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La salute è una condizione di benessere, cioè di armonico equilibrio, fisico, psichico e sociale dell’individuo
Oggi si parla tanto di salute e di malattia, anzi, pare che siamo un po’ tutti malati, ma conosciamo veramente cosa significhi malattia, come ci stiamo approcciando ad essa (sia personalmente sia con la politica sanitaria nazionale), e come dovremmo invece accostarci per ripristinare o comunque per salvaguardare la nostra salute?
Ho affrontato anche questo tema in un mio recente testo (Muldisciplinarietà in Medicina) e, data la grande importanza che questo argomento riveste, desidero riprendere alcuni concetti essenziali in modo da diffonderlo in questa sede.
La salute è una condizione di benessere, cioè di armonico equilibrio, fisico, psichico e sociale dell’individuo e non consiste solo in un’assenza di malattia o di infermità.
Tutti gli organismi, per rimanere nella condizione di salute, devono mantenere un complesso equilibrio dinamico od omeostasi, in quanto sono costantemente sottoposti a sollecitazioni da parte di forze avverse interne ed esterne definite stressors.
La risposta adattiva dell’organismo, per mantenere l’omeostasi in risposta agli stressors, può essere definita ‘allostasi’, termine che significa ‘capacità di mantenere la stabilità attraverso il cambiamento’.
Il termine ‘eustasis’ viene utilizzato per indicare una risposta appropriata, quello di ‘cacostasis’ indica un adattamento non ottimale, in quanto caratterizzato da una risposta inadeguata, eccessiva e/o prolungata.
I mediatori prodotti dal sistema immunitario, dal sistema nervoso autonomo e dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrene possono produrre usura a livello del soma e del cervello, che pertanto vanno incontro a quello che è stato definito “carico allostatico”.
Il termine ‘malattia’ deriva da mala-actio, ossia malattia indotta per azione errata, dovuta all’ignoranza della mente del soggetto(ego/io).
La malattia intesa come vissuto del malato è caratterizzata dalla sensazione, dall’esperienza totalmente personale e soggettiva della perdita della salute. Spesso è accompagnata dalla presenza della malattia “oggettiva”, ma non necessariamente.
La malattia intesa coma ‘modello medico’ è caratterizzata da un processo patologico, da una deviazione da una norma biologica. Intrinseca in questa definizione vi è una oggettività che permette ai medici di vedere, toccare, misurare il processo patologico. Di solito è accompagnata dalla malattia come esperienza soggettiva, ma non necessariamente.
In generale, con il termine malattia viene definito uno stato patologico per alterazioni delle funzioni di un organo o di tutto l’organismo. Attualmente, viene intesa come un’alterazione dei fenomeni biochimici o fisiologici dell’organismo, provocata da un fenomeno esterno all’organismo stesso o da un fenomeno interno di natura genetica.
Secondo W. E. Boyd (I970), “la malattia è il cambiamento di una condizione in cui l’organismo è in completo accordo con il suo ambiente; essa è un’entità con una causa riconosciuta, cambiamenti morfologici e manifestazioni cliniche”.
Secondo I. E. Perry e R. Gibson Miller (1978), “malattia è ogni modificazione della struttura e della funzione dell’organismo”.
Il concetto di malattia può essere inteso secondo due modelli principali: quello ontologico e quello funzionale o relazionale.
I modelli di malattia
1 - Il modello ontologico (proprio della medicina accademica)
Il modello ontologico considera la malattia come un ente, come qualcosa di autonomo ed esogeno rispetto all’organismo. Mira ad identificarla e a localizzarla nello spazio, ne ricerca i fattori eziologici e causali, ne prevede l’evoluzione temporale, si esprime in termini prognostici e, in generale, fa prevalere la nozione di spazio su quella di tempo e la nozione di organo su quella di organismo.
La concezione ontologica risulta fondamentalmente rassicurante sia per il paziente, sia per il medico. Essa deresponsabilizza il paziente, in quanto lo esonera da eventuali responsabilità inerenti alla sua comparsa e non lo invita, in modo chiaro e sollecito, a prendersi cura della propria salute e a collaborare con il medico. Essa deresponsabilizza in parte anche il medico, in quanto non lo invita a ricercare le cause di disarmonia più profonde in ogni paziente, ciò che rappresenta il suo personale concetto di “bene” e ciò che gli consente di raggiungere, anche attraverso la malattia, uno stato di benessere.
