Ho conosciuto Susanne Gawlyta durante un evento sportivo: i Campionati Mondiali di Sci a Bormio. Abbiamo poi avuto occasione di lavorare insieme in altre occasioni. Lei si occupava di marketing nella federazione internazionale di sci io seguivo la coppa del mondo di sci. Ci siamo trovate sempre bene nel condividere l’esperienza della costruzione degli eventi, al punto che l’ho arruolata nella squadra della Coppa del Mondo in Val Gardena per la funzione di Guest Management. Il suo curriculum però va ben oltre lo sport, anzi direi che Susanne è decisamente una persona eclettica. Si potrebbe dire che tutto è iniziato a Hannover, nel 2000, dove Susanne si occupava di Promozione e Ticketing per l’Expo 2000.
Poiché l’Italia ospiterà questo mega evento nel 2015 a Milano e il tema in queste ultime settimane pare essere finalmente oltremodo attuale, mi è sembrata la persona giusta da ospitare in questo blog per due chiacchiere, sulla sua esperienza e le sue visioni in vista dell’Expo italiano. Susanne vive a Milano e ha inaugurato da poco un blog che mette proprio a confronto i due Expo.
Hannover, Expo 2000: la vendita al grande pubblico
Di cosa ti occupavi a Hannover?
Lavoravo nel settore Promozione e Comunicazione Ticketing. Ci ho lavorato circa per un anno e mezzo e gestivo un budget notevole, destinato solo a questa funzione. Diciamo che c’erano parecchio zeri di usare!
E come li hai spesi questi soldi?
È stato un lavoro intenso e un vero work in progress. La vendita era impostata prevalentemente sui call center e a un anno dall’inizio ci siamo resi conto che non bastava. Era necessario orientarsi verso una strategia più turistica, offrendo pacchetti vacanza legati all’Expo. Abbiamo contattato tour operators e agenzie di viaggi in pullman. Il budget del marketing è stato in grossa parte deviato sul ticketing, proprio per consentire un intervento solido su nuovi canali di vendita, diversificati tra loro.
Abbiamo strategicamente istruito le agenzie viaggi, formato gli operatori, offerto loro una montagna d’informazioni affinché fossero in grado di vendere. Non solo, anche la motivazione dei sales manager è stata presa in seria considerazione. Ad esempio abbiamo messo a punto incentivi per i venditori e riconoscimenti pubblici. Ci siamo poi diretti su fiere e road show allestendo gli spazi, con totem e banners. Molto efficace è stata la pubblicità sui pullman dell’agenzie di viaggi che richiamavano il senso del viaggio collegandolo al viaggio Expo.
Olimpiadi e Expo: lo spettatore fa la differenza
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Noi abbiamo condiviso molti eventi sportivi. Che cosa hanno in comune questi eventi con l’Expo?
Se penso alle Olimpiadi, cioè a un mega evento globale, hanno moltissimo in comune. L’evento è messo in scena con un obiettivo sostanzialmente condiviso: costruire nuove infrastrutture. Inoltre, entrambi accolgono nazioni più piccole, che generalmente hanno poche possibilità di mostrarsi al mondo. Non posso dimenticare, ad esempio, le gare di sci alle Olimpiadi di Torino, con atleti decisamente esotici. I due eventi condividono anche il ruolo e l’importanza dei volontari, che sono necessari in entