Incipit
Lunedì 3 maggio 1943,Merefa, Oblast di Kharkov, Ucraina nord orientaleDoveva ascoltare. doveva andr fuori e ascoltare.A volo d'uccello, Merefa distava dal fiume meno di venticinque chilometri. Seguendo le sterrate - non c'erano altre strade - e volendo evitare villaggi e cittadine, il percorso si dipanava ora a zigzag ora in linea retta, ora tutto curve intorno a fossi e dirupi che segnavano il terreno a sud-est.Nei dirupi gli uccelli si annidavano nele rovine arse di fattorie devastate, giù in basso. Ne veniva un canto dal profondo, come se creature dell'aldilà si unissero in un coro sottoterra, o se le sirene ripetessero una melodia di richiami pericolosi..[..]Ma anche una singolare pace mentale in quei chilometri, con la morte che aveva il suono di un'allodola o di un fruscio nei cespugli, pura e incontaminata come lui stesso era puro e incontaminato di questi tempi, dopo che Stalingrado l'aveva temprato, liberandolo da ogni scoria. P così pensava, così sperava. Faceva caldo. Il cielo somigliava già a un soffitto di stagno bianco, come nelle vecchie case . sotto di esso i vivi si muovevano, e i morti giacevano. I morti del boschetto chiamato Krasny Yar erano arrivati a cinque. Contadini russi, Bora ne sapeva poco. Gli vennero in mente perché lesse il nome di Krasny Yar in cirillico sulla mappa, sovrascritto in caratteri occidentali.Il cielo di stagno è un romanzo sulla guerra, non un romanzo di guerra: ambientato in Russia, tra la disfatta di Stalingrado e prima della battaglia sul saliente di Kursk (estate 1943), ha come protagonista il maggiore dell'Abwher Martin Bora. Cronologicamente è il quarto libro della scrittrice italiana ma naturalizzata americana, con protagonista l'epico ufficiale-filosofo-investigatore Martin Bora figlio naturale di un musicista tedesco, ma allevato da un generale della vecchia scuola (prima dell'arrivo di Hitler) il patrigno Generaloberst Sickingen. Dopo le avventure in Spagna (e l'indagine sulla morte del poeta Garcia Lorca), le indagini durante la conferenza tedesco-nipponico-italiana a Berlino nel 1939 e la caccia al "Il signore della cento ossa" , la guerra di invasione della Polonia nel ottobre '39, questo capitolo della saga è ambientato a Kharkov, nel maggio 1943 in Ucraina : ufficialmente il maggiore Bora, reduce dalla battaglia di Stalingrado (dove è riuscito a sganciarsi dall'accerchiamento della Sesta Armata) deve ricostituire un suo reggimento di cavalleria; in realtà ha un incarico ben preciso da parte dell’Abwehr, il servizio segreto dell'esercito tedesco.
Due generali sovietici sono caduti in mano tedesca in circostanze apparentemente diverse e sono così sotto la custodia dei servizi tedeschi nel tentativo di ricavare loro quante più informazioni sulle strategie dei russi.
Il primo è il generale Platonov, caduto col suo aereo in zona tedesca, da giorni sottoposto a interrogatori da parte di Bora e altri ufficiali senza alcun successo: Platonov d'altronde, era caduto anni fa in disgrazia nei confronti del partito, e per questo aveva subito ben altri interrogatori nelle mani della Stavka, pur salvandosi dalle purghe staliniane.
Il secondo pezzo grosso è il generale di brigata Tibyetsky-Khan, un nobile proveniente dalla rivoluzione del 22, che diserta le linee nemiche a bordo del nuovissimo carro russo T35-85 (cui lo stato maggiore germanico non vede l'ora di mettere le mani sopra). A poca distanza l'uno dall'altro, i due generali muoiono in circostanze poco chiare. Platonov, aveva iniziato a dire qualcosa, cercando forse di corrompere Bora, ma una mattina viene trovato morto.
Khan, che era stato prelevato dalle SS (che non si fidano affatto dei colleghi spioni dell'esercito) con un colpo di mano a Bora, muore per un avvelenamento che ha anche questo dell'inspiegabile.
Sospettoso contro tutti, per il timore di subire attentati, si era portato dietro delle scorte personali per mangiare: come ha fatto l'assassino ad avvelenare le sue razioni?
Bora, per ordine del suo capo, deve fare luce sull'enigma per poi “ripulire” tutto: l'investigatore Bora inizia a porsi così tutte le domande del caso
Ben di rado eventi e persone capitano nello stesso luogo per caso.Forse Khan aveva un motivo per defezionare dove lo ha fatto, per insistere sulla detenzione a Kharkov, per sorridere quando ha saputo della morte di Platonov, e per non avere alcun intenzione di morire (Mantau ha ragione su questo). Platonov, dal canto suo, forse non era solo mosso da ragioni militari per sorvolare questa regione con mappe dettagliate,e per tentare di comprarmi. [..]Un'indagine complicata: non solo perché si è in guerra (anche se in un momento di stallo), ma Bora deve affrontare la diffidenza della Gestapo e dei suoi uomini, del chirurgo che ha esaminato i cadaveri e che non sa dargli (o non vuole?) risposte certe.
