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Il concetto di vita, l’epigenetica, la ricerca di Dio

Creato il 09 novembre 2015 da Cultura Salentina

9 novembre 2015 di Dino Licci

E’ di questi giorni la notizia che sul pianeta Marte scorrono, anche se solo d’estate,  dei ruscelletti di acqua salata  e di conseguenza  si potrebbe ipotizzare che lì  esista anche  qualche forma di vita primordiale. E’ invece  di qualche anno fa la notizia che uno scienziato americano, Craig Venter ha realizzato il suo sogno e cioè quello di  costruire un genoma partendo da zero e utilizzarlo per  “generare la vita”. Egli  ha  così creato  un genoma sintetico e lo ha trasferito con successo in un batterio, dal quale ha tolto il DNA naturale. Ha costruito così il primo batterio controllato da un genoma sintetico. 

 Alla luce di queste due strabilianti notizie, vorrei allora tentare  di definire correttamente il concetto di vita, magari ricorrendo all’aiuto di uno scienziato del calibro di Edoardo Boncinelli, che così si esprime a riguardo:

“ La vita è un aggregato di materiale  organizzato, limitato nello spazio e nel tempo, capace di metabolizzare, riprodursi ed evolvere”

ma subito dopo aggiunge che

“un essere vivente deve essere anche  oggetto di un flusso continuo di materia, energia e informazione.”

Per rifornirci di materia e conseguentemente di energia, noi siamo costretti a mangiare ogni giorno perché dobbiamo, e non si sa ancora bene perché,  sostituire ogni giorno, ogni ora, le nostre molecole in ogni cellula del nostro organismo. Probabilmente, introducendo in continuazione  nuova materia, impediamo che le nostre cellule si usurino, deperiscano e infine muoiano   Tutti gli esseri viventi devono farlo anche se le piante sono avvantaggiate rispetto agli animali, potendosi rifornire di energia direttamente dal sole attraverso la fotosintesi clorofilliana. Gli animali invece  e con essi l’uomo, devono  accumulare piccole sacche di energia introdotte col cibo che all’occorrenza bruciano in presenza di quell’ossigeno che viene loro fornito attraverso la respirazione. Insomma noi, mangiando,  incameriamo materia, energia ed informazione, la quale ultima si può definire, sempre secondo Boncinelli, come il contrario dell’entropia, cioè di quel processo che ho già descritto precedentemente  e che nel  rispetto  del secondo principio della termodinamica, conduce al caos universale. Insomma la vita sarebbe anche ordine e se non viola il processo entropico è perché, nello stesso tempo in cui produce ordine, intorno a sé produce  un disordine  maggiore. Noi prendiamo informazione sotto forma di energia di buona qualità dal cibo  e, dopo averla utilizzata, la degradiamo attraverso gli escrementi, la sudorazione, il respiro. Questo ci dice Boncinelli intorno al concetto d’informazione e per chiarire meglio un concetto poco intuitivo ci fa l’esempio di un cellulare che, per funzionare ha bisogno di materia di cui è costituito, di energia che gli diamo caricandolo e di informazione che gli forniamo con la   “sim card”.

Io però, da semplice appassionato di “meccanica quantistica”   e forte delle mie conoscenze di genetica molecolare, vorrei parlarvi, a proposito d’informazione, di una nuova disciplina che forse pochi conoscono ma che, oltre ad essere un’incontrovertibile conferma della teoria darwiniana, ci spiega come il cibo, il calore, lo stress, il nostro stesso comportamento e l’ambiente che ci circonda, possano modificare, senza alterare la sequenza del DNA,   la struttura del nostro genoma in modo reversibile ma capace di trasmettersi da generazione in generazione  cambiando le nostre caratteristiche somatiche e persino  la nostra personalità!

Sto parlando di epigenetica, una nuova branca della genetica che sa spiegarci molti meccanismi fino ad oggi oscuri.

Intanto consideriamo che un piccolo verme formato da solo mille cellule, la planaria formata da milioni  di cellule e l’uomo formato da centinaia di migliaia di miliardi di cellule, hanno tutti e tre più o meno lo stesso numero di geni che si aggirano intorno a 20.000 unità.  Allora dovremo chiederci:”come mai c’è tanta differenza tra questi tre organismi?”  Ebbene, questo succede perché noi siamo diversi non tanto nel genoma (difficilissimo anche per gli addetti ai lavori riconoscere un genoma umano da quello di uno scimpanzé) quanto nell’epigenoma appunto. Per cominciare a capirlo pensiamo a come siano diverse nell’aspetto e nelle funzioni le cellule, per esempio, del nostro fegato, da quelle delle ossa o da quelle del cervello. Ognuna di queste cellule contiene l’intero genoma,  ma i geni che non servono allo scopo specifico per cui si sono specializzati, vengono “silenziati” e fra poco vi spiegherò come. Intanto ricordiamoci che i meccanismi epigenetici, oltre a favorire il passaggio da una cellula staminale ad una programmata  e al suo differenziamento, costituiscono la capacità di integrare i segnali che provengono dall’ambiente esterno.  Così  i nutrienti, i cicli biologici, lo stress o gli stimoli ormonali, i farmaci, i ritmi circadiani sono tutti agenti esterni che  modificano continuamente  il nostro epigenoma,  mentre il  nostro genoma è statico o subisce piccole  mutazioni lentissime nel tempo (milioni di anni). Ma quali sono i meccanismi che ci permettono di cambiare continuamente il nostro epigenoma adattandolo all’ambiente? Per capirlo cerchiamo di ricordarci com’è costituito il nostro DNA che, come sappiamo, si esprime attraverso quattro basi azotate: la guanina, la timina, l’adenina e la citosina. E proprio su quest’ultima, attraverso la mediazione di un enzima, la DNA metil transferasi, si può attaccare un gruppo metilico (CH3) che ne cambierà le caratteristiche: Insomma le basi azotate diventano, sia pure in modo reversibile, perché effettuate attraverso un enzima, cinque  e si ipotizza che possano diventare anche sei, sette o addirittura otto. Il meccanismo è molto più complesso di come ve lo sto descrivendo perché su queste basi si “poggiano” delle proteine che a loro volta possono modificare gli istoni (gruppi proteici sui quali si avvolgono le doppie eliche nel loro processo di contrazione formando i nucleosomi che preludono ai cromosomi) con un altro processo di metilazione (o acetilazione se invece del gruppo metilico si aggiunge un gruppo acetilico (CH3O).

