Il Comportamentismo. 1 parte

Da Psychomer
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Matteo Radavelli
ottobre 11, 2010Posted in: psicologia

Il comportamentismo (o psicologia comportamentale) è un approccio alla psicologia, sviluppato dallo psicologo John Watson agli inizi del Novecento, basato sull’assunto che il comportamento esplicito è l’unica unità di analisi scientificamente studiabile della psicologia. Si è soliti datare la nascita del comportamentismo nel 1913 con la pubblicazione dell’articolo “La psicologia così come la vede un comportamentista” da parte di Watson.

I costrutti teorici utilizzati fino a quel momento dagli strutturalisti (Edward Titchener) e dai funzionalisti (James R. Angell) sembravano a Watson troppo esposti al rischio di soggettivismo; l’unica possibilità, secondo lui, per giungere ad uno studio realmente scientifico del comportamento umano consisteva appunto nell’elidere a priori il costrutto teorico di mente, per focalizzare la ricerca sperimentale solo sui comportamenti manifesti.

La mente viene quindi considerata una sorta di black box, una scatola nera il cui funzionamento interno è inconoscibile e, per certi aspetti, irrilevante: quello che importa veramente per i comportamentisti è giungere ad un’approfondita comprensione empirica e sperimentale delle relazioni tra certi tipi di stimoli (ambientali) e certi tipi di risposte (comportamentali).

All’estremo, rinnegando le diverse prospettive parallele e passate, i comportamentismo viene presentato come l’unica forma per fare scienza psicologica. L’oggetto di studio quale l’emozione, l’abitudine, l’apprendimento, la personalità) viene analizzato solo attraverso le loro manifestazioni osservabili nei termini di comportamenti emotivi, abitudinari, d’apprendimento, costitutivi della personalità ecc.

Le teorie dell’evoluzione di Darwin avevano chiarito che fra l’uomo e le altre specie animali non vi era una differenza dicotomica per la presenza o meno di un’anima. Era perciò fattibile attuare ricerca psicologica anche con animali, con una serie di incomparabili vantaggi: controllare variabili concomitanti (alimentazione, riposo, attività, condizioni di vita), possibilità di conoscere e di controllare l’influenza dell’esperienza passata sulle azioni compiute, alla libertà nelle procedure (sperimentazioni lunghe e stressanti), fino all’estrema manipolabilità dell’organismo con operazioni chirurgiche invasive.

In questa prospettiva di rivoluzionare l’oggetto di studio della psicologia Watson attaccò il metodo introspettivo. Egli riteneva l’introspezione un metodo non scientifico per due motivi fondamentali:

• L’osservatore si identifica con l’osservato (ad esempio, se l’osservatore osserva la sua coscienza, mutava il suo

oggetto di osservazione, che coincideva con la coscienza di osservare).

• La singolarità dell’osservatore conduceva all’impossibilità da parte di altri di percepire il medesimo oggetto.

In questo modo i dati introspettivi erano solamente percepiti dal singolo, non confutabili o confermabili e non condivisibili come i dati di tutte le altre scienze).

I principi cui Watson fa riferimento sono la frequenza, la recenza e il condizionamento. I principi della frequenza e recenza ci dicono che tanto più spesso o tanto più recentemente un’associazione si è verificata, con tanta maggiore probabilità si verificherà.

Il principio del condizionamento sostiene che nell’organismo esistono risposte incondizionate a determinate situazioni. Un organismo affamato che riceve del cibo sicuramente reagirà salivando, un improvviso fascio di luce sugli occhi provocherà sicuramente una contrazione della pupilla. Il cibo e il fascio di luce sono chiamati stimoli incondizionati cioè eventi che si producono nell’ambiente e che provocano incondizionatamente una determinata risposta nell’organismo.

Ad esempio nell’esperimento del fisiologo russo Ivan Pavlov (1849-1936), il primo autore che ha identificato il meccanismo, si faceva precedere alla somministrazione del cibo a dei cani un suono; con il tempo il cane apprende che, dopo il suono, gli verrà fornito il cibo; a seguito del condizionamento, il suono di per sé generava la salivazione del cane. Lo stimolo neutro, non in grado di determinare la risposta condizionata -la salivazione-, dopo tale ripetuta associazione, determina la risposta condizionata.

In questi termini assunse particolare importanza per Watson lo studio dell’apprendimento nei bambini. Nell’analizzare le emozioni, Watson esprimeva l’idea che la paura, amore e rabbia siano le emozioni elementari e si definiscano sulla base degli stimolo ambientali che le provocano. A partire da quelle emozioni di base si costruirebbero tutte le altre.

Uno studio assai noto di apprendimento delle emozioni è il caso del piccolo Albert che Watson studiò. Albert giocava piacevolmente con un topolino allorché gli venne fatto sentire alle sue spalle un violento rumore. Da quel momento, il bambino manifestò una grande paura sia per i topi, sia per altri animali e oggetti pelosi. Il rumore era uno stimolo incondizionato in grado di provocare per sé una risposta di paura; la sua associazione con un altro stimolo (il topolino) faceva sì che il bambino fosse condizionato ad avere paura anche del topolino e anche per altri oggetti aventi caratteristiche simili.

Un altro autore di rilievo nella prospettiva comportamentista, con la sua legge dell’effetto, è Edward Lee Thorndike, il primo psicologo nordamericano senza un curriculum europeo di studi.

La legge empirica dell’effetto asserisce che un’azione accompagnata o seguita da uno stato di soddisfazione tenderà a ripresentarsi più spesso, mentre un’azione seguita da uno stato di insoddisfazione tenderà a ripresentarsi meno frequentemente.

Thorndike era favorevole all’idea che l’apprendimento fosse graduale anziché frutto di una comprensione improvvisa. Infatti osservò che il tempo necessario ad un gatto per uscire da una gabbia decresceva regolarmente e gradualmente senza brusche cadute, e ciò gli fece concludere che l’animale non raggiungeva la soluzione in un solo momento (insight), ma che procedeva a piccoli passi, memorizzando le risposte giuste e cancellando quelle sbagliate.

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Matteo: ciao, sono laureato in Psicologia Clinica e Neuropsicologia. Attualmente vivo e lavoro a Milano. Puoi vedere il mio profilo completo nella pagina "chi siamo" o contattarmi personalmente: Email: matteo.radavelli@yahoo.it Sito personale: www.psicologomonzaebrianza.it

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