Magazine Cultura

“Il coccodrillo che non amava l’acqua” di Gemma Merino, Valentina Edizioni

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

coccodrillocopPer i bambini sono cruciali le questioni legate alla ricerca dell’identità, alla soluzione dei dubbi relativi ai concetti di appartenenza, al riconoscimento di sé in mezzo ad un gruppo, alla definizione dei propri limiti e alla consapevolezza delle  proprie capacità.
Aspetti fondamentali che si declinano nella percezione del sé come essere di valore, capace, strutturato, e non come difettoso e mancante, nell’accettazione delle proprie differenze dagli altri, intese come peculiarità e non come carenze, nella scoperta e nella valorizzazione dei propri talenti, nella condivisione di essi all’interno di un piccola comunità, imparando che ogni singolo è necessario all’insieme.
Sono tutti passaggi psicologici importanti, che strutturano personalità e autostima e rendono il piccolo in grado di staccarsi piano piano dalla protezione del gruppo-famiglia per avventurarsi nel mondo e affrontare le relazioni.

Ma, come è noto, per apprendere è necessario sperimentare e la sperimentazione passa anche attraverso la sconfitta che, nel caso di questioni psicologiche ed emotive di tale fattezza, è rappresentata dal dolore e dalla paura di perdere l’amore, cioè la vicinanza e la considerazione delle persone care.
Timore quindi di essere sbagliati e in virtù di questo difetto non avere diritto all’affetto, di poter essere esclusi, di non riuscire in ciò che tutti sembrano in grado di fare.

coccodrillo4
Di libri sul tema – come “Il coccodrillo che non amava l’acqua” di Gemma Merino edito da Valentina Edizioni – ne sono stati prodotti tanti, più o meno efficaci. Ovviamente essi non risolvono la problematica, non sono terapeutici nel senso che noi adulti siano soliti dare a questo termini. D’altra parte la questione è talmente delicata e complessa che sovente permane oltre l’infanzia e i suoi strascichi si perpetuano per una vita intera.
Questi testi però possono aiutare, soprattutto se letti assieme ad un adulto di riferimento, puntando l’analisi su due fronti, egualmente sostanziali.
Da un lato offrono al bambino uno spunto aperto, non tanto di riflessione – ché non è tanto la parte razionale in ballo – quanto di suggestione emotiva. Attraverso la rassicurazione e l’accoglienza di un lieto fine il bambino elabora che un via d’uscita da un’insicurezza può esistere, mediante l’immedesimazione apprende che esiste un cammino, da compiere simbolicamente insieme al protagonista, e che questo può portare a scoperte rinfrancanti.
E’ spinto a vedere, e immaginare, un oltre che lo porti al di là della percezione delle sue difficoltà verso un soluzione e un’idea felice. E’ invitato a ribaltare il suo reale a favore di un visione diversa.

Dall’altro lato c’è il potere terapeutico indiscusso della lettura condivisa, che è sempre momento di vicinanza affettiva e quindi di riconoscimento. Là dove la paura ultima è sempre quella della perdita dell’affetto, il creare spazi di cura non materiale equivale ad un ribadire che si è lì per il bambino, per amore suo, e quindi per il suo valore.

Per entrare più specificatamente nell’argomento dell’albo, posso dire che questo è animato da una storia molto diretta, chiara, impressiva.
E’ uno di quei libri che non fa nascondimento del suo fine pedagogico ma, allo stesso tempo, riesce a disvelarlo senza macchiarsi di pedanterie, ma mantenendo uno stile fresco, lieve e un’esposizione spassosa.
E, fatto mai secondario, offrendo un simpatico finale a sorpresa che, pur non essendo dei più originali, riesce a celarsi e a non essere anticipato dalla narrazione.

Con l’incipit tipico delle fiabe – che quindi apre alla dimensione fantastica – si racconta di un piccolo coccodrillo che non amava affatto l’acqua.
Mentre i suoi fratellini e sorelline si divertivano in vasche da bagno, stagni e piscine con tanto di trampolino, lui sostava ai bordi in solitudine, non riuscendo proprio a vincere il rifiuto per quella materia così fredda e bagnata.

coccodrillo1
Triste, così verrebbe da definire il verde animaletto. Smarrito, deluso da se stesso, appagato solo dalle arrampicate sugli alberi ma, per seguire una passione così poco in voga tra i suoi simili, destinato a restare fuori da gruppo, invero poco curante nei suoi confronti.

Quando la stretta dell’esclusione si fa sentire troppo feroce bisogna tentarle tutte. E così il coccodrillino investe i suoi pochi spiccioli (a proposito lo sapevate che anche le zanne dei coccodrilli quando cadono vengono ricompensate dalla fatina dei denti?) in una gonfia e sicura ciambella che però, al primo utilizzo, risulta subito ingombrante, scomoda e poco funzionale.

coccodrillo3
Uffa! Nessun trucco sembra aiutare. E quindi non resta che lanciarsi dal trampolino, prendendo tutto il coraggio nascosto in fondo al cuore…Uno…Due…Tre…E quando pare che anche l’ultima speranza sia – è proprio il caso di dire! – naufragata…Sopresa!
Il climax del racconto svelerà che se l’avversione del cucciolo per il nuoto era tanta, bhe, i motivi erano più che validi!
Rinfrancato e finalmente collocato al suo posto, certo del suo talento e del suo valore, il piccolo ex-coccodrillo potrà dimostrare tutta la sua utilità al gruppo dei fratellini e – finalmente! – sentirsi incluso e riconosciuto.

Una storia che nella sua semplicità muove facilmente le emozioni. I piccoli, condotti da parole essenziali e immagini grandi ed espressive, sono portati ad accorarsi e sollevarsi, a dispiacersi e rallegrarsi.
Il tutto lievemente, sempre col sorriso celato dietro righe e colori.

Profondamente favorita è l’immedesimazione: i personaggi hanno sembianze di bestiole ma si muovono in un mondo umano, dove i letti sono letti e le piscine piscine, dove ci sono le babbucce e le ciambelle, dove le dinamiche accennate nei disegni sono quelle delle comunità dell’infanzia, e tutto racconta al bambino che è del suo mondo che si sta parlando.

Molto interessante, e da sottolineare ai fini di un’analisi psicologica del testo, il fatto che la scoperta e l’accettazione della propria identità, pur sancendo irrevocabilmente la diversità dagli altri, sia per il protagonista presupposto di accettazione e integrazione e non di allontanamento.
Questo è un concetto importante che da un lato rassicura, dall’altro conferisce valore alla differenza che è intesa come risorsa. Talenti diversi permettono ad un gruppo di essere più ricco, voci diverse fanno sì che un coro sia più vario e interessante, non è sull’uniformità che si basano le relazione e gli affetti.

Dal punto di vista della narrazione iconica, invece, sono da notare i gustosi risguardi di copertina nei quali, fattivamente, inizia e finisce la storia.
E’ nel primo infatti che si trova l’indizio per la risoluzione del mistero che affligge il coccodrillo ed è nell’ultimo che, in maniera deliziosa, si suggerisce un seguito per un racconto speculare che velocemente si andrà formando nella mente del lettore.
E’ importante quindi, nella fruizione di un albo illustrato, non fermarsi là dove canonicamente inizia – o ci pare inizi – una storia, ma osservare il libro nella sua interezza, per non perdere nessun particolare e nessun piano di lettura dell’opera.

(età consigliata: dai tre anni)

Se il libro ti piace, compralo qui: Il coccodrillo che non amava l’acqua


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :