Tantissime le recensioni che circolano in rete nelle ultime settimane su Interstellar.
Una mi ha colpita più delle altre e mi è stata segnalata da un mio carissimo amico, lettore di Borborigmi di un fisico renitente, blog del fisico italiano Marco Delmastro.
Non mi sono mai chiesta come potesse giudicare un film di questo genere un addetto ai lavori di così alto livello come il fisico Delmastro. Eppure, come lui stesso dice, da comune spettatore si è recato al cinema e ha guardato il film tanto atteso di Nolan. Lui non ha voluto ricavarne una recensione tecnica dal punto di vista cinematografico, ma ha voluto esprimere le sue considerazioni dal punto di vista scientifico. Una visione interessantissima che a mio parere (a prescindere dal fatto che il film sia piaciuto o meno), andrebbe conosciuta. Delmastro scrive di essere un amante della fantascienza e sostenitore della "sospensione dell’incredulità" e questa è una cosa alla quale noi amanti del genere in questione (e non solo) non facciamo fatica a capire. Descrivere Interstellar come una grande opera visiva e artistica è cosa pacifica anche per il fisico italiano, ma la debolezza del film, cieca ovviamente a molti, consiste nella credibilità.
Linko la pagina del blog con la recensione di Delmastro e mi limito solamente ad elencare i punti che lui stesso ha messo in discussione, analizzandoli ovviamente dall'ottica della fisica.
Inadeguatezze tecniche e di design, lacune scientifiche e risposte abbozzate su una trama poco efficace sono solo alcune delle trascuratezze che secondo Delmastro rendono Interstellar uno sforzo non riuscito. Lui stesso scrive: "In un film che fa uno sforzo così evidente e deliberato di usare della scienza “vera” come fondamento del suo racconto, gli errori grossolani nelle cose più semplici sono fastidiosi". E ancora "Nolan costruisce un racconto che si fonda sul dramma di un tempo che scorre in modo diverso (...), e poi si dimentica della sua stessa premessa, per abbozzare una soluzione scontatissima (il paradosso temporale, noi stessi che dal futuro ci auto-salviamo)".
La frase "... basta usare la parola magica “quantistico”, e i problemi spariscono, cosa che Intestellar puntualmente fa", è quella che più mi ha fatto sorridere, non tanto per il sottile sarcasmo usato, quanto per l'idea che rende questa espressione. In effetti (e a parlare sono io da persona totalmente ignorante in materia), spesso nei film di fantascienza o simil, quando si incappa in terreni tortuosi e difficilmente spiegabili con la logica, ecco che si prende la palla al balzo e si usa il termine quantistico per spiegare ciò che non si riesce a spiegare. Immagino che Kip Thorne, il fisico teorico che ha lavorato come consulente alla realizzazione della pellicola si sia trovato di fronte ad un terreno minato: conciliare sapere scientifico e rappresentazione cinematografica in una sola dimensione. Non sarà stata cosa facile suppongo.
Termino con la mia modestissima (e ignorantissima) opinione sul film, che ho apprezzato per quanto riguarda l'aspetto visivo e creativo in generale. Matthew anche questa volta non mi ha delusa. Lunghezza eccessiva che poteva essere evitata in parte. E si, nel mio piccolo, ho trovato vaghe alcune sequenze situazionali che non si facevano comprendere a pieno. La recensione di Delmastro mi ha aiutata infatti a capire quello che non potevo arrivare a comprendere da sola. Lasciando perdere quello che può essere (legittimamente) condannato dalla fisica, penso che comunque "Cinema" sia anche questo: accettare ciò che ci viene proposto è probabilmente l'atteggiamento migliore da assumere per godere un film. Che tutto possa essere compreso in nome della logica, del sapere o della scienza, forse in alcuni casi può essere trascurato. Sentire anche la campana degli addetti ai lavori non è certo cosa sbagliata. Potremo comunque continuare ad apprezzare un film anche se ci vengono mostrati i suoi lati lacunosi.
Borborigmi di un fisico renitente
Blog di Marco Delmastro
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