Il ruolo del bosco che ritenevo marginale, emerge come potenzialmente centrale. Oscuro ma centrale. Occhio della bufera, centro del labirinto. Mi prenderei a calci per non aver lasciato parlare Platonov della sua offerta.pagina 244 [..]c'erano solo motivi militari perché Platonov sorvolasse l'area dove è precipitato, ed è solo per caso che Khan ha passato il Donez a una ventina di chilometri da Krasny Yar? Cosa c'è - o c'era - in quel bosco che attirava i due ufficiali anno dopo anno? Le morti laggiù sono in relazione? Peccato che non si sappia con certezza quando è stata l'ultima visita dei due compari! Non costruirò ipotesi su deboli premesse, ma sono curioso.pagina 248
Ma Bora è alle prese con un altro enigma: il bosco di Krasny Yar, il bosco pieno di enigmi citato nelle prime righe del romanzo, dove i suoi uomini raccontano di strani furti e che viene visto con terrore dalla popolazione locale. Qualcuno o qualcosa popola questo posto, uccidendo chi vi entra. Ma un nemico più temibile della superstizione è quello che mette una bomba sotto la auto: attentato cui Bora sfugge per un soffio.
Nel suo stile di racconto, Ben Pastor, non tralascia di descrivere la natura, a contorno della storia. Il cielo livido, color stagno, che è un tema ricorrente della storia. Le mosche che ricoprono cadaveri lasciati in vista nel misterioso bosco di Krasny Yar.
La violenza, cieca e ottusa delle SS che non risparmia nessuno, nemmeno i civili, dove qualsiasi pretesto diventa buono per impiccare, fucilare, deportare.
Ma Ben Pastor è stata brava anche nel raccontare l'uomo sotto la divisa: uomo che ha subito una educazione a base di studi filosofici e che deve conciliare (con sempre maggiore difficoltà) il suo giuramento come soldato al rispetto dei suoi valori umani.
Valori che sono stato messi a dura prova dalla battaglia di Stalingrado, quando coi suoi occhi ha visto commilitoni impazzire (rimando al bel libro di Alfio Caruso “Noi moriamo a Stalingrado”) e che l'ha segnato anche nel fisico, per i suoi attacchi di febbre serali.
"Non è solo quello che abbiamo fatto o ci è stato fatto, ma quello che abbiamo visto fare ad altri, quello da cui non abbiamo potuto distogliere lo sguardo"pagina 303Riuscirà mai, il maggiore Bora ritornare ad essere l'uomo Bora, una volta finita la guerra (le parole della strega Remedios, conosciuta in Spagna nel 1936, ancora gli tornano in mente), tra le braccia dell'amata Dikta?
"Quello che abbiamo passato a Stalingrado lo scorso inverno è al di là di ogni immaginazione. Non potevo scriverne, non posso ancora scriverne. Non potevo comunicarlo ad altri, eppure non potevo tenermelo dentro. Siamo tutti morti a noi stessi: in quel senso nessuno di noi tornerà mai indietro. Bruno non deve preoccuparsi. Andranno a casa solo degli stranieri, ignoti a quelli stessi che partirono".Pagina 464Nonostante tutto, l'intrigo viene svelato alla fine, grazie al lavoro febbrile del maggiore: i due generali morti, uccisi dalla stessa mano, i misteri del bosco che riportano ad un mistero più grande originato dalla guerra civile in Ucraina tra bianchi e rossi, negli anni 20. Il cielo di stagno è un libro che si riesce a leggere con gli occhi della mente, cinematografico per la sua capacità di mostrare i colori e le sagome del paesaggio dell'Ucraina durante la guerra. Le città bombardate, la campagna pianeggiante. Gli occhi di Bora diventano gli occhi del lettore e alla fine è quasi come se il dolore dell'ufficiale tedesco (dilaniato tra l'essere un soldato e l'essere un uomo), per osmosi, si trasferisse in chi legge.
Bora che è riuscito a salvare la pelle nel mattatoio di Stalingrado, che è riuscito a sopravvivere ad attentati, ai sospetti delle SS sul suo conto, che riesce al fine a risolvere il giallo, riuscirà a mantenere la sua lucidità in tutto questo inferno?
“Si, gli venne da congratularsi, sono impeccabilmente lucido. Svitò il tappo della borraccia, ma prima di bere, Bora l'alzò con un gesto moderato verso il cielo di stagno, mentre scendeva la sera”.
La scheda del libro sul sito di Sellerio. Qui potete leggere le prime pagine. Il link per ordinare il libro su ibs