Il Conte Stefano Rivetti
L’imprenditore gentiluomo
L’esperienza giornalistica, maturata nel quindicinale l’Eco di Basilicata ha stimolato ulteriormente il mio interesse per un personaggio che in qualche modo è stato sempre presente nella memoria collettiva di Maratea oltre che nei ricordi della mia famiglia. Come dimenticare una personalità che ha trasformato la città di Maratea, risollevando poi, le sorti economiche e sociali di tutto il territorio che si snoda lungo la costa tirrenica-calabrese?
L’idea di scrivere un libro sul Conte Stefano Rivetti è nata e si è sviluppata in occasione di una serie di articoli pubblicati sul quindicinale che hanno avuto un riscontro tale da farmi intraprendere un lavoro di ricerca sull’imprenditore biellese. Mi è sembrato doveroso e utile sviluppare i primi contatti con la signora Chiara Rivetti, molto legata al paese che il padre amò tanto. Chiara Rivetti è la quarta dei sei figli, in ordine di età Silvia, Pia, Oreste, Chiara, Albertina e Guglielmo, che il Conte Stefano ebbe dalla moglie, la nobildonna fiorentina Francesca Barbò Barbiano appartenente alla famiglia dei principi di Belgioioso d’Este. Il mio incontro è avvenuto nella seicentesca e bellissima Torre Santavenere, un tempo dimora del Conte. Quante volte durante la giornata, i marateoti guardavano alla Torre, per scorgere lo sventolare della bandiera, segno che Rivetti era rientrato in paese dai suoi viaggi di lavoro e, come testimoniano in molti: “Con il Conte arrivava un’ atmosfera nuova, fresca, e tutto sembrava più bello!” La cordialità riscontrata, la positività dell’incontro mi hanno incoraggiata molto, in un lavoro che sapevo non facile ma straordinariamente entusiasmante. Da quell’approccio, ho ripercorso le tappe fondamentali dell’esperienza lucana e calabrese del Conte Stefano Rivetti. Moltissime sono state le domande che si sono addensate nella mia mente, sovrastate da quella certamente più importante : perché Maratea? perché un imprenditore di successo sceglie, agli inizi degli anni ’50, una cittadina sperduta del Sud per creare un polo industriale tessile?Indro Montanelli, il maestro dei giornalisti italiani, il 4 settembre del 1957 in un articolo sul Corriere della Sera, dal titolo “Qualcuno ha svegliato Maratea in letargo” scriveva: “Prima che un industriale del Nord, l’ing. Rivetti, venisse a restituire questi luoghi al loro naturale destino di ottava meraviglia del mondo, i quattromilanovecentosessantaquattro abitanti di Maratea vivevano come venti secoli fa, di fichi, di pomodori, di carrube, d’uva e di cacio pecorino”. Forse Maratea non era proprio come veniva descritta dal Montanelli, una certa economia era comunque presente così come presenti erano una serie di istituzioni a partire dall’ospedale, con alcuni posti letto (ben otto e per quei tempi era una grande cosa!), così come punta d’eccellenza della città era la presenza di istituti scolastici di qualità con in testa l’Istituto Magistrale presente dal 1932. Questa peculiarità della città, in un’area in grande difficoltà, incuriosì molto la stampa nazionale che, come vedremo in seguito, dedicò grande spazio a quella realtà che per il tempo era una vera e propria “anomalia”.
Dicevamo delle condizioni economiche, Maratea visse drammaticamente il fenomeno dell’emigrazione; intere famiglie furono costrette a sradicarsi da un territorio che mostrava ingenerosità e crudezza. Nel 1910 l’allora Ministro delle Finanze Francesco Saverio Nitti il quale, era solito soggiornare nei periodi di vacanza a Maratea, dedicò all’ incessante fenomeno dell’ emigrazione meridionale, un’analisi dal titolo “Inchiesta sulle condizioni dei contadini in Basilicata e Calabria”.
L’arrivo di Stefano Rivetti rappresentò per centinaia di famiglie la speranza di un futuro migliore. Lo stesso Conte, comprendendo il diffuso malessere sociale incitò gli emigrati a tornare indietro e a puntare di nuovo sulla città tirrenica.
