A occidente di Arkham le colline s’innalzano all’improvviso, tra valli e boschi profondi che non hanno mai conosciuto la scure: vi sono macchie strette e buie dove gli alberi si inerpicano in maniera fantastica e ruscelli che non hanno mai visto la luce del sole. Sui pendii più dolci sorgono antiche fattorie di pietra e tozzi cottage coperti di musco che meditano da secoli sui segreti del New England, al riparo di grandi costoni di roccia: si tratta, per la maggior parte, di costruzioni ormai disabitate, con grandi comignoli in rovina e i fianchi d’embrice pericolosamente gonfi sotto i tetti bassi a doppio spiovente.
La gente che ci abitava è andata via, e ai forestieri quei posti non piac-ciono: ci hanno provato i franco-canadesi, gli italiani e i polacchi, ma come sono venuti così se ne sono andati. Il motivo non è qualcosa che si veda, si senta o che si possa toccare, ma anzi, qualcosa che si immagina soltanto, È una regione che non fa bene all’immaginazione, e di notte non procura sonni tranquilli. (Il colore venuto dallo spazio – HPL Lovecraft)
Lessi questo racconto per la prima volta quando avevo 13 o 14 anni. Era inserito in una delle tante antologie dedicate al Solitario di Providence.
Mi affascinò e mi spaventò come poche altre volte mi era capitato in passato.
Rileggendo ora lo trovo ancora ottimo, con buona pace dei somari che si fingono esperti di critica letteraria e che affermano che Lovecraft scriveva in modo “noioso, pacchiano e ridondante”. Perché, si sa, è bello sparare contro i bersagli grossi.
The Colour out of space funziona così bene che in molti lo hanno omaggiato, mentre altri ne hanno colto le peculiarità ambientali, al netto della creatura aliena insediatasi nelle campagne del New England.
Uno dei migliori adattamenti moderni che mi sia capitato di leggere è italiano: il numero 37 di Dampyr, intitolato Il fiume dell’orrore.
Wikipedia mi avverte poi che il racconto in questione gode di ben quattro adattamenti cinematografici:
– La morte dall’occhio di cristallo (Die, Monster, Die!, 1965) di Daniel Heller
– La fattoria maledetta (The Curse, 1987) di David Keith
– Colour from the Dark (2008) di Ivan Zuccon
– Die Farbe (2010) di Huan Vu
Io ho visto soltanto il primo, trovando godibile (soprattutto grazie alla presenza di Boris Karloff), ma non all’altezza del racconto, che reputo essere uno dei migliori esempi di narrativa fanta-horror di sempre.
Se non l’avete mai letto fatevi un favore e recuperatelo.
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(A.G. – Follow me on Twitter)