Continua lo straordinario tour in America Latina di Born in the U.S.E. – Nato negli Stati Uniti d’Europa, il film scritto e diretto dall’anarchico regista internazionale Michele Diomà, apprezzato di recente dalla critica in Messico ed ovunque abbia portato il suo film.
La prossima Tappa sarà la prestigiosa Cineteca di La Paz in Bolivia. L’evento è tra i più attesi dell’anno, dato che nel film compare anche per l’ultima volta in video il Maestro Francesco Rosi, molto amato in Sud America, in particolare per i suoi capolavori Salvatore Giuliano e Le mani sulla città.
Per l’eccezionale evento abbiamo avuto modo di rivolgere due domande al regista Michele Diomà, che ha risposto in esclusiva per TAXI DRIVER.
D: Michele a cosa attribuisci il buon apprezzamento del tuo film all’estero?
R: Io sono un it…alieno. I miei lavori sono sempre stati apprezzati prima all’estero e poi se non se ne poteva proprio fare a meno anche in Italia. Forse semplicemente perché l’Italia in tutti i settori, essendo un paese clientelare e fondato su un sistema di corruzione, non ama chi dice certe verità. Naturalmente io vado avanti alla conquista ieri della Francia come del Messico o del Venezuela, oggi della Bolivia, domani del Cile ecc. E poi dopo il giro del pianeta tornerò al punto di partenza: l’Italia.
D: Perché in particolare in America Latina il tuo lavoro viene seguito con maggior interesse?
R: Perché io mi sento sud americano così come il grande Pietro Mennea si sentiva afro-americano. Credo che l’America Latina sul piano cinematografico oggi rappresenti quello che è stata l’Italia dal secondo dopo guerra ai primi anni 70′. Erano anni in cui si rischiava, lottava, si perdeva e si vinceva nella sfida di realizzare film che offrissero un nuovo punto di vista sul cinema stesso. Oggi credo dovremmo tutti recuperare quello spirito.
A seguire lo speciale che il TG2 ha dedicato al film di Michele Diomà
Paola Livek