Magazine Ciclismo
Visite mediche specialistiche, programmazione degli obiettivi stagionali (di cui avevo già scritto un anno addietro o forse due), ma sulla strada come si allenano i pro a inizio stagione? Allora, giusto per dare un’idea…… I professionisti stanno gonfiando le ruote della loro bici. Per chi di bicicletta ci vive il lavoro riparte. Vediamo se mi riesce di scrivere qualcosa, senza annoiare troppo, per quella che è una parte della preparazione fatta sulla strada. Un discorso che prende come base il professionista, ma che sempre più spesso (con lati negativi e positivi) è diventato riferimento anche per l’eroico ciclista della domenica che deve allenarsi per le sue corse con proporzioni di “carico”, che mi auguro siano ben diverse. Tecnologia e allenamenti “alla vecchia” convivono da tempo. E se ci sono sistemi di allenamento uguali sulla carta, ad un tratto questi raggiungono un bivio e variano a seconda del tipo di atleta; uomo da classiche o da grande giro? Che sia l’uno che sia l’altro, oggi ci si fonda spesso sui numeri magici di sistemi elettronici (SRM per citare il più noto) che aiutano il ciclista. Spesso il professionista non ama pedalare sempre sotto controllo costante, ma lo strumento tecnologico serve invece molto al preparatore atletico per capire quali sono le condizioni del “motore” che sta seguendo. Nel periodo invernale – che per un professionista dura il mese di novembre – la palestra può fare la parte del leone e alcuni fanno solo quello, magari con tre sedute a settimana e un po’ di corsa a piedi (non troppa) per tenere come si dice un minimo di fiato. Capita spesso che le prime faticate vengano fatte con il rapporto fisso. Due ore, anche tre se si fa solo quello, per ritrovare quel po’ di agilità dopo che il mesetto di palestra ha fatto perdere indurendo un po’ i muscoli. L’agilità è certo più facile trovarla con i lavori “dietro motore” (anche se sono molto comodi da questo punto di vista, sconsiglio il seguire i TIR sulla Statale) e i professionisti la usano anche dopo un allenamento normale sulla lunga distanza: 150/170 chilometri a vento in faccia, e poi si “attaccano” alla motoretta per un altra oretta (meglio la motoretta perché fa rima, ma potere provare anche con un’Apecar e poi fatemi sapere). Questo per toccare i 200 chilometri senza sfasciarsi troppo le gambe e stancare troppo il fisico già nel periodo invernale. Atleti da gare a tappe cercano le salite lunghe (10 – 12 km.) per curare il famoso “fondo” ma alcuni preferiscono allenarsi ad un ritmo di pedalata più alto, concentrandolo in ascese di 6 – 8 chilometri, con qualche allungo ogni tanto per coltivare un po’ di esplosività. Certamente va considerato che se si abita al nord è meglio evitare salite che portano ai mille e passa metri nel periodo ancora invernale. Questo è il periodo dei raduni collettivi dove, visite mediche e consegna vestiario a parte, i vantaggi sono più di tipo psicologico che di preparazione. Si cerca di costruire il famoso spirito di squadra e di capire che tipo di gamba si ha. Per fare la gamba si deve lavorare e anche in questo caso vi sono delle differenze. Se la stagione sta iniziando si lavora sodo per due giorni ed il terzo è il giorno di “scarico”. Quando più avanti la forma sarà più in palla (e il fondo sarà irrobustito) si lavorerà per tre giorni e il quarto si tirerà il fiato. Che non vuol dire passare la giornata all’osteria (se volete provare provate, poi fatemi sapere come va), ma alcuni pedalano ugualmente per poche ore, due o tre, rapporto leggero senza esagerare per la felicità dell’amatore che quel giorno potrà pedalare col campione senza (speriamo) rischiare l’infarto. Oggi vengono svolti dei test, delle prove su strada che si chiamano di “valutazione funzionale”. In linea di massima il professionista ne fa uno al mese, già dal primo mese di lavoro per capire come sta veramente. Difficile che capiti nei primi due mesi di allenamenti, la prova del “lungo” non viene fatta solo per la preparazione alla stagione. Alcuni professionisti la fanno prima di una gara dal chilometraggio impegnativo, quindi può capitare a marzo come a settembre. È un allenamento massacrante che ti svuota in maniera pesante. La durata va dalle 6 alle 7 ore, ma non a ritmi blandi. All’interno vi sono salite che vengono affrontate anche a ritmi medio-alti con magari un finale “dietro moto” per allungare ulteriormente e sciogliere un po’ la gamba. Tutte queste cose sono dipendenti da tanti fattori: la forma fisica del momento, il tipo di atleta di cui si parla (Sanremo, Mondiale, Lombardia o grandi giri?), per quando l’atleta vorrà/dovrà essere al top della forma, il clima in cui ci si allena (Groenlandia o costa ligure?), percorsi scelti (Polesine o Selva di Val Gardena?) e se durante l’inverno l’atleta è stato professionista anche giù di sella. Non so se riuscirete a diventare grandi emuli di uno Sgarbozza o di un Cassani. Sperando che non diventate mai come il primo, per il secondo la prima cosa è rifornirsi di dosi industriali di scurente per capelli. Buon lavoro sulla vostra bici, ma ricordate di farlo cercando di divertirvi dannazione!