZIONI POTENTI DA FCI, ATLETI, SPONSORS E DIRIGENTI VARI. POI ECCO LE QUERELE, LE INDIGNAZIONI, LE PRESE DI POSIZIONE CON INIZIATIVE VARIE.
MA TRA GLI APPASSIONATI, FULMINI E RELATIVE SAETTE NON SONO STATI EGUALMENTE ROBOANTI. QUESTIONE DI BUONA MEMORIA?
Prima metà d’ottobre. Pedali e, mentre sei lì a girar di gamba, parli con gli amici di fatica. Esprimi le tue idee, i pareri, le critiche, al riguardo delle vicende che in quei giorni trovavi sui quotidiani riguardo a “mitragliatrice“ Torri. Tal dirigente pronto a querelare, tal ciclista pronto a fare lo stesso, tale sponsor già al telefono con l’avvocato di fiducia e tutte cose così.
Che Torri abbia sbagliato a metterla sul piano del “tutti”, siamo d’accordo. Poteva solo provocare un gran casino e poco altro. Comprensibile che al Giro di Lombardia il “movimento” abbia voluto far partire iniziative volte a dire; “Uè ragazzi, non siamo mica tutti così!”. Sacrosanto. Come ottima è l’idea della campagna “Io corro con il cuore” che ha preso una pagina sulle riviste specializzate e nei quotidiani sportivi in particolare. Ma queste iniziative non è che abbiano fatto una grande breccia nell’appassionato della domenica (che è il vero termometro per la salute di una disciplina sportiva, altro che le manfrine della De Stefano).
Quello che farebbe dire all’appassionato; “Adesso ci siamo!” potrebbe essere la notizia che non servono mesi e mesi per sapere se Pellizotti o Contador possono correre oppure essere squalificati. Che quando Di Luca va davanti ai taccuini e per prima cosa tiene a precisare che non ha fatto nomi, la Federazione faccia tanti coriandoli del suo tesserino.
Nelle lettere dei lettori spedite alla Gazzetta i giorni seguenti alle dichiarazioni di Torri sui ciclisti, o nei giorni seguenti alla rogna di Contador, non trova spazio un’indignazione in stile Assocorridori, UCI, Assogruppi, FCI. Magari si torna sul discorso che anche gli altri sport dovrebbero adeguarsi agli standard di controllo ciclistici e relative squalifiche (Mutu, recidivo all’uso di droga si è fatto 9 mesi, la Bastianelli 24 e non certo per droghe), o che Torri non doveva sparare nel mucchio.
Trovano posto considerazioni che parlano di situazioni avvilenti o scoraggianti (Contador), oppure elenchi dettagliati di ciclisti che, contando solamente il podio del Tour dal 1995 ad oggi, hanno avuto problemi più o meno grossi con doping e affini (23 su 48; devastante!). Ci sono lettori che nelle loro righe non danno alcuna speranza all’ambiente, altri che chiedono squalifiche più pesanti (mi ci metto anch’io). La sostanza è che tutte le proteste arrivate dal “movimento” ciclistico dei pro’, non è che abbiano trovato uguale risonanza d’intenti e di pensiero tra gli appassionati.
Troppe figure pedalano ancora riparate dall’ombra dell’omertà.
Ormai se ne sono sentite di tutti i colori; la pomata per i brufoli sul sedere (una volta c’era il Topexan); la bistecca con dentro la tal medicina (figlio mio, che ti sei mangiato? Mezza vacca?), le caramelle della zia andata in sud america (questa è vecchia, ma è troppo bella!). Ci siamo rotti le balle di vedere come, negli anni, ci sia stato un sensibile aumento di ciclisti o cicliste con certificati medici al seguito. Prendiamo per esempio l’asma. È una patologia per cui l’attività sportiva è consigliata, e fin qua va bene. “Hai l’asma? Guarda che fare sport è un aiuto.” Evviva! Ma quando si legge (Wikipedia) che il 30% degli atleti che hanno vinto una medaglia alle Olimpiadi di Atlanta (1996) erano sofferenti d’asma, è certamente curioso. Visto che le controindicazioni per diversi farmaci, atti a contrastare l’asma, sono abbastanza preoccupanti (osteoporosi, diabete mellito, depressione,…), auguriamoci che tutto quel 30% di sportivi-asmatici lo fossero per lo meno in maniera grave, perché altrimenti l’abuso di cortisonici lo pagheranno presto.
Altra situazione che non giova sono stati certi ex professionisti, ora guidatori d’ammiraglia. Marzo 1994; l’allora ciclista-dirigente del GS BresciaLat Bruno Leali, dice su Bicisport (qua non siamo mica i Bibì e Bibò che buttano le cose lì alla carlona); “Con noi nessuno può bluffare, sappiamo benissimo chi in gruppo lavora, chi si comporta bene, chi invece mira a fare il furbo. Sarà difficile al termine di una corsa venire a dirci delle storie, visto che in bici ci siamo anche noi.” Andate a vedervi cosa è capitato alla squadra che Leali dirigeva al Giro-Baby quest’anno. Non serve scomodare Bijarne Riis per trovare altre situazioni che per il ciclismo sono una martellata negli attributi.
Guardate Mariano Piccoli, anche lui DS, che si è ritrovato inguaiato, squadra compresa, in piena estate anche se la notizia è arrivata settimane dopo, mentre poco prima di una corsa alcuni suoi ragazzi si prodigavano nella nuova specialità sportiva del; “Lancio della porcheria fuori dal finestrino, prima che arrivi la Finanza!”. Peccato che i lanci siano stati scarsi nel loro raggio d’azione, andando a concludersi nel fossato poco fuori il veicolo, e quindi di facile raccolta da parte degli esponenti statali in divisa.
Sono altre le rassicurazioni che noi appassionati ci meritiamo; controlli veramente a sorpresa, squalifiche rispettate nella loro lunghezza, magari un peso di queste ultime diverso; “Ne fai uso? Male, ma noi sappiamo che ne fai anche spaccio; che ci dici?) radiazioni dall’ordine dei medici per i camici bianchi coinvolti e quindi un’altro giro di vite per quella che è la severità da applicarsi. Magari abbassiamo il livello di ematocrito, che senza ballare sul 48% si può pedalare lo stesso! Che poi tutti abbiano diritto ad una seconda occasione, quest’ultima arriva dalla possibilità di andarsene a lavorare. Ma qui andrei a ricadere sugli argomenti dell’articolo di un mesetto addietro riguardo a Di Luca, e mi ripeterei un po’ noiosamente.
PS; avete in casa dei vecchi numeri di Bicisport? Andate a cercare il numero di Marzo 1994 e leggete pagina 107. Sembra scritta ieri da quanto è attuale.
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