Il cinema in costume. I bikini che hanno fatto la storia

Creato il 06 agosto 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Quello di Baywatch ha fatto leggenda. Il costume di Wonder Woman è stato un faro nella nebbia. In certi casi, non si è trattato solo di bikini, spesso l’estetica dei costumi può essere considerata anche in altri parametri, come l’impatto che il costume ha sulla società e la sua funzione filmica. Sono portatori di cambiamenti di costumi sociali. Gli anni Trenta, gli anni della rivoluzione, con il “Costume Sirenetta” che lasciava scoperte gambe e braccia, era uno dei primi costumi interi. Poi compaiono i primi antenati del bikini, un pantaloncino con sopra un corpetto, tenuti insieme solo da triangoli di tessuto. In “La donna dai due volti” Greta Garbo indossa un due pezzi in maglia nera che resta nella storia: aveva una mutandina alta ed un reggiseno molto simile a quelli intimi, che fu considerato molto audace, reso ancora più sexy dal colore, il nero.

Nel ’46, dopo gli esperimenti nucleari nell’atollo Bikini, lo stilista francese Rèard presenta la sua collezione di costumi da bagno tra cui il “Bikini”, un due pezzi molto succinto che lasciava scoperto l’ombelico, chiamato così per il sicuro clamore che avrebbe provocato. A generare il più esplosivo cambio di costume è, nel 1946, la nascita del bikini, indossato, per la prima volta in Italia, da Lucia Bosè, nel ’47, al concorso di Miss Italia a Stresa. Nel cinema di quegli anni però, il bikini più osè indossato da un’italiana fu quello di Marisa Allasio in “Poveri ma belli”. Strepitosa. Nel ‘56 Anita Ekberg sfoggiò ad Ostia un tanga e finì in caserma dai carabinieri. Dalla metà degli anni Sessanta in poi le donne non contente vogliono ancora più pelle nuda. Il monokini diventa parola d’ordine e anche questa volta saranno le attrici le prime a sfoggiarlo: da Laura Antonelli a Ursula Andress in un vero e proprio topless.

Così, al di là del fisico perfetto di alcune attrici che potrebbero indossare qualsiasi capo ed essere comunque elette muse in termini di stile, ho riavvolto il nastro e provato a rievocare le immagini non convenzionali che, nella storia del cinema, evocano ancora oggi una qualche memoria.

Ammiccante.
Lolita. (Stanley Kubrick, 1962). Eccola, distesa in giardino a leggere. Ha una posa da ninfa tizianesca, gli occhi da gatta. Il costume, in pizzo, e quel cappello bordato di piume sono un connubio di sensualità che adulano il professor Humbert e che ancora oggi confermano che la provocazione è irresistibile se camuffata da frivola ingenuità.

Indelebile.
Ursula Andress in “Agente 007 – Licenza di uccidere” (1962). Bella come una venere, Ursula Andress esce dall’acqua per entrare nell’olimpo della settima arte con un bikini bianco da togliere il fiato. Il suo è sicuramente il bikini più famoso del cinema, talmente iconico che è stato venduto all’asta nel 2001, per 35.000 sterline. Oltre ad essere stato uno dei punti cardine della rivoluzione sessuale del 1960.

Aggressivo.
Demi Moore in “Charlie’s Angels: Più che mai” (2003). E’ stato il film che ha rilanciato la carriera di Demi Moore dopo un periodo molto buio. La ripresa è stata, però, stupefacente, almeno stando alla scena in cui esce dal mare con un costume che esalta le sue forme toniche e levigate, da far invidia alla ben più giovane collega di set Cameron Diaz.

Bellissima.
Brigitte Bardot in «The Girl in Bikini» di Willy Rozier (1952). L’abbiamo scelta perchè è una delle donne più sexy di sempre. Elegante e sensuale, il bikini accentua la sua bellezza senza tempo. Non potevamo non citarla.

Sexy.
Jessica Simpson in “Hazzard” (2005). Il carwash è una delle fantasie erotiche più diffuse. Nei panni di Daisy Duke, nel suo bikini rosa da urlo, la statuaria Jessica Simpson ce ne propone uno da brivido. Tra l’altro, l’unica cosa per cui ricordarsi di questo film.

Da sballo.
«Spring Breakers» di Harmony Korine (2013). E’ fluo, contemporaneo e giovane. Selena Gomez, Vanessa Hudgens, Ashley Benson, Rachel Korine e i loro bikini sono diventati il marchio di fabbrica di questo film, in un ritratto ipnotico, sorprendente e trasgressivo dell’adolescenza. Tra flip flops ai piedi e smalti dalle mille fogge.

Eterea.
Ludivine Sagnier nel film «Swimming Pool» di François Ozon (2003). Ci piace perché è eterea e delicata, ma col suo costume a righe bianche e nere, misteriosa e sexy. Nel film passerà anche al livello successivo, ovvero un topless memorabile. (Ma questa è un’altra storia.)

Di Valeria Ventrella per Oggialcinema.net




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