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Parentesi: laureato in Industrial Design i miei maestri erano quelli classici: Jean Prouvè , Robert Mallet-Stevens, per affinità culturale e un po' di sano nazionalismo Victor Horta, tutti quelli della scuola moderna e un allora giovane Philippe Starck,..ecc. L'orrore per noi era rappresentato dal mobile in stile, dall'ornamento "inutile". Il mio slogan un po' retrogrado,reazionario e ingenuo era: "La forma segue la funzione". Con il tempo e per necessità professionale mi sono riaffacciato al mondo del classico, ma questa volta con tutt'altro spirito. Mi sono reso conto che è estremamente difficile proporre innovazioni in questo mercato, ma che è altrettanto difficile progettare in modo coerente, "semplicemente" (si fa per dire) traendo ispirazione dalla storia del Design e dell'architettura. Bisogna avere grande cultura, avere un profonda conoscenza degli stili.. ecc.
Colonne ridicole con fiaccole dorate di plastica. Schermo o vetrata con occhio egizio, poltrona barocca plasticosa... Mentre montavano questo stand non riuscivo a capire fino a che punto potessero arrivare. Una chiesa? Un tempio? Boh!
Questo l'avevo scelto come "il peggio del peggio", ma vi assicuro che ho visto altro che riusciva a superarlo.
Questo é il massimo, i calici stile Santo Graal, nelle nicchie retroilluminate. Ma chi puo vivere in un simile ambiente. Un amante di Conan il Barbaro e di Merlino?
Ma torniamo al nostro viaggio nei Padiglioni Classici. Prima osservazione. A parte gli espositori (titolari delle aziende), nessuno parla Italiano. Tutti Russi, Ucraini, Polacchi, Cinesi, Georgiani, Turchi.. qualche Francese o Tedesco. Tutti gli stand hanno il loro interprete russo, che spesso è decisamente appariscente (ed è per parlare per eufemismi). Seconda cosa: pochissimi giovani a parte le compagne (amanti?) del magnate della situazione. Terza, l'aspetto esteriore dei visitatori che rispecchiavano in pieno il tenore del mobilio esposto: di cattivo gusto.
Arriviamo dunque alle proposte d'arredo esposte. Comincio con i primi stand ma dopo poco tempo mi manca l'aria. Guardo, chiedo informazioni, analizzo finiture, cerco di comprendere... faccio il mio lavoro, insomma. Cerco di resistere, di perseverare. Mi devo sedere. Riposare. Non per stanchezza fisica, ma perchè mi sento soffocare dalle pareti di velluto polverosi, dall'oro finto, dalla combinazioni di colori e materiali infelici, dall'opulenza appariscente, dall' incessante ripetersi di stili mescolati senza nessun senso. Pacchiano e pesante fino all' inverosimile. Innovazione, ironia, leggerezza, coerenza, raffinatezza: zero assoluto! Sembra di entrare ovunque in un film di gangster di serie b o in un cartone di Barbie.
La maggior parte degli espositori presenta oggetti creati su misura per compiacere un gusto assurdo. Lo si nota nello sguardo e nei discorsi furbeschi degli espositori: il classico tipo di venditore di macchine usate americano ( con tanto di anello d'oro e catena al collo).
Il risultato è un miscuglio "pittoresco" di stranezze che paiono provenire da un videogioco di fine anni novanta. Un pastrocchio storico-buffonesco alla Xena la Principessa Guerriera.
E tutto ciò è pensato per il semplice fatto di compiacere una domanda di arredo che non conosce, o fa finta di ignorare quello che di "bello" propone il design europeo, preferendo modelli ostentati che fanno eco alla mancanza di cultura estetica degli acquirenti. Una parvenza trasfigurata di quello che è l'arredamento "classico" all'italiana.
Da dove arriva questo stereotipo? Dai mass media, che in questi anni hanno veicolato degli stereotipi falsati di gusto che comprendono uniformemente il kitch da bancarella e l'Italia in Miniatura.
Continua....
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