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Il colpo gobbo dell'agenzia delle entrate

Creato il 03 aprile 2013 da Vincitorievinti @PAOLOCARDENA

IL COLPO GOBBO DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE di Paolo Cardenà - Cercherò di spiegarvi, brevemente e in maniera più semplice possibile, il colpo basso  che l’Agenzia delle Entrate sta riservando ai contribuenti, mentre la politica, in preda alla sua follia, sembra  ormai abbandonata a se stessa e al suo delirio. Accade che, per effetto della  profonda crisi economica in corso, un numero sempre più crescente di famiglie e imprese, nell’anno appena trascorso, trovandosi nell’impossibilità di onorare debiti tributari derivanti dalla liquidazione delle imposte, abbiano optato per il differimento del pagamento dei tributi derivanti dalle dichiarazioni dei redditi
Questa scelta, gioco forza, nella maggior parte dei casi, è stata dettata dalla difficoltà oggettiva di pagare la pretesa tributaria  e l’omissione si sostanzia non perché si è evasore, ma perché esiste una conclamata impossibilità nell’eseguire il pagamento dei tributi. L’imprenditore, tra scegliere se pagare  i propri fornitori, dar da mangiare ai  propri collaboratori, o pagare il fisco, semplicemente, ha scelto le prime due ipotesi, poiché garanzia di prosecuzione dell’attività. Ciò , evidentemente, è stato deciso anche  confidando che il debito tributario si sarebbe  potuto onorare successivamente avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso. Il ravvedimento operoso altro non è che un istituto che consente di adempiere alle obbligazioni tributarie pagando, oltre all’imposta dovuta, le relative  sanzioni in forma ridotta che il legislatore indica nel 3,75% dell’importo omesso, oltre ai relativi interessi. Ma Il ravvedimento opero può essere posto in essere non in maniera illimitata nel tempo, ma solo entro determinate scadenze indicate nel fisco e comunque non oltre l’invio della dichiarazione dell’anno in cui è stata commessa l’omissione, salvo che non si sia destinatari di un controllo formale della dichiarazione e quindi di un avviso bonario da parte dell’Agenzia delle Entrate. In parole più semplici, se si è omesso il pagamento del saldo IRAP del periodo di imposta 2011, scadente nel 2012, siccome l’omissione si è verificata nel 2012, i pagamenti  degli importi omessi, con le relative sanzioni (3,75% oltre agli interessi) potranno essere eseguiti entro la data di scadenza per l’invio della dichiarazione Irap del 2012, individuata dal fisco alla fine di luglio 2013. Il tutto, salvo che l’Agenzia delle Entrate non abbia già riscontrato il mancato pagamento e non abbia inviato al contribuente l’avviso bonario con il quale si intima il pagamento dell’imposta,  ma, in quest'ultima ipotesi, con le relative sanzioni maggiorate fino al 10%, ossia quasi il 7% in più di quanto consentito dal ravvedimento operoso. Quest’anno, nonostante l’agenzia conosca perfettamente lo stato di crisi delle imprese e conseguentemente anche  lo stato di difficoltà nel pagamento delle imposte, in maniera del tutto insolita e sospetta rispetto ai tempi rituali osservati dall'ente negli anni passati, ha abbreviato di molto i tempi di controllo delle dichiarazioni relative al periodo di imposta 2011 inviate nel 2012, pregiudicando così la possibilità di sanare il mancato pagamento delle imposte avvalendosi dell'istituto del ravvedimento operoso. Fatto sta, che un numero elevato di contribuenti stanno ricevendo gli avvisi bonari per le imposte omesse nell’anno 2012, che precludono agli stessi contribuenti la possibilità di adempiere all’obbligazione tributaria avvalendosi del ravvedimento operoso, entro i tempi pianificati per effettuare il versamento. Negli anni scorsi, in genere,  l’agenzia delle entrate era molto meno sollecita nell’espletare l’operazioni di verifica delle dichiarazioni  al punto che queste potevano addirittura protrarsi ben oltre l’anno rispetto all’invio della dichiarazione oggetto di controllo. Quest’anno, misteriosamente (ma non troppo considerato lo stato di necessità delle finanze pubbliche), ha espletato questo riscontro a distanza di pochi mesi rispetto all’invio dei modelli dichiarativi, inviando ai contribuenti i relativi avvisi  reclamando gli importi a credito maggiorati delle sanzioni al !0%, in luogo del 3,75% previsto dall’istituto del ravvedimento operoso. Tradotto in numeri, possiamo affermare che se un’azienda, nel 2012,  ha omesso il pagamento del saldo Irap di 10.000 euro, magari pianificando questo versamento nei mesi successivi applicando una sanzione del 3;75% (375 euro) prevista dal ravvedimento operoso, di colpo, vedendosi pervenire l’avviso bonario, si è vista preclusa questa possibilità e dovrà corrispondere al fisco l’imposta (10000 euro) e la sanzione maggiorata al 10% (1000 anziché 375), con un aggravio di oneri per oltre 600 euro, andando ad aggravare una situazione già di per se critica. Non solo, ma in questo caso, in mancanza dell'esecuzione del pagamento entro 30 giorni dalla ricezione dell'avviso, e in mancanza delle possibilità di rateizzare gli importi dovuti al fisco sempre entro lo stesso termine, le sanzioni potranno arrivare al 30% dell'importo omesso. C’è da dire che molte di queste imprese,  che sono state inibite dalla possibilità di evitare un aggravio di costi in relazione ad uno stato di difficoltà conclamato, sono anche quelle che debbono ricevere dallo stato il pagamento delle forniture effettuate  nei confronti delle pubbliche amministrazioni di cui tanto si parla. Benché l'atteggiamento del lisco si del tutto legittimo, appare del tutto inopportuno soprattutto in un momento di estrema fragilità Il sospetto è proprio quello che l'accelerazione dei tempi di riscossione dei tributi sia proprio da attribuire alle crescenti difficoltà dello Stato, anche in considerazione alla  volontà di pagare, almeno in parte, i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. Tant'è che sembrano quasi pronti i  decreti che consentiranno il pagamento di 20 miliardi di euro nel secondo semestre 2013 e di altri 20 nel 2014. E’ evidente che quanto sta accadendo, oltre a generare un aggravio di costi per le imprese già in difficoltà, rischia di minare ulteriormente i già precari  rapporti tra fisco e contribuente, in un momento di estrema difficoltà che dovrebbe essere compreso e favorito dal fisco e dalle istituzioni.
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