Negli anni precedenti all’arrivo del Conte, demograficamente Maratea contava, nel 1951, una popolazione di 4836 residenti, dediti per la maggior parte all’ agricoltura e al pascolo. Il 13,3% della popolazione era costituita da giovani di età compresa tra i 14 e i 21 anni e, proprio fra questi dall’imprenditore piemontese vennero assunti apprendisti e dipendenti. Dal 1953, per Maratea, così come per Praia a Mare, iniziò una nuova stagione fatta di ottimismo e di rinnovato entusiasmo.
Un entusiasmo che sicuramente contagiò anche l’ingegnere tessile nonchè Dottore in Economia e Commercio Stefano Rivetti che, dopo aver avviato il polo tessile, iniziò ad immaginare un possibile sviluppo turistico per l’intero Golfo di Policastro. Idea ambiziosa, almeno quanto il progetto industriale. Secondo alcuni, Rivetti, nello scegliere Maratea, aveva già immaginato le due fasi del suo impegno. Qualcuno si spinge oltre, affermando che il vero obiettivo di Rivetti non era l’industria ma la realizzazione di complessi alberghieri. Certo è che, ebbe l’intuito di scommettere su un’area dalle potenzialità largamente inespresse. Rivetti, fu dunque un momento catalizzante per un rinnovato protagonismo del territorio. Il suo dinamismo si scontrò molto spesso con le lentezze e le burocrazie di un’Italia post-bellica, ancora dipendente dagli aiuti americani e del Piano Marshall. Egli riuscì ad ottenere aiuti che, si rivelarono fondamentali per la realizzazione delle sue idee imprenditoriali. La neonata Cassa per il Mezzogiorno intanto, modellò la sua presenza sul territorio trasformandosi da ente impegnato a sostenere progetti di bonifica e di grandi infrastrutturazioni, a momento di aiuto concreto per gli imprenditori coraggiosi che volevano investire nel Sud.
L’intento di questo libro è dunque, di porre l’ accento su un personaggio che ha caratterizzato notevolmente la storia di Maratea e di Praia a Mare, dal dopoguerra ai giorni nostri. Sia i sostenitori, sia quelli che si pongono contro l’azione del Rivetti, concordano sulla assoluta originalità del personaggio; anche dal lavoro di ricerca è emersa una personalità davvero straordinaria. Qualcuno ha parlato di un carattere portato al paternalismo, ma molti sono ancora a ricordare le lezioni di vita che il Conte trasmise attraverso l’ esempio, chiedendo ai propri dipendenti di migliorarsi. Davvero significativi sono una serie di gesti dalla notevole carica simbolica, come il regalare le famose “Lambrette” agli operai che si distinguevano nella produzione, o il promuovere a nuovi e più alti incarichi chi dimostrava qualità e impegno nel lavoro. Riuscì in questo modo a creare una classe dirigente del luogo, svolgendo una grande opera educativa e di sensibilizzazione.
La bellezza di essersi messi sulle “orme di Rivetti” è rappresentata dalla sorpresa continua nell’individuare filoni sempre nuovi e interessanti. Possiamo parlare di Rivetti industriale, ma potremmo parlare di Rivetti finissimo uomo di cultura, estimatore di Gabriele D’Annunzio, attento conoscitore dell’arte, appassionato di ballo, così come di Rivetti uomo dello sport, o amante del cinema, tanto da spingere i registi del tempo a trasformare la bellissima città di Maratea in un set cinematografico straordinario. La presenza di attori di fama internazionale, a cominciare da quella di Anita Ekberg, ultimamente ospite di Maratea dopo decenni di assenza, rende evidente il livello di un imprenditore che riusciva ad affermare la sua poliedricità con grande slancio in ambiti apparentemente opposti alle sue sfere di influenza.
Gli ultimi anni del Conte a Maratea, sono invece, intrisi di tristezza; la lotta politica, e le difficoltà industriali videro Stefano Rivetti quasi ripiegato ma comunque fiero e forte del suo operato. La scelta di voler riposare in eterno sul monte, ove si innalza maestosa la statua del Cristo di Maratea, è probabilmente il gesto più efficace per far intendere inequivocabilmente il suo amore sconfinato verso la città. In questa volontà c’è tutto il trasporto e l’ amore per una realtà che, gli rese onore sincero e profondo in una giornata autunnale del 1988, in cui i ricordi di tanti si unirono in una riconoscenza diffusa verso un biellese che scelse Maratea come meta delle sue ambizioni e dei suoi sogni.
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Marianna Trotta
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