Da quando ho smesso con la politica (la mia esperienza, anche se molto intensa, è durata in realtà poco più di una normale legislatura comunale) ho sempre meno scuse per scansare le riunioni condominiali.
Le assemblee condominiali in Italia forniscono uno spaccato davvero emblematico di ciò che siamo noi Italiani.
Esse generano una mole immensa di liti condominiali (attualmente si contano oltre due milioni di contendenti distribuiti tra centri di mediazione, giudici di pace e tribunali) e, soprattutto, sono il palcoscenico ideale per una serie di personaggi da commedia che fanno invidia ai più famosi films del grande Alberto Sordi.
Vi trovi il pallone gonfiato, convinto di conoscere le leggi che, il più delle volte interpreta le norme alla lettera, creando dei veri e propri mostri giuridici; c’è l’isterico, intrattabile e litigioso; lo sclerotico e il rimbambito (in realtà sono due stadi dello stesso genere) che non sentono e non capiscono ciò che si dibatte e fanno continuamente interventi fuorvianti e inappropriati; poi abbiamo donne: dalle perditempo, che vanno in assemblea perché stanche di parlare con il gatto o con il cane di casa, alle saccenti che, avendo seguito più serie complete di Forum e programmi TV analoghi, arrivano in assemblea con un bagaglio di fantasia, ideale per far perdere tempo e pazienza a tutti; non mancano quelle che prima si sono studiate l’avvocato nel cassetto o, ancora peggio, le risposte degli esperti condominiali sulle riviste femminili più diffuse.
Tutti, uomini e donne, sono animati da una grande vis polemica, da una sconfinata invidia e dalla convinzione di essere comunque e sempre l’ombelico del mondo, anche se la loro casa dista soltanto pochi metri dalla tua.
Non parliamo poi degli amministratori condominiali. In tribunale ne ho conosciuti alcuni, ai quali non avrei affidato neppure i soldi per comprare il latte o il pane di giornata. fortuna che la recente riforma ha imposto un diploma di scuola media superiore e l’iscrizione ad un Albo professionale, sperando così di innalzare un po’ il livello medio della categoria.
Insomma, io resto sempre un inguaribile e nostalgico paesanotto: la casa dove sono nato era una casa padronale dove il vicino più prossimo non riusciva neppure a sentire la mia chitarra elettrica quando, ahimè, troppi anni fa, cercavo di imitare Jimi Hendrix e gli altri miei idoli di Woodstock, Sanremo, Castrocaro e dintorni.