Gli istoni metilati a loro volta possono indurre  metilazione nella doppia elica del DNA con un processo a catena che però è reversibile.  Tutto questo processo che può avvenire anche in pochi secondi, fa sì che molti geni vengano “silenziati” per modo che solo quelli che interessano un solo tipo di cellula rimangano attivi. Così le cellule possono specializzarsi e diventare cellule nervose quando rimangono attivi solo i geni che attengono alle cellule nervose o cellule epatiche se sono stati “silenziati” tutti i geni tranne quelli che attengono alle cellule epatiche  e così via.   Nelle divisioni cellulari che continuamente si susseguono nel nostro organismo, alle cellule figlie viene trasmessa l’informazione attraverso la quale,  dei ventimila geni che la compongono, solo  quelli specifici di quel tipo di cellula vengono accesi. Se il meccanismo si dovesse inceppare, tali cellule potrebbero “accendere” altri geni non perfettamente silenziati e si andrebbe incontro all’esplosione di cellule tumorali! Vi evito di descrivere tutti gli altri meccanismi (tipo gli RNA piccoli)  e le altre diavolerie di cui la Natura ( con la lettera maiuscola) si serve per esprimere la vita nelle sue miriadi di forme che esistono nel nostro  pianeta, ma vi voglio far riflettere su una peculiarità del nostro epigenoma.

Esso ci differenzia, nel corso della vita, dagli altri esseri viventi (abbiamo visto come il nostro genoma sia simile a quello delle scimmie mentre l’epigenoma si  sia notevolmente differenziato) ma  anche come questo processo sia  reversibile. Vuol dire che una cellula differenziata contiene in sé, sia pure in forma silenziata, tutte le informazioni della primitiva cellula totipotente. Insomma essa è potenzialmente una cellula staminale simile  alle cellule embrionali che tanta importanza rivestono nella pratica medica e soprattutto nella lotta contro i tumori. Dei telomeri vi ho già parlato in altre occasioni. Mi fermo qui perché credo che i non addetti ai lavori, abbiano fatto sforzi enormi per seguire già queste semplici note di genetica, ma vi faccio notare come, mano a mano che le nostre conoscenze aumentano, entriamo sempre di più nei meandri della biologia e della fisica, sbalordendoci della complessità dei meravigliosi meccanismi che regolano la vita e gli altri fenomeni naturali che ci circondano. E noi siamo stati programmati per poterli “vedere” solo in parte. Basti pensare che l’Universo che ci circonda è costituito per il 90% di materia oscura di cui non sappiamo ancora niente. Chissà quali altre meraviglie si nascondono alla nostra mente “silenziata” per evitare di farci impazzire! tale è la grandezza di un Dio  che noi laici deisti cerchiamo d’immaginare perché anche per noi cosiddetti “Non credenti” grande è il desiderio di conoscerlo, se non altro  per saziare la nostra sete di conoscenza.  Per questo non posso che dar termine a questa chiacchierata con la mia

Preghiera d’ agnostico

Ti sento, Cristo Dio nel tuo Creato,

ti sento nella vita che m’hai dato,

e nelle canne al vento, nel Tuo Sole

e guardo a Te con infinito amore.

Ma sei Gesù, sei Buddha, sei Mandè?

che dubbi per un uomo come me!

Son polvere di stelle, sono nato

come ogni altra cosa del Creato,

dallo scoppio iniziale, dal Big Bang:

Perché ti cerco? e gli altri cercan  Te?

Ti cerca il pesciolino che ho allevato

nell’acqua dolce della mia cucina?

E ti cercava il ragno che ho schiacciato?

Ti cerca la bertuccia, mia cugina?

Nel mezzo degli spazi siderali,

tra miliardi di astri e nuovi soli,

il mio pensiero scruta, s’arrovella,

mi stanno per scoppiare le cervella.

Aristarco, Platone e voi di Samo,

ora voi lo sapete chi noi siamo?

Conoscete il mistero, l’Esistenza?

Perché  nell’uomo oggi  c’è Coscienza?

Uomo scimmione, uomo troglodita,

quant’era più felice la tua vita!

Uomo di Grecia, uomo d’Afrodite,

voi ora che pensate, che ne dite?

La via lattea non è latte di Era

e siamo imprigionati in questa sfera

più del passato, molto più di prima

perché s’è fatta avanti la Regina.

La dea Ragione non ammette errori,

ne fa brandelli dei tuoi vecchi voli.

Anche Tu sulla croce sei cascato,

lei t’ha falciato, t’ha disintegrato.

Così la vita è angoscia, è un gran tormento,

però, Signore Iddio, io ancor Ti sento:

Ti sento nel profumo d’un bel fiore,

Ti sento negli abeti e nelle viole.

Ma Tu lo senti il grido, il nostro pianto?

e dì, lo senti, senti il nostro canto?

Dino Licci


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