di: Paolo Becchi
È la storia di un colpo di stato permanente quella che inizia con la caduta di Berlusconi – mai sfiduciato dal Parlamento ma costretto a rassegnare le dimissioni per le pressioni dei mercati e le impennate improvvise dello spread – per arrivare oggi al Governo Letta, passando per il Governo “tecnico” di Monti, imposto d’autorità dal Presidente della Repubblica, e per la rielezione stessa di Napolitano, atto senza precedenti nella storia della Repubblica.
E le elezioni che si sono nel frattempo svolte? È come se non ci fossero mai state: lo stesso Presidente di prima, lo stesso Governo del Presidente, in cui il fantasma di Monti si è reincarnato nell’accordo Pd-Pdl a sostegno del Governo Letta. Zio e Nipote, Gianni ed Enrico, si ritrovano finalmente insieme. Eppure qualcosa è realmente cambiato: in Parlamento, oggi, siede una forza politica nuova, che rappresenta quasi 9 milioni di cittadini. Questo 25% del Paese, però, non trova alcuna espressione nei 35 “saggi” incaricati di scrivere una nuova Costituzione ad uso e consumo di una “casta” di partiti sempre più in crisi ma che non intendono rinunziare ad alcuno dei loro privilegi. Com’è possibile un’esperienza costituente dalla quale sono, per principio, esclusi 9 milioni di italiani? Questa non è più tirannia della maggioranza: è la fine della democrazia. L’accordo tra Pd e Pdl costituisce il tentativo di bloccare il cammino del M5S, dopo che le elezioni hanno segnato la crisi irreparabile del sistema bipolare e la perdita di milioni di voti da parte delle forze di centrodestra e centrosinistra. La proposta di legge Finocchiaro sui partiti e il finto intervento sui tagli ai costi della politica nascondono il vero obiettivo di Pd-Pdl: evitare ogni riforma della legge elettorale e, in compenso, tentare di modificare la Costituzione.
Perché questo tentativo? La forma di governo parlamentare è definita attraverso un meccanismo di pesi e contrappesi tra tre poteri: il Presidente della Repubblica, il Parlamento ed il Governo. Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento, rappresenta l’unità della nazione e non ha alcun potere di Governo: è quello che si definiva “potere neutro”, non esercitando funzioni legislative né esecutivo, ma un ruolo di garante del sistema.
È il Parlamento il potere realmente decisivo, in quanto il Governo è ad esso legato dal rapporto di fiducia, che costituisce il vero tratto distintivo della nostra attuale forma di governo. Il Governo, infatti, è responsabile di fronte al Parlamento, e non al Capo dello Stato. L’esperienza del Governo Monti – proseguita nel Governo Letta – ha “rovesciato” questi rapporti: il Presidente della Repubblica ha potuto, infatti, esercitare di fatto un potere amplissimo, di vero e proprio indirizzo politico, imponendo al Parlamento le sue condizioni e rendendo la fiducia un momento puramente formale del rapporto tra Parlamento e Governo. Non è stato, forse, questo, un colpo di stato? Ciò che Pd e Pdl puntano a fare, è legittimare questa situazione – creatasi in aperta violazione della Costituzione – a costo di cambiare la Costituzione stessa. Perché tutto questo? Perché passare dalla forma parlamentare a quella presidenziale? L’obiettivo politico è uno solo:ridimensionare il ruolo del Parlamento in modo da ricostituire, intorno all’elezione diretta del Capo dello Stato, il sistema bipolare Pd – Pdl, sconfiggendo definitivamente il nemico comune, ossia il M5S. In una forma di governo presidenziale il sistema non potrà che essere bipartitico, ed è questo il vero scopo del lavoro dei “saggi”: ricostruire il bipolarismo Pd-Pdl con una conventio ad excludendum. Ossia tagliando fuori il M5S, una grande forza politica del Paese.”
da Beppegrillo.it