Il contratto di apprendistato e la stabilizzazione dei lavoratori

Creato il 24 marzo 2014 da Propostalavoro @propostalavoro

Si parla tanto, ultimamente, del contratto di apprendistato. Le linee di indirizzo date dall’Europa in materia di lavoro sembrano privilegiare questa forma contrattuale che, insieme ai tirocini formativi, vengono considerate le due risorse utili per l'abbattimento della disoccupazione giovanile. La Riforma Fornero ha dato ampio spazio a questa tipologia definendolo un "contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato all’occupazione dei giovani”.  Anche il Jobs Act di Renzi sembra privilegiare questa forma contrattuale provando a deregolamentare l’eccesso di norme che questo tipo di contratto ha ereditato proprio dalla Riforma Fornero. Ma vediamo nel dettaglio cos’è e a chi si rivolge il contratto di apprendistato. Il Testo Unico (D.lgs 167/2011)

contempla tre tipi di contratti di apprendistato: quello per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, quello professionalizzante o di mestiere e infine quello di alta formazione e ricerca.

  • Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale (art.3 Testo Unico). Possono essere assunti con contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, in tutti i settori di attività e anche per l'assolvimento dell'obbligo scolastico, i soggetti della fascia d’età compresa tra i 15 e i 25 anni. La regolamentazione dei profili normativi di questa tipologia di apprendistato è demandata alle Regioni previo accordo in Conferenza permanente tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, sentite le associazioni dei datori di lavoro secondo i seguenti criteri:
    1. definizione della qualifica o diploma professionale;
    2. previsione di un monte ore di formazione;
    3. rinvio ai contratti collettivi di lavoro delle modalità di erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli standard generali fissati dalle Regioni.
  • Apprendistato professionalizzante o contratti di mestiere (art.4 Testo Unico). E’ finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali. Possono essere assunti i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Per chi è in possesso di una qualifica professionale il contratto può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. Alla formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche in funzione del profilo professionale stabilito, si affianca l’acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte ore complessivo di 120 ore di formazione per la durata del triennio. Le Regioni e le associazioni di categoria dei datori di lavoro possono definire, nell'ambito della bilateralità, le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere;
  • Apprendistato di alta formazione e di ricerca (art.5 Testo Unico). Possono essere assunti in tutti i settori di attività i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni. La finalità è il conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore, di titoli di studio universitari e dell'alta formazione, compresi i dottorati di ricerca. Questa tipologia può essere utilizzata anche per la specializzazione tecnica superiore, per il praticantato per l'accesso alle professioni che hanno un ordine professionale o per esperienze professionali. La regolamentazione e la durata del periodo di apprendistato di alta formazione sono stabilite dalle Regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni dei datori di lavoro più rappresentative, le Università, gli Istituti tecnici. In assenza di regolamentazioni regionali l'attivazione dell'apprendistato è rimessa ad apposite convenzioni stipulate tra i datori di lavoro e le istituzioni formative.

Dunque la regolamentazione e la durata del periodo di Apprendistato e della formazione sono rimesse alle Regioni, in accordo con le parti sociali e una serie di altri organi istituzionali tra cui le università e le altre istituzioni scolastiche.

Con il Jobs Act cade il divieto introdotto dalla Riforma Fornero di non assumere nuovi apprendisti se non sono stati confermati almeno il 30 per cento dei precedenti e cade anche l’obbligatorietà, per il datore di lavoro di garantire all’apprendista la frequenza di corsi regionali, se ci sono, o di organizzarglieli ad hoc. Queste misure introdotte con l’attuale governo sono state pesantemente criticate poiché considerate una sorta di incentivo alla precarietà. Ma se consideriamo i dati sull’occupazione vediamo che la Riforma prodotta dalla Fornero (che invece si muoveva dal presupposto opposto di “usare” questa tipologia contrattuale per stabilizzare gli apprendisti) non ha prodotto affatto i risultati sperati, anzi la disoccupazione è cresciuta in maniera esponenziale proprio per la fascia di età che avrebbe dovuto beneficiare del contratto di apprendistato. Da ciò forse si dovrebbe dedurre che la stabilizzazione dei precari non passa per l’imposizione attraverso le norme, troppe norme potrebbero infatti scoraggiare l’utilizzo di certe forme contrattuali. Dunque non è detto che meno norme significhi necessariamente più precariato.

Infine un’ultima cosa, un’azienda seria parte dal presupposto che formare un giovane sia una risorsa e un investimento, di conseguenza dovrebbe convenire all’azienda tenerselo piuttosto che rimandarlo a casa e prenderne uno nuovo. Forse il focus della discussione dovrebbe essere questo piuttosto che insistere a priori sul precariato. L’assunzione non può essere una cosa calata dall’alto decontestualizzata dalla realtà di un’azienda e di un determinato settore produttivo, ma un contratto che deve garantire diritti e doveri tra due entità: lavoratore e datore di lavoro.

Alessia Gervasi


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