Basta leggere le linee guida marchio, per rendersi conto dell’inadeguatezza dell’amministrazione cittadina. Le linee guida non sono per niente uno studio scientifico, non ne ha i caratteri e non siamo nati nella camera dei salami. Non beviamo di tutto. Ogni limite ha la sua pazienza, diceva Totò, da citare per sdrammatizzare. Guardiamo avanti, ma rendiamoci conto delle inadeguatezze del passato. Le linee guida del marchio di cremona sono state elaborate pensando solo al commercio!!! I commercianti cremonesi sono tutta cremona? Incredibile!
Basti leggere la parte finale delle linee guida, dedicata a cremona dopo una rassegna di marchi cittadini esteri e italiani. Vi si parla di “città dei talenti”, “del benessere e dell’accoglienza”. Ma quando? Dove? Questa sarebbe cremona? I talenti scappano con energica rapidità: nella gerontocratica, conservatrice e mafiosa Italia si sa come vengono trattati. Ospitalità in Italia? Ha ha ha. Ti guardano il permesso di soggiorno e ti umiliano con l’elemosina. chi scrive sa che Anna Santucci De Magistris riceve indirizzi politici e che la politica a cremona è conciata così: non esiste, non è attiva, non è libera e autonoma. E’ una critica diffusa. La dirigente, messa in condizione di farsi tutt’altro che del suo meglio quindi non ha senso criticarla, arriva a scrivere:
“Si tratta di “vision” individuate attraverso l’ascolto e la discussione con i principali attori pubblici
e privati del territorio, e, quindi, largamente condivise.”
I cremonesi lo sanno che c’è chi pensa e scrive decidendo al posto loro senza averli nemmeno consultati? credo che lo capiscano di non essere molto considerati. Le linee, dopo aver esaltato una tradizione gastronomica che di veramente originale ha solo la dimenticata, umiliata e offesa mostarda (!!!!), non il torrone (più spagnolo che italiano di certo).
Ma tutto deve girare attorno al museo del violino e hai desiderata esterni e alla dirigente tocca adeguarsi.
c’è una responsabilità anche dell’assessore che asseconda tutto questo. E’ stata nominata dal sindaco e i cittadini prima o poi si esprimeranno. Ma anche la realtà parla da sola: se dalla crisi non si esce e il comune è sotto schiaffo, spiace parecchio, è il minimo che si possa dire.
Alla fine un bel calcione alle classiche tre T, già note in tutta Italia e neanche tanto antipatiche: evocano simpatia. Le ragazze della terza T saranno cacciate via da cremona??? Siamo preoccupatisssimi! che fa la De Bona?
Però il comune adesso disprezza le tre T. E senza aver fatto uno studio scientifico! Torrone, Torrazzo e femminile procacità non rappresentano più cremona? c’è da preoccuparsi! Le tre T han già fatto il giro del mondo!
Segue la parte finale delle linee guida.
Le basi per la scelta del marchio
a) individuare la vera identità della Città
Si è già visto che il logo istituzionale del Comune di Cremona non è sufficiente a rappresentare a
pieno l’identità della Città.
Il primo passo da compiere è quello di comprendere l’identità della Città, cioè la sua vera anima.
A tale scopo, possiamo sfruttare le analisi compiute per l’elaborazione del Piano Strategico di
Cremona, che hanno portato a declinare le seguenti vocazioni principali, ovvero ciò che la Città
vuole essere, l’immagine che intende dare di sé, e consolidare nel futuro:
- Cremona, città dei talenti e dell’innovazione
- Cremona, città del benessere e dell’accoglienza
- Cremona, città delle rinnovate tradizioni
Si tratta di “vision” individuate attraverso l’ascolto e la discussione con i principali attori pubblici
e privati del territorio, e, quindi, largamente condivise.
Il Protocollo d’intesa sottoscritto nel 2007 fra Comune di Cremona e Associazioni di categoria del
commercio e dell’artigianato, per la condivisione di idee e proposte per rafforzare l’identità e
valorizzare le eccellenze di Cremona, individua, invece, le seguenti vision:
- Cremona città della musica
- Cremona città della tradizione gastronomica
- Cremona capitale del grande fiume
declinando, quindi, meglio il significato di parole come “talenti” (in questo caso “la musica”,
ovvero “la liuteria”) e “tradizioni” (la “gastronomia”), ma aggiungendo un simbolo importante, il
grande fiume Po, che rappresenta le radici di Cremona.
b) individuare i simboli che meglio possono rappresentare l’identità
Superare le “tre T”
Vi è in Italia un limitato numero di Città, per le quali è stato coniato, da tempo immemore, un
termine o motto specifico, che, nelle intenzioni, dovrebbe servire a rappresentarne le principali
peculiarità: l’antesignano degli attuali payoff.
Così Brescia è “La Leonessa d’Italia”, Bologna “la Dotta”, ecc.
Lo slogan per Cremona è “la Città delle tre T”: non se ne conosce l’origine, anche se non è
improbabile che sia stato ideato da un buontempone, in vena di facezie.
Si tratta di una locuzione notissima, anche a livello nazionale, entrata nel linguaggio corrente, tanto
da creare un’immediata associazione di idee: quando un concorrente che partecipa ad un quiz
televisivo dichiara di provenire da Cremona, è quasi scontato che il conduttore faccia seguire una
battuta sulle “famose tre T”, lasciando cadere qualche allusione un po’ pruriginosa.
Nelle cartoline di Cremona, degli anni ’40 e ’50, oggi oggetto di culto per un certo collezionismo,
erano frequentemente rappresentati i simboli delle tre “T”: una moda che, per fortuna, è
definitivamente tramontata, visto che, oggi, si prediligono i panorami, le foto dei monumenti e dei
luoghi più suggestivi e la vera immagine simbolo della Città: il violino, a dimostrazione di una
chiara evoluzione culturale.
Ora, non è detto che una Città debba necessariamente essere raffigurata in modo austero e serioso:
abbiamo visto molti esempi di marchi e simboli scherzosi e anticonvenzionali, come il cuore di
New York o l’orsetto di Berlino; importante è però che il simbolo sia riconosciuto, innanzitutto,
dagli stessi cittadini e, poi, da visitatori e turisti, perchè diversamente sarebbe vissuto come un
elemento estraneo.
Il problema è che i cremonesi non solo non si riconoscono affatto nel simbolo delle tre T, nella sua
attuale accezione, ma lo vivono con un certo fastidio, come qualcosa imposto non si sa da chi, che a