Scrivo perché non so aspettare.
Scrivo come vittima apparentemente inerme dell'impazienza.
Scrivo nell'illusione che scrivere mi conceda il tempo e la concentrazione necessarie per capire come fare. Capire come fronteggiare quest'impazienza che mi assale.
Ci vorrebbe un'intuizione.
Sarebbe solo un'illusione.
...la mia amata finzione.
Le sorgenti a cui attinge la mia impazienza sono ignote. I palliativi a cui ricorro...di breve durata.
Cerco di distrarmi per non pensare, ma le distrazioni che mi creo spazzano via quel po' di spirito produttivo ancora intatto.
Allora ricorro all'unica passeggera e dolce soluzione. Chiudo gli occhi e lascio per ore la mia mente a vagare, libera dai limiti che uso imporle.
Sarà per questo che a volte lo chiamano "sonno ristoratore". Almeno quando al mattino non ci si ritrova dinanzi agli occhi l'immagine degli irrealistici sogni del subconscio...
Magazine Talenti
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