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Il Comunicatore Italiano: riforma elettorale e web reputation per ridare coerenza e consapevolezza
Da ApietrarotaAh, La legge elettorale! Come l’Araba fenice, la riforma, annunciata da sei anni, “che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa”. Scherzi a parte, il tormentone della legge elettorale perseguita le nostre istituzioni fin dall’antico Mattarellum.
Fu varato per fronteggiare il primo terremoto politico, quello del 1994, e mettere comunque in salvo –fu inventato allora il “listino” – una quota di classe dirigente, ma si rivelò poco efficace sia sul fronte della governabilità sia su quello, meno nobile, della tutela dei leader in zona bocciatura.
Da allora siamo andati di male in peggio. L’ultima “riforma” ci ha dotato del Porcellum. Il termine lo coniò l’onorevole Calderoli, forse con nella testa il porco che avrebbe voluto portare al guinzaglio sui terreni destinati alla costruzione di una moschea. In ogni caso è definizione appropriata, perché fu subito bollata come la stortura cui porre prontamente rimedio. Invece siamo ancora lì. La lista bloccata toglie ai cittadini ogni voce in materia di formazione della classe politica. Induce l’onorevole servilismo verso i capi partito, che possono, di fatto, nominare quelli che invece dovrebbero essere eletti. E’ poi il Porcellum che ha portato in Parlamento autisti, famigli, segretari, portaborse e – qualcuno semplifica – nani e ballerine.
Con il Porcellum è tornato alla ribalta un antico dilemma delle società a democrazia elettiva. Se c’è consenso c’è anche consapevolezza? Questione antica, anzi antichissima. Erano consapevoli i cittadini di Gerusalemme che gridavano: “Libera Barabba”? La folla è poco razionale e come diceva Hertzl: “Con una bandiera si può portare la gente dove si vuole”. Anche l’urna del voto democratico è sempre stata custode di questo interrogativo. Il referendum che abolì le preferenze si fondò sul fatto che con i giochi di partito e di corrente in auge allora l’elettore entrava in cabina, scriveva i nomi cui dava consenso, ma spesso non aveva consapevolezza alcuna di chi fosse colui che aveva indicato come suo rappresentante. Il Porcellum ha portato questa dicotomia alla massima potenza. Si vota la lista a scatola chiusa. Tutto consenso, zero consapevolezza.
In teoria, democrazia sarebbe: consenso più consapevolezza. Ma a complicare l’assioma sono entrati in gioco gli strumenti stessi del consenso che da interpersonale è divenuto, per forza di cose nelle società complesse, mediatico. Uno studio – oggi datato ma sempre illuminante – è quello di Neil Postman. Nel suo saggio “Divertirsi da morire” egli analizzava le campagne elettorali per l’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America. La ricerca del massmediologo americano arrivò alla conclusione che l’avvento della televisione ha si potenziato i meccanismi del consenso, ma ha contemporaneamente ridotto la consapevolezza dell’elettore americano medio.
In sostanza: talk show, intrattenimento, dibattiti, spot elettorali sono potenti macchine di consenso ma in quanto a consapevolezza sono cattivi strumenti. Proprio nel 1994, intervenendo in aula durante il voto di fiducia al Senato della Repubblica invitai l’onorevole Berlusconi – lui mogul televisivo arrivato con grande consenso mediatico alla politica – a riflettere su questo dilemma. Non se ne curò allora e nemmeno in seguito. Ma non è stato il solo.
Dopo diciotto anni di Mattarellum, Porcellum e di Porta a Porta, di cosa pensano i cittadini italiani dei parlamentari (che peraltro sono l’esito di un loro consenso espresso) non parlo. Nessuna meraviglia, invece, se Fareed Zakaria, direttore di Newsweek international, scriverà poi (“Democrazia senza libertà”) che gli elettori americani hanno poca stima dei loro rappresentanti al Congresso. Apprezzano di più la Corte Suprema, non elettiva, dei rappresentanti istituzionali – presidente incluso – da loro votati.
Come stanno consenso e consapevolezza al tempo del Web, degli smartphone e dei tablet? Postman faceva i suoi studi con la Tv a tubo catodico. Mediaticamente la Tv di Postman è uno strumento freddo. Strumento più caldo erano i giornali con i quali egli la confrontava. Il Web è caldissimo: interattività, immediatezza, chat, youtube, social network, community.
Riforma elettorale e web reputation possono ridare coerenza a consenso e consapevolezza. Ma bisogna farla ed è necessario crederci. Chissà se qualcuno (e chi?) ci pensa.
FONTE: Il Comunicatore Italiano----------------------------- Questa ed altre notizie le trovi su www.CorrieredelWeb.it - L'informazione fuori e dentro la Rete. Chiedi l'accredito stampa alla redazione del CorrieredelWeb.it per pubblicare le tue news.
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