Legata alla barella mani e piedi con le lenzuola, giaceva incosciente da quattro giorni nell’affollatissima “piazzetta” del policlinico Umberto I di Roma, in attesa di un posto letto. La donna, 53 anni e un Alzheimer precoce, veniva alimentata solo con una flebo di soluzione fisiologica: questa la scoperta sconvolgente dei senatori Ignazio Marino (Pd) e Domenico Gramazio (Pdl), in visita bipartisan ai reparti d’emergenza dei nosocomi della Capitale. Il blitz ha provocato l’intervento degli ispettori del ministero della Salute, la convocazione urgente dei manager della sanità capitolina da parte di Renata Polverini e l’apertura di un’inchiesta della magistratura: la Procura di Roma intende esaminare se le morti sospette avvenute nei reparti di emergenza degli ospedali romani dal 2008 a oggi siano dovute a sovraffollamento delle strutture, a improprie restrizioni di budget o a insufficienza del personale di servizio.
Curiosa, invece, la reazione di Claudio Modini, responsabile del Dea dell’Umberto I, che ha escluso in modo categorico che la donna fosse in coma come sostenuto, invece, dagli organi di stampa. Al contrario: la paziente era vigile, seppure in agitazione psicomotoria dovuta a crisi epilettiche, e il figlio aveva prestato il suo consenso al bondage dell’E.R. nostrano. Le dichiarazioni di Modini ricordano per certi aspetti quelle del direttore dell’unità operativa di rianimazione del policlinico di Messina quando, qualche mese fa, si scoprì che uno dei pazienti ricoverati aveva larve di mosca nel naso: il professor Angelo Sinardi fece allora notare che le larve sono assolutamente innocue, non avendo alcuna conseguenza sulla salute dell’uomo. C’è quasi da pensare che sia normale che una donna vigile (ma affetta da Alzheimer) resti legata per quattro giorni a una barella e lì tenuta digiuna in attesa del trasferimento in altro reparto, o che nei nasi dei ricoverati in qualunque unità di rianimazione d’Italia possano essere deposte larve d’insetto per la gioia degli entomologi.
La malasanità è questo: un misto di disorganizzazione, incompetenza, impotenza e arroganza, sullo sfondo dei tagli micidiali inflitti da anni alla sanità pubblica. In un clima di omertà diffusa, i pochi dati disponibili lasciano sgomenti: circa il quattro per cento dei nove milioni di pazienti ricoverati annualmente nei nosocomi italiani andrebbe incontro a un danno derivante da un errore imputabile alle strutture sanitarie o ai suoi operatori. Il numero dei morti di malasanità in Italia è quindi superiore a quello provocato da incidenti stradali, cancro ai polmoni o Aids. Ogni anno, inoltre, una cifra stimabile tra 450.000 e 700.000 persone resta vittima di infezioni batteriche contratte in ospedale a causa delle precarie condizioni igieniche, con una mortalità pari all’un per cento. I tempi biblici di attesa per esami diagnostici fondamentali possono fare la differenza tra vivere o morire.
Il ministro della Salute Balduzzi ha commentato la vicenda del pronto soccorso romano affermando che «nel suo complesso in Italia c’è buona sanità». Ci piacerebbe sapere quale sia il complesso a cui si riferisce il ministro. Quello che emerge dai nostri nosocomi pubblici è un complesso d’inferiorità, legato al taglio dei posti letto e alla drastica diminuzione di medici e paramedici, soggetti – come nel Lazio – al blocco del turn-over. Tra il 2012 e il 2014, secondo calcoli delle Regioni, il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale subirà tagli per circa 17 miliardi di euro. Le sforbiciate toccheranno le spese sul personale, quelle farmaceutiche e pure quelle per le protesi. Per sostenere la stangata il decreto legge 98 del 2011 ha già previsto nuovi ticket, dal “superticket” da 10 euro a quelli di nuovo conio che entreranno in vigore dal 2014. E potrebbe esser peggio: la privatizzazione sostanziale della sanità implica congrue coperture assicurative, le coperture assicurative presuppongono un lavoro stabile e un lavoro stabile è montianamente monotono.
Dieci milioni di italiani rischiano di restare senza equità e pure senza cure: nel dubbio, meglio affrontare la recessione mantenendosi in forma. Lo spettro di Banquo della Grecia, ormai smantellata di ogni residuo di sanità pubblica, ci mostra quello che possiamo diventare proseguendo sulla via dei “sacrifici necessari”. I nostri ministri piangono pensando al bene che stanno facendo e alle critiche che ricevono: a noi per piangere basta andare in pronto soccorso.