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Il comandante di Auschwitz di Thomas Harding

Creato il 12 novembre 2013 da Annare

Il comandante di AuschwitzIl comandante di Auschwitz di Thomas Harding non è un thriller, né un romanzo, se è questo che state cercando difficilmente il libro rispetterà le vostre aspettative. Il comandante di Auschwitz è uno straordinario documento storico, un racconto capace di insinuare dubbi, di demolire certezze. Un documentario scritto in maniera ineccepibile, curato nei dettagli. Ho pianto, come sempre quando mi immergo in letture che affrontano la dolorosa ferita della seconda guerra mondiale; ho pianto per loro e per noi, noi che stiamo dimenticando quegli orrori, noi eredi delle vittime e di coloro che hanno preferito non guardare.

Thomas Harding era ignaro del lavoro post bellico del prozio, solo al giorno del funerale scopre l’incredibile: Hanns Alexander alla fine della guerra ha braccato e scovato il kommandant di Auschwitz, Rudolf Höss.

Stupito dalla rivelazione Harding decide di scoprire la verità, ma certo quello che inizialmente non poteva sapere era di avventurarsi in un viaggio doloroso, umano, e capace di far riflettere milioni di persone.

Attraverso la ricostruzione storica delle vite di Hanns Alexander e Rudolf Höss, dalla nascita, l’infanzia, l’adolescenza, la guerra, il nazismo, Auschwitz, la cattura e il processo, l’autore svela le atrocità della guerra, ma lo fa in modo nuovo: le racconta sia dalla parte degli alleati che dai nazisti. La soluzione finale, lo sterminio degli ebrei, viene presentata come un comando necessario a cui credevano realmente i vertici delle SS, non un comando da eseguire. Non un’azione senza scelta, ma una decisione condivisa.

Eppure, il cattivo non appare poi così cattivo, Harding riesce a umanizzare la vita di Rudolf Höss , fin dove possibile, e lo rende vulnerabile, a tratti privo di empatia e schizofrenico, ma sempre consapevole.

Contrariamente a quanto si possa intuire dalla quarta di copertina, il libro non si concentra sulla caccia, ma sulla vita dei suoi protagonisti, così diversi, agli antipodi, eppure legati da una verità indiscutibile: la vendetta.

Il comandante di Auschwitz è spietato, privo di compassione, vuole portare il lettore a studiare e comprendere senza influenzarne il pensiero. Senza rivisitazioni. Anzi, più volte l’autore fa notare come anche il fatto più banale possa venire raccontato in decine di modi differenti, senza bisogno di torture o minacce, solo affidandosi alla memoria dei presenti: dove la verità?

Personalmente credo che la verità attenda silenziosa nella memoria dei milioni di morti.

Rudolf e i suoi uomini avevano quindi trovato un metodo economico e veloce per uccidere centinaia di persone tutte insieme e, cosa ancora più importante, un metodo che comparato ad altre forme di esecuzione – come quelle con armi da fuoco, per esempio – teneva le guardie a distanza dalle loro vittime.

Interessantissime le note a fine di ogni capitolo, Harding svela le fonti, gli atteggiamenti, i particolari della sua ricerca, tracciando uno studio di notevole importanza storica.

Ogni tanto alcune guardie, turbate dalle camere a gas, andavano da Rudolf a chiedergli se le esecuzioni fossero realmente necessarie. Lui rispondeva di non avere dubbi, perché gli ordini venivano direttamente da Hitler ed era necessario uccidere tutti gli ebrei in modo da liberare la Germania dal suo peggior nemico.

Tuttavia ha poi dichiarato di aver avuto più di uno scrupolo, ma non aveva mai potuto parlarne con nessuno, soprattutto con quelli che lavoravano per lui.

L’impressione è che dovremmo, oggi, provare ancora e per sempre vergogna.

Titolo: Il comandante di Auschwitz

Autore: Thomas Harding

Traduttore: Lucio Carbonelli

Editore: Newton Compton editori

Anno: 2013

Prezzo: Euro 9,90

 


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