il collezionista di ossa
Nella metro non fa freddo, eppure la lettrice del giorno è avvolta in un cappotto che la copre fino al mento. Sulla cinquantina, capelli castani-wannabe-biondi, complici pesanti colpi di sole che fanno capolino fra le ciocche, è seduta e legge. Ha in mano il tormento dei bookwatchers, il nemico dei fanatici della carta stampata, il salvifico ottimizzatore di spazi per il pendolare medio: l’e-reader. Che la signora sia una tech-addicted appare subito improbabile. L’amore per il controverso strumento del demonio è per lei in realtà orientato a logiche molto più terrene, tutte riassumibili nella funzione ingrandisci carattere. La talpoide lettrice legge con un carattere distinguibile a un metro di distanza, al punto che ogni pagina consta di una decina di righe e qualsiasi passeggero a portata d’occhio può leggere le vicende del protagonista tetraplegico. Lettura sociale. Altro che booksharing.
Ma la signora è alla fine del libro, e in pochi minuti, pagina dopo pagina, di dieci righe in dieci righe, il testo finisce. Dopo l’ultima pagina, l’immagine parla chiaro: in mano alla signora c’era lui, Il collezionista di ossa.
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