Dopo un'attesa di alcuni mesi, dopo l'anteprima al festival di Venezia finalmente abbiamo la possibilità di vedere Il Cigno Nero di Darren Aronofsky (The Wrestler, Requiem for a dream).A fronte di una trama quasi inesistente, la pellicola è piuttosto complessa e inquietante.La storia racconta del corpo di ballo di un teatro che allestisce una versione del Lago dei cigni di Tchaikovsky (o comunque si scriva). La regia prevede che una sola ballerina interpreti Odette, il cigno bianco e Odile, il cigno nero. Thomas Leroy, il direttore della compagnia (un Vincent Cassel molto convincente), per attirare l'attenzione del pubblico decide di rimpiazzare la prima ballerina (Winona Ryder, poco più di un cameo), giunta ormai al termine della carriera, e di lanciare una nuova star. La scelta cade, nonostante diversi dubbi, su Nina (una Natalie Portman premiata con l'Oscar per questo ruolo), giovane ballerina ossessionata dalla perfezione tecnica e vessata da una madre soffocante (Barbara Hershey, una lunga e interessante carriera, oscar come non protagonista per Ritratto di signora di Jane Campion).La fragile Nina è in grado di interpretare senza problemi il ruolo del cigno bianco, ma manca della sensualità seducente e malvagia che si addice al cigno nero. Thomas la spinge quindi a ricercare il lato oscuro ed erotico di sè.Il già precario equilibrio emotivo di Nina viene inoltre messo alla prova dall'arrivo di Lily (Mila Kunis, una carriera finora prevalentemente in TV), ballerina seducente e sensuale. Nina inizia un difficile percorso alla scoperta del cigno nero che è in lei arrivando, ahilei, a confondere realtà e immaginazione. Giungerà alla sera della prima ormai profondamente sconvolta: nella vita come nella rappresentazione, il trionfo del cigno nero comporta la sconfitta del cigno bianco.
La fragilità fisica di Natalie Portman, ulteriormente dimagrita per rendere al meglio il ruolo, è perfetta nella resa della psicologia del personaggio. Le scenografie non sono particolarmente degne di nota (quasi tutto il film si svolge nelle sale prova del teatro) ma la casa dove la madre tiene Nina quasi reclusa è magistrale: tappezzerie rosa con i cuoricini, pupazzi di peluche e carillon con la ballerina che gira sulla musica sono fotografati con una luce livida, inquietante.I costumi non si segnalano per originalità, belli però gli abiti di scena (molto bella la scena in cui la protagonista si trasforma nel cigno nero). Unico capo degno di nota, il cappottino in perfetto stile Hepburn di Nina.
Un dramma psicologico, dunque, che a tratti sconfina nell'horror, anche piuttosto sanguinolento: le ossa scricchiolano, le dita si piegano in modo innaturale, la pelle si strappa e spacca. Non è solo l'anima di Nina che soffre, il corpo ne costituisce uno specchio perfetto.
Aronofsky ritorna sul tema del corpo, già esplorato in The Wrestler, ma anche nel meno famoso Requiem for a dream. Se in quest'ultimo il corpo era martoriato dalla dipendenza dalle droghe, e in The Wrestler dall'uso, per così dire, meramente strumentale che il protagonista ne faceva, ci pare che qui il discorso sia ancor più tristemente moderno. Se il wrestler si lanciava (a rischio di morirne) nella luce dei riflettori pur di non rinnegare se stesso, Nina invece, è ossessionata dalla perfezione, o meglio da un'idea di perfezione che si è formata in lei, forse anche a seguito delle aspettative di una madre frustrata nelle proprie aspirazioni. A nulla vale che lo stesso Thomas le ricordi che per il pubblico (il "resto del mondo") la perfezione non è nulla senza l'emozione. Nina insegue il proprio ideale scollegandosi sempre più dal mondo reale, infliggendosi ferite fino alle estreme conseguenze. Una parabola dell'anoressia? Forse inconsapevole, ma ci pare una lettura che vale la pena proporre.
Nei personaggi, a parte Thomas, non si ravvisa alcuna forma di passione per ciò che fanno, nè di piacere nel farlo. Per Nina danzare sembra addirittura un dovere, una via per il successo e l'emancipazione.Anche in questo il discorso ci pare tristemente attuale.Un film così non lascia lo spettatore indifferente, o se ne esce entusiasti o si va via prima della fine. Noi (l'abbiamo visto tutto) confessiamo di non avere la presunzione di avere capito: ne siamo usciti inquietati ma con numerosi temi su cui riflettere. Non è poco: cos'altro si può chiedere a un film drammatico?