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Il cinema italiano punta sull'attualità

Creato il 22 novembre 2013 da Gaetano63

di Gaetano Vallini

Il cinema italiano punta sull'attualità

"I corpi estranei" con Filippo Timi

Al festival internazionale del film di Roma diverse pellicole sui problemi, spesso irrisolti, del Paese

Malaffare, carceri, immigrazione, razzismo, salute, mezzogiorno: il cinema italiano, almeno buona parte di quello che si è visto al Festival internazionale del film di Roma, punta sull’attualità, ovvero su alcuni dei problemi, spesso irrisolti, del Paese. Un realismo che non sempre emerge con efficacia — come in Tir, una sorta di ibrido, tra film e documentario,  di Alberto Fasulo, tanto sorprendente quanto poco convincente  vincitore del concorso — ma che dipinge un quadro abbastanza credibile, fatto di chiaroscuri, di situazioni di degrado umano e sociale. una realtà dove tuttavia trovano spazio, sia pure con difficoltà, storie di riscatto, così come personaggi positivi. A partire da Ernesto, il protagonista del film inaugurale di Giovanni Veronesi  L’ultima ruota del carro,  eroe semplice della normalità, con la sua onestà e fedeltà a principi morali oggi sempre meno in voga.   

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"Come il vento", con Valeria Golino

Fedele e onesto come Armida Miserere, una delle prime donne chiamate a dirigere un carcere,  protagonista di Come il vento, anche questo fuori concorso, la cui storia è raccontata dal regista Marco Simon Puccioni. Il film ripercorre infatti la travagliata vicenda di una donna (interpretata da Valeria Golino) che dedica la vita a servire lo Stato, guidata dal suo senso di giustizia, ma anche da un dolore interiore che la porterà a compiere un gesto estremo. Lei — con l’etichetta della dura, impegnata nella quotidiana lotta per mantenere viva la sua umanità e la sua stessa femminilità — diventa di colpo fragile dopo la morte dell’uomo che ama, un educatore carcerario, ucciso dalla ’ndrangheta probabilmente per aver rifiutato di lasciarsi comprare. Non un’eroina, ma una donna che voleva vivere una vita normale, nonostante tutto.    Normale, con le sue paure, i suoi pregiudizi, il suo dolore, è anche il protagonista de I corpi estranei, film in concorso diretto da Mirko Locatelli, chiamato a confrontarsi non solo con la terribile malattia del figlio più piccolo, ma anche con la diversità incarnata da uno straniero. Antonio (Filippo Timi), umbro, arriva a Milano con il suo bambino in cerca di una speranza. Nell’ospedale, dove trascorre diversi giorni, incontra Jaber, un adolescente tunisino da poco in Italia che vive con un gruppo di connazionali e assiste un amico gravemente malato. Le corsie diventano il luogo d’incontro di due «corpi estranei» che non riescono a entrare in contatto. Antonio fa muro ai timidi tentativi del ragazzo. Non riesce proprio  ad aprirsi con quell’immigrato che avverte come una minaccia. Per quanto il regista volesse puntare anche sui temi del dolore innocente e della sofferenza di un padre, il film finisce per concentrarsi sul racconto di questo mancato avvicinamento tra due diversità. Uno spunto interessante, che tuttavia resta sospeso, risucchiato da inutili raccordi che diluiscono il racconto senza aggiungere nulla.   Di diversità parla, sia pure con un taglio differente, Se chiudo gli occhi non sono più qui, presentato nella sezione Alice nella città, diretto da Vittorio Moroni, un regista che conosce bene il tema, essendo stato cosceneggiatore di Terrafermadi Crialese e di Razzabastarda di Gassman. Girato con un taglio quasi documentaristico, il film racconta la storia di un adolescente, Kiko, figlio di una filippina e di un italiano, ma orfano di padre. Il ragazzo, che frequenta il liceo scientifico, è costretto a lavorare dal nuovo compagno della madre, Ennio (Beppe Fiorello), un “caporale”, dai modi bruschi e  a tratti violento, che recluta stranieri da mandare nei cantieri edili. Il rapporto tra i due è difficile, conflittuale. L’incontro con un enigmatico anziano aiuterà Kiko — che non ha ancora superato il dolore per la morte del padre —  a compiere un gesto coraggioso, capace di restituirgli dignità e futuro. Immigrazione, sfruttamento, ma anche il ruolo della scuola e dell’educazione, nonché l’importanza di buoni maestri laddove vengano a mancare i padri: c’è tanto su cui riflettere.    Il mezzogiorno d’Italia, con la sua arretratezza, le sue chiusure, le zavorre di una criminalità che agisce con  l’intimidazione, è al centro del film di Fabio Mollo Il Sud è niente, sempre in Alice nella città e già passato al festival di Toronto, che racconta una realtà opprimente attraverso lo sguardo triste e disincantato di una diciottenne. Grazia, che vive a Reggio Calabria con il padre e la nonna,  rincorre il fantasma del fratello maggiore Pietro, scomparso quando lei aveva dodici anni. Il padre le ha detto che è morto, ucciso, ma la ragazza comincia credere che non sia la verità e che dietro la scomparsa ci sia una storia diversa.  Un film sulla rabbia e la speranza di una generazione.  

Il cinema italiano punta sull'attualità

"Il venditore di medicine", con Claudio Santamaria

Fuori concorso Antonio Morabito ne Il venditore di medicine affronta invece il tema del “comparaggio”, una pratica illegale che diverse case farmaceutiche attuano  per convincere i medici a prescrivere i propri farmaci. Il protagonista è Bruno (Claudio Santamaria), informatore farmaceutico, ultimo anello di questa catena di corruzione: il suo lavoro è avvicinare i medici e convincerli con varie regalie. Alcuni cedono, altri no. La crisi economica ha colpito anche questo settore e Bruno, per mantenere il posto, deve impegnarsi al massimo. E il gioco diventa sempre più sporco al punto che l’uomo, ormai senza più freni morali, mette in pericolo la sua stessa famiglia. Un film di denuncia che ha il merito di richiamare l’attenzione su un business immorale e pericoloso fatto sulla pelle delle persone.   Infine, ci porta fuori dall’Italia Border, opera prima di Alessio Cremonini. Il film affronta il tema della crisi siriana e il dramma dei profughi raccontando il viaggio pieno di pericoli di due giovani sorelle in fuga verso la Turchia. Una vicenda vera, per riflettere su una tragica pagina di storia che si sta scrivendo non lontano, e che in Italia arriva non solo attraverso le immagini dei telegiornali ma anche sulle carrette del mare, con uomini, donne e bambini in fuga dalla guerra, in cerca di aiuto e di futuro.
 In tutto questo c’è posto anche per il divertimento con Song’ e  Napule.  I Manetti Bros. firmano infatti una simpatica commedia sulla camorra, dimostrando che si può far ridere senza rinunciare a far riflettere. E che qualche volta i buoni vincono.


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