Per la gente comune che vive di un misero stipendio, frutto di tante ore lavorative, sacrifici e vessazione di vario genere, a volte certi discorsi, che il più delle volte sono contorti e incomprensibili, danno fastidio e accendono la rabbia e spengono quella flebile speranza di un rinnovamento, conseguente a un miglioramento della vita.
Ma questi discorsi di cui tanto si parla che mettono al centro di ogni discorso un’economia moribonda e una finanza assente forse sono fini a se stessi. Da profani i quali siamo le soluzioni ci sembrano dietro l’angolo oppure solo da mettere in atto. In giro, per le strade, nei bar insomma nei luoghi di ritrovo regna il malcontento e ognuno cerca di dire la sua opinione e la propria soluzione.
Si parla tanto di risanamento dei conti pubblici, riduzione del debito e varie misure che gravano solo sulle fasce di cittadini più deboli. A questo punto viene da chiedersi sarà meglio una morte subito o un’agonia lenta e lunga?
Un’agonia lenta è quella che stiamo vivendo dove la classe regina si salvaguarda i propri interessi e ruba i pochi averi a chi dovrebbe essere il motore dell’economia, mentre per morte subito intendiamo come è accaduto in Islanda dove hanno valutato i pro e i contro e hanno deciso di dichiarare fallimento, ricominciare da zero forse è meglio di ripartire da meno infinito.
L’economia non è quella dei palazzi del malaffare, e cioè quelli istituzionali, ma è la nostra dove gli operai messi in grado di vivere una vita dignitosa facciano dei progetti e non si affinino sul risparmio a tutti i costi e non per sete di accumulo ma di necessità.
Ma fino ad adesso noi stiamo bene se no, Argentina insegna, scoppierebbe la rivoluzione e parecchi papponi che lasciamo comandarci si ritroverebbero con il cappio al collo.