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IL COMODINO DEI SERPENTI – Il comodino di Pierluigi Lucadei (ottobre 2015)

Creato il 28 ottobre 2015 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

IL COMODINO DEI SERPENTI – Rubrica dedicata ai libri sul comodino

Il comodino di Pierluigi Lucadei

Pierluigi Lucadei (San Benedetto del Tronto, 1976) di mestiere fa il medico legale, ma scrive da molto tempo prima di diventare medico. Si occupa di musica e letteratura sul Mucchio Selvaggio, sul blog minima&moralia e sul quotidiano online Il Mascalzone. Nel 2014 ha pubblicato, per Galaad,  Ascolti d’autore, raccolta di venticinque interviste ad altrettanti scrittori, tra i quali Hanif Kureishi, Michael Chabon e Niccolò Ammaniti, sul tema della musica, con una postfazione di Nicola Lagioia.

Oltre al libro che sto leggendo, sul mio comodino trovano sempre posto dei libri già letti che, di tanto in tanto, torno ad aprire per una rilettura a salti, mirata o casuale che sia. Si tratta di raccolte di racconti, saggi musicali, biografie. Oppure dei miei romanzi preferiti.

Tutto potrebbe andare molto peggio, Richard Ford (Feltrinelli, 2015). È il libro che sto leggendo in questo momento, preso in prestito da mio padre, dopo averglielo regalato per il suo compleanno. Il Frank Bascombe di Richard Ford condivide con il lettore il suo sguardo di ghiaccio e tanto basta per immortalare un momento, quello del dopo uragano, che rischia di far crollare le certezze dell’uomo medio oltre che la sua abitazione. Pagina dopo pagina, sembra di essere lì, sulla costa del New Jersey spazzata da Sandy, a misurare il peso del superfluo, a inventariare lo sporco di una vita e a capire che rimorsi, lutti e sconfitte valgono lo scintillio di una gioia inespressa.
Frase sottolineata: «Di un bell’uragano che va per le spicce si può dire che rimette la vita in prospettiva. Vale sempre la pena di notarlo, quando non ci sentiamo precisamente come credevamo che ci saremmo sentiti. Facile a dirsi, naturalmente, dal momento che io non abito più qui».

I racconti, John Cheever (Feltrinelli, 2012). I sessantuno racconti che nel 1979 sono valsi il Premio Pulitzer allo scrittore del Massachusetts mettono in scena la tragicità di una middle-class intrisa di mondanità e da essa come immalinconita, abbandonata, deturpata. L’agognato sogno americano è la trama su cui si legano le esistenze virate in blu dei personaggi, persi in un senso di attesa che raramente si materializza, colti più spesso nell’attimo della lotta per non corrompere la propria anima. C’è nei racconti un circospetto pessimismo, una disperazione non urlata, apparentemente sotto controllo, ingabbiata negli ingranaggi della modernità e lì relegata al silenzio.
Frase sottolineata: «Cash cantò, pregò, e si mise in ginocchio, ma in chiesa non riusciva mai a sentire altro che la propria estraneità al regno dell’infinita misericordia di Dio, e, a dire il vero, non credeva nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo più di quanto ci creda il mio bull-terrier».

La fortezza della solitudine, Jonathan Lethem (Il Saggiatore, 2010). Jonathan Lethem è figlio di un artista e di un’attivista politica che negli anni Settanta fecero la scelta controcorrente di andare a vivere in un quartiere di Brooklyn a netta maggioranza afroamericana. Proprio come Dylan Ebdus, il protagonista de La fortezza della solitudine, romanzo con la rara capacità di contenere un mondo, magnificamente reale e allo stesso tempo fantastico. Superati i trent’anni, trovo sempre più difficile restare inchiodato a un romanzo così come mi succedeva quando di anni ne avevo diciotto. Con La fortezza della solitudine è successo: l’ho letto alcuni anni fa e l’onda della sua suggestione continua a cullarmi, tanto che da qualche settimana il libro è tornato sul mio comodino, pronto per essere riletto.
Frase sottolineata: «Sfuggendo alla mia ferita avevo affamato la mia vita, mi parve improvvisamente di capire. Mi perdevo in finte e schermaglie a cinquemila chilometri dal fronte interno».

Bardot Deneuve Fonda, Roger Vadim (Rizzoli, 1986). Una delle autobiografie più piacevoli che possa capitare di leggere. Roger Vadim aveva il dono della leggerezza, nel cinema, nella scrittura, nella vita. Anche quando raccontava fatti drammatici, lo faceva con la consapevolezza di poter cogliere l’irripetibilità di un attimo e tramutare il destino in stile. Scandaloso pigmalione, ha molto vissuto e molto amato, soprattutto donne bellissime, soprattutto bionde. Brigitte Bardot, Catherine Deneuve e Jane Fonda sono quelle che ha scelto per riassumere un’intera esistenza passata a sedurre donne e a orchestrare la loro ascesa a mito.
Frase sottolineata: «Non mi rendevo conto che le donne, ossessionate dall’amore eterno, temono molto le nuove relazioni. «Mi amerai sempre?» significa: «Ti prego di non lasciarmi innamorare di qualcun altro». Per la maggior parte degli uomini, queste parole dimostrano che essi hanno il dominio incontrastato del cuore di una donna. Ma è vero esattamente il contrario».

Badlands, Alessandro Portelli (Donzelli, 2015). Se è vero che buona parte dell’America continua ad avere un’idea di se stessa che non corrisponde al vero, le canzoni di Springsteen non si sono mai tirate indietro dallo smascherare questo equivoco. Alessandro Portelli, professore di Letteratura angloamericana alla Sapienza, mette in relazione versi e musica del Boss con il contesto storico, culturale e sociale, misurando con competenza e rigore la distanza tra il sogno americano e una realtà fatta di cecchini giovani ed impauriti mandati ad uccidere in guerre inspiegabili (“Devils & Dust”), di uomini alienati ed annientati dal lavoro in fabbrica (“Factory”) o di gente ammazzata solo per il colore della pelle (“41 Shots”).
Frase sottolineata: «Se c’è un punto in cui Bruce Springsteen rompe decisamente con la tradizione della letteratura e del cinema americano è qui: non si fugge via dalle donne e via dalla società; si fugge in due, uomo e donna insieme, gettando i semi utopici di un mondo altro di cui la coppia è l’embrione».

Qui gli altri comodini.

Il comodino di Pierluigi Lucadei

Il comodino di Pierluigi Lucadei

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