Il Coming Out Del Sognatore: Come Dire Che Vogliamo Cambiare Vita

Creato il 28 maggio 2013 da Sunday @EliSundayAnne

Il cellulare è spento, viaggio da sola e nessuno mi può trovare: adoro i miei spostamenti in aereo. Non ho mai fretta di arrivare: scelgo sempre voli che mi permettano lunghe soste in aeroporti che non conosco, in cui mi perdo a osservare chi mi passa accanto, mi collego al wi-fi dell’aeroporto e scrivo in santa pace. Ma soprattutto, lascio che i pensieri fluiscano leggeri: di solito ottengo le risposte che cercavo, o partorisco idee interessanti. Oggi sono all’aeroporto di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, diretta a Bangkok e poi Phnom Penh.

Come sono arrivata fin qui? Sono passati undici mesi da quando ho depositato la mia domanda di aspettativa presso la segreteria della scuola, con un nodo in gola: starò facendo la cosa giusta a scegliere di cercare la mia felicità?

Avevo tenuto dentro questa pietra per un anno intero, che con la domanda di aspettativa era quasi uscita. Era il 7 giugno, e sei giorni dopo ero su una barella per le scale della scuola, che mi stava portando al pronto soccorso. Il sassolino era quasi sceso; una colica renale dolorosissima mi stava ricordando che dovevo ancora fare un passo per farlo uscire del tutto: dire ai miei che me ne sarei andata per un anno, senza un lavoro, senza un obiettivo preciso se non quello di viaggiare e cominciare a scrivere. Tutto il contrario di ciò che una famiglia benestante di provincia può aspettarsi da una figlia quasi quarantenne e con un posto fisso per il quale ringraziare Iddio.

Con i miei genitori era stato tutto un fingere, o meglio, un tacere: peccato che io di tacere non ne sia capace, e questo si sia poi riflettuto sul fisico. Perchè se uno tiene un’insoddisfazione tutta dentro, poi questa da qualche parte deve pur uscire, no? Era giugno e non potevo più rimandare: avevo già pure acquistato il biglietto aereo di sola andata, Milano-Phnom Penh, Thai Airways, 5 luglio 2012, ore 14.05. E fu così che una domenica l’ho detto a mia madre, la quale ha finalmente disteso (solo momentaneamente, sia chiaro) le rughe di tensione sulla fronte e mi ha risposto: “Almeno hai avuto il coraggio di dirmelo, anche se lo sapevo già” (le mamme sanno sempre tutto in anticipo, anche quando crediamo non sappiano niente). Lo scoglio era mio padre: eccolo lì, seduto a tavola, ignaro e dunque beato di fronte alla pastasciutta e un bicchiere di vino rosso. Ho pensato “Magari glielo dico un’altra volta, perchè turbare questa tranquilla atmosfera familiare della domenica, perchè rovinargli proprio ora l’idea (peraltro falsa) che ha di sua figlia, perchè…”.

“Elizabeth deve dirti una cosa” ha tuonato mia sorella, rompendo l’idillio. Grazie, sorella: tu sai sempre come spronarmi con delicatezza. “Ehm… volevo solo dirti che io per il prossimo anno scolastico avrei deciso di prendermi (la domanda di aspettativa era già stata firmata) un anno di aspettativa per tornare in Cambogia“. Ecco, l’ho detto: apriti cielo. Il cielo si è aperto, lo vedo dal suo tipico gesto di rifiuto: la mano sulla fronte a mo’ di visiera, per non dovermi guardare. Le parole, quelle che temevo: “Non capisco dove abbiamo preso una figlia così! Dove abbiamo sbagliato! Ma non puoi startene tranquilla a casa come fanno tutti! E cosa andresti a fare, in Cambogia?”. “Niente”. “Come niente?”. “Ho risparmiato tutto l’anno come una matta per potermi permettere di non lavorare per almeno sei mesi. Cercherò un lavoro come insegnante di inglese. E comincerò finalmente a scrivere”. “I creativi muoiono di fame!”. E mia sorella “Ma lasciala almeno provare, no? Almeno una volta nella vita, poi se non va bene torna a casa!”. “Se morirai di fame sotto un ponte, non venire poi a chiedere soldi a me, che non te ne darò mai!”. “Tu nella vita ti sei realizzato, no? Hai fatto quello che volevi. Io lo voglio fare adesso. Non posso aspettare di avere novant’anni per coronare un sogno”. “Ecco, brava, io ho smesso di essere un idealista anni fa!”. “Io non ancora: quindi parto”.

E così è stato. Prima, però, ho effettuato l’ultima visita di controllo per vedere a che punto stava il sassolino nei reni: non c’era più. Uscito. Il medico mi ha riferito quanto fosse atipica la velocità con cui è stato espulso, in così pochi giorni. Non sapeva un particolare importante: è bastato essere me stessa. Avere il coraggio di fare coming out e venire allo scoperto.

In tutto questo, mia mamma come ha reagito? Come sempre: da vera stratega militare. Quando me ne stavo andando con le lacrime agli occhi perchè incompresa, ho sentito mio padre in cucina che tuonava insulti, l’ultimo del quale è stato “Io non capisco perchè questa smania di andare all’estero! Ma da chi avrà mai preso quella là!”. La risposta di mia madre è stata, come sempre, serafica e impassibile: “Da te, ha preso: da fidanzati mi hai fatto venire una testa così perchè volevi scappare in Venezuela”.

E’ difficile recidere i tentacoli familiari, quando sono distanti chilometri da chi siamo diventati. Bisogna però imparare a fidarsi del nostro istinto, della nostra saggezza interiore. Anche se tutto il mondo vi sta dicendo che siete impazziti, che state sbagliando, che state per fare una cretinata, non lasciatevi influenzare  e andate avanti per la vostra strada. Non sempre quello che per gli altri è ragionevole corrisponde al vostro bene. Credete in voi stessi, smettetela di pensare e partite per il vostro progetto di vita.

Durante questi mesi di aspettativa, questa è la citazione, scritta su un taccuino, che mi ha salvata da tanti momenti di scoraggiamento:

“Arriva sempre il momento in cui vorresti sbarazzarti di un grande desiderio. Se ti arrendi, lo rimpiangerai. Ma se tieni duro, riuscirai a realizzarlo”Massimo Gramellini.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :