Dal prossimo marzo, in sostanza, su referti e lettere di dimissione nella regione Lombardia verranno riportati i costi sostenuti dal servizio sanitario per prestazioni e degenza.
«Le risorse non sono illimitate» è la spiegazione che arriva dalla Direzione generale della Sanità «giusto che i cittadini siano responsabilizzati sul loro uso».
Dai medici, invece, arrivano commenti contrastanti. Contrari, per esempio, i medici cattolici dell’Amci: «Non si presenta il conto al paziente come se fosse al ristorante» è il parere del loro presidente, l’ematologo Giorgio Lambertenghi Deliliers «significherebbe dirgli ecco quanto ci costa la tua malattia». Dello stesso parere il presidente dell’Ordine dei medici di Milano, Roberto Carlo Rossi: «Scelta di cattivo gusto dire a un malato di tumore quanto si spende per la sua chemio. E poi, mi chiedo quanto le Asl dovranno spendere per adeguare i sistemi in modo che sulla lettera di dimissione venga indicata la spesa complessiva. Ma soprattutto, torna a galla l’idea distorta che il costo della Sanità sia colpa solo dei medici e dei malati. Perché la Regione non rende altrettanto trasparenti le spese di Asl e Ao per il personale e i servizi, gli stipendi dei dirigenti o i costi della politica?».
Tra i favorevoli, invece, il segretario regionale della Fimmg, Fiorenzo Corti. «Non ci vedo nulla di male» dice «già oggi il paziente sa quanto constano i farmaci di fascia A, perché ne legge il prezzo sulle fustelle, oppure le prestazioni diagnostiche, perché il costo è riportato sul referto. Mi sembra che sia un’iniziativa diretta soltanto a far capire ai pazienti che cosa spende l’amministrazione per la loro salute».