Benedetto Vecchi sul
Manifesto del 20 marzo (
Vademecum per la società del digitale, pp. 23-24) dialogava con
Don Tapscott sulla contrapposizione tra i sostenitori della “positività” della Rete per la NetGeneration e i suoi avversari: Internet continua a plasmare
a sua immagine e somiglianza la stessa economia e le sue regole; del resto i consumatori non sono più “oggetti passivi” e partecipano, al pari di chi lavora all’interno dell’impresa, al processo innovativo. Secondo Tapscott, sulla base di alcuni sondaggi riguardanti la preferenza mediatica degli americani, sarebbe evidente una progressiva sostituzione della Tv con la Rete, ovvero – possiamo aggiungere – un passaggio
da una dinamica mediatica verticale a una dinamica orizzontale. La NetGeneration predilige la “collaborazione” alla “cieca obbedienza”: in fondo i veri leader e i grandi direttori d’azienda non sono coloro che ordinano ma coloro che sono capaci di convincere.
Decine di librerie indipendenti, a
Parigi, hanno chiuso negli ultimi anni: oggi se ne possono contare 125. In tempo di crisi,
il Comune interviene rilevando attività commerciali e affittandole per attività di tipo culturale (ne ha parlato Giampiero Martinotti su
la Repubblica del 12 marzo 2011, p. 21). Secondo Antonella Agnoli (
Librerie incatenate, il Manifesto, 2 marzo 2011, pp. 32-34), negli
Stati Uniti (anche alla luce della crisi delle librerie Borders), se tra il 2000 e il 2007 chiudevano circa 1000 delle 11mila librerie indipendenti, oggi si starebbe verificando
una nuova rinascita degli stessi indipendenti all’interno di un settore coinvolto da trasformazioni epocali. Così ci sono reportage che descrivono luoghi e capitali dove il mercato librario è sinonimo di piena espansione e di crescita. Walter Pozzi (
La capitale dei librai, p. 6-7) racconta, su
Avvenire del 20 marzo, della città con la massima densità di librerie al mondo,
Buenos Aires: un punto vendita ogni settemila abitanti, che complessivamente sono quasi quattordici milioni.
Buenos Aires ha ricevuto dall’Unesco il titolo di
“capitale del libro” per il 2011.
Andrea Secchi su
Italia Oggi del 19 marzo (
Libri espresso, come un caffè, p.13) ritorna sulla scommessa della
“Espresso book machine”, business creato dalla società newyorkese On Demand Books: gli editori convenzionati inseriscono il proprio catalogo e su richiesta (da casa o direttamente nel punto vendita) il consumatore acquista il libro stampato
nell’immediato, e in un’edizione in tutto simile a quella industriale. Il costo della book machine, attualmente, andrebbe dai 105mila ai 150mila dollari. “Se finora si è pensato agli ebook come ai nemici dei libri fisici, ci si dovrà in parte ricredere”. Si parla di un catalogo di 2,8 milioni di titoli coperti dal diritto d’autore, sommati al catalogo di
Google books che avrebbe messo a disposizione il proprio repertorio già di dominio pubblico. Si tratta di una realtà marginale e ancora lontana dal contesto italiano di settore, ma comunque di
un’ipotesi evolutiva che permetterebbe di garantire la sopravvivenza di una piccola libreria con tutte le sue caratteristiche di selezione e promozione, e di risolvere il problema della reperibilità dei volumi dei piccoli editori, del loro isolamento, contestualmente alla più agevole diffusione di testi datati o fuori commercio.