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Il cinema torna al BIANCO E NERO, ecco i nuovi film

Creato il 29 ottobre 2013 da Luigilocatelli

'Frances Ha' di Noah Baumbach

‘Frances Ha’ di Noah Baumbach

Da giovedì saranno due i film in bianco e nero in programmazione nei nostri cinema. Lo spagnolo Blancanieves di Pablo Berger si affiancherà difatti al tedesco Oh Boy – Un caffè a Berlino, in sala già dallo scorso weekend. Tutte e due belli assai, e caldamente consigliati da questo blog. Sono solo i più recenti di una piccola renaissance del cinema del non-colore che negli ultimi tempi ha investito i festival e, qualche volta, anche la normale programmazione. Rinascita cominciata naturalmente con The Artist di Michael Hazanavicius, lanciato da Cannes 2011 e poi arrivato a vincere un bel po’ di Oscar (di quelli pesanti) e a espugnare il box office di mezzo mondo. A dimostrazione che il bianco e nero non solo non allontana il pubblico, ma anzi, se bene utilizzato, può trasformarsi in un plus. Resta comunque una scelta sempre abbastanza risqué e dal profilo autoriale, per film da circuito art/specialty, come lo chiamano gli americani, non certo per aspiranti blockbuster. I titoli in black & white migliori, o più significativi, degli ultimi mesi.

Blancanieves di Pablo Berger.

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Rilettura dell’eterna fiaba di Biancaneve e della Regina cattiva, ambientata nella Spagna di inizio Novecento, tra toreador, nobiluomini, nobildonne malvage e creature circensi. Assolutamente muto, come The Artist di Hazanavicius, però meglio, con accensioni mélo irresistibili. Candidato all’Oscar 2013 per il migliore film straniero. Nei nostri cinema da giovedì 31 ottobre. Da vedere.

Oh Boy – Un caffè a Berlino di Jan Ole Gerster.

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Esordio col botto di un giovane (ma non giovanissimo) regista berlinese, che nella sua città ambienta la storia di Niko, ragazzo nullafacente tra mille piccole cose e mille incontri con e senza importanza. Bello davvero. Berlino fotografata in b/n è una meraviglia. Da fare la valigia e andarci subito.

Frances Ha di Noah Baumbach.

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Visto al Berlino Festival 2013 nella sezione Panorama, ma non ancora arrivato in Italia (e speriamo arrivi presto). Una piccola meraviglia firmata Noah Baumbach, già sceneggiatore per Wes Anderson e regista in proprio con Il calamaro e la balena, che qui racconta di una ragazza un po’ goffa in una New York post-alleniana. Come una nuova Annie Hall, Frances è soffocata dalle proprie nevrosi e indecisa a tutto nel lavoro e negli affari personali. L’attrice, formidabile, è Greta Gerwig, regina di quel cinema ultra-indie chiamato mumblecore (personaggi quotidiani, ambienti qualunque, parole smozzicate al limite dell’afasia), oltre che compagna e musa di Baumbach.

La Jalousie di Philippe Garrel.

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Visto a Venezia 2013, dov’era in concorso, e dove ha fatto la sua bella figura. Come tutti i film di Garrel, si porta dietro um robusto sapore di classica Nouvelle Vague, e il bianco e nero ci sta a meraviglia. Vi si narra di un trentenne che lascia la moglie per andarsene con un’attrice, ma saranno lo stesso dolori. Un film su amore, tradimento, gelosia che potrebbe diventare un buon successo di pubblico. Con Louis Garrel e una bellissima, bravissima, Anna Mouglalis.

Nebraska di Alexander Payne.

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Se ci ricorre anche un regista-sceneggiatore come Payne (Paradiso amaro, Sideways), allora vuol proprio dire che il bianco e nero è definitivamente sdoganato. Questo Nebraska è stato presentato in concorso, con ottimo esito. a Cannes 2013 sfiorando la Palma d’oro (i rumors della vigilia lo davano tra i favoriti). Poi, niente Palma e invece il premio di migliore attore al suo protagonista Bruce Dern, icona di ritorno del cinema anni Settanta. Un vecchio padre e un figlio in viaggio sulle strade di un’America laterale e periferica. Con successiva riunione allargata di famiglia dove ne verranno fuori di ogni. Alexander Payne come al solito dirige magnificamente i suoi attori e si conferma un maestro della commedia bittersweet.

L’arbitro di Paolo Zucca.

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Ha inaugurato le veneziane Gornate degli autori, uscendo in contemporanea nelle sale con discreti risultati al box office. Diventato un piccolo caso grazie al passaparola. Cinema grottesco alla Ciprì-Maresco, però in una Sardegna in cortocircuito tra arcaismi e ipermodernità. Satira anche pesantuccia di tradizione antiche e sempre presenti e possenti, e di quella follia che è romai diventato il calcio. Gran sapienza figurativa, fotografia strepitosamente autoriale in un b/n che rifà quello della commedia italiana anni Sessanta dei Risi, Monicelli, Germi (soprattutto Germi).


Tabu
di Miguel Gomes.

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Devo dire che quando l’ho visto alla Berlinale 2012 (dove alla fine s’è portato via l’Orso d’argento per la sceneggiatura), son rimasto disorientato. Tabu è un oggetto filmico fascinoso e sfuggente, un cerebrale e insieme popolare melodramma coloniale siglato dal portoghese Miguel Gomes. Diventato presto un film di culto, acclamato in più festival in giro per il mondo (quello di Torino compreso), votato da molti guru della critica critici quale migliore film del 2012 insieme a Holy Motors di Carax. Di sicuro, uno dei titoli più influenti e importanti degli ultimi tempi.

Die Andere Heimat – Cronick einer Sehnsucht (L’altra Heimat – Cronaca di una visione) di Edgar Reitz.

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L’autore tedesco della mitologica saga Heimat che fece impazzire i cinefili primi Ottanta, torna a raccontare di un’altra piccola patria, di un altro villaggio nella Germania più profonda, ma stavolta nell’Ottocento. 252 minuti di cronache sociali, carestie, rivolte, repressioni, emigrazioni nelle Americhe, melodrammi pubblici e soprattutto familiar-privati. Sfiorando in alcuni momenti il feuilleton, per quanto di alta gamma. Partecipazione specialissima di Werner Herzog. Presentato, e acclamato, a Venezia 2013, dov’era giustamente fuori concorso.

Death March (La marcia della morte) di Adolfo Alix Jr.

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Film filippino presentato a Cannes 2013 a Un certain regard. Ricostruzione, tutta in studio e secondo un’espressività assolutamente teatrale, della marcia mortale cui gli occupanti giapponesi costrinsero durante la seconda guerra mondiale a Bataan migliaia di soldati filippini e americani. Un massacro. Con qualche affinità con il documentario The Act of Killing di Joshua Oppenheimer.

Nos héros sont morts ce soir (I nostri eroi sono morti stasera) di David Perrault.

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Presentato a Cannes 2013 alla Semaine de la critique e appena uscito nei cinema francesi. Nei primi anni Sesanta due amici diventano sfidanti, con le loro maschere paurose, sul ring degli incontri di catch. Fotografia di massima raffinatezza tendente al seppiato che cerca di restituire i climi di quel tempo.


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