Il paziente è portato a temere la malattia, a considerarla come un temibile nemico che lo ha aggredito o che lo può aggredire. Egli assume pertanto il ruolo di combattente o quello di vittima di un destino avverso. Cerca nel medico la figura del tecnico e dell’alleato contro la malattia, ma spesso si affida a lui passivamente, lo lascia combattere da solo o lo abbandona e non ne segue i consigli.
Il medico è portato ad assumere il ruolo del tecnico che deve localizzare la malattia e deve perfezionare i suoi strumenti d’indagine per giungere a brillanti diagnosi. Questo ruolo spesso lo induce a trascurare l’aspetto umano del paziente, la necessità di comprenderlo e di condividerne l’aspetto emozionale e i vissuti interiori.
La concezione di malattia, secondo il modello ontologico, inevitabilmente distorce anche il rapporto medico-paziente. Esso risulta disumanizzato e filtrato dall’intervento di ultraspecialisti, o diventa un’alleanza diretta unicamente a ricercare e a combattere la malattia e ad eliminare i sintomi che rivelano “il male” del paziente.
2 - Il modello funzionale o relazionale (proprio della medicina omeopatica e della psicoanalisi)
Il modello relazionale considera la malattia come endogena, reattiva e complessivamente benefica, la valuta in senso dinamico e ritiene che sia il risultato di situazioni di armonia e di disarmonia, di equilibrio e di non equilibrio e, in definitiva, una reazione di difesa dell’organismo. Riconosce un’unità tra psiche e soma, fa prevalere la nozione di tempo su quella di spazio e la nozione di organismo su quella di organo.
La concezione relazionale risulta fondamentalmente piuttosto impegnativa, sia per il paziente, sia per il medico. Essa infatti responsabilizza il paziente, in quanto gli impedisce di attribuire unicamente a cause esterne i motivi della sua sofferenza e delle sue sensazioni di disagio, lo invita ad intraprendere un cammino introspettivo, a riconoscere dentro di sé l’origine della malattia e quindi, a conquistare lo stato di salute. Essa responsabilizza il medico, in quanto gli impedisce di limitare la sua ricerca a cause genetiche od infettive, lo costringe a risalire sempre a quelle condizioni che hanno permesso l’instaurarsi della malattia, che non consentono un adattamento “armonico” del paziente e lo predispongono a complicanze, ricadute o ad ulteriori malattie.
Il paziente è portato ad assumere un ruolo attivo nel processo curativo. Prende coscienza di ciò che avviene nella sua psiche e nel suo corpo, riconosce nei disturbi dei segnali di disagio più profondo ed è indotto a modificare i suoi comportamenti. Cerca nel medico la figura dell’alleato che lo aiuti a riesaminare la sua vita, non solo per curare la malattia, ma anche per ricercare una nuova strada atta a ristabilire armonia ed equilibrio.
Il medico è portato ad esaminare la malattia in senso dinamico, a rilevarne la funzione reattiva e benefica e a rispettare il significato dei sintomi. Egli deve cercare di comunicare con il paziente; ne deve comprendere l’aspetto umano e condividerne i pensieri, i sentimenti e le emozioni. Deve cercare le situazioni di disarmonia e di sofferenza che lo hanno allontanato dallo stato di salute. Inoltre, nell’assumere il compito di curare il paziente, deve avvertire anche il dovere di confortarlo, di farsi carico dei suoi eventi di crisi, di favorirne la crescita e la trasformazione in senso evolutivo, anche indipendentemente dal risultato immediato dell’atto terapeutico.
La concezione di malattia, secondo il modello funzionale o relazionale, consente che il rapporto medico-paziente diventi una vera cooperazione. Essa infatti, essendo diretta ad esaminare fatti obiettivi, situazioni e vissuti interiori, consente di evidenziare i momenti di crisi di ogni paziente, ma anche i suoi possibili errori di comportamento e la necessità di operare alcuni cambiamenti. Questo processo interattivo permette di attivare meccanismi di autoguarigione del paziente, lo prepara a ricevere l’intervento terapeutico e amplifica le sue risposte alla cura.
Bibliografia
- Gasparini L. Multidisciplinarietà in Medicina. Metodologia, Scienze biomediche, Posizione dell’omeopatia in ambito scientifico. Edizioni Salus Infirmorum, Padova, 2011
- Gasparini L. Studio di Materia Medica omeopatica. Edizioni Salus Infirmorum, Padova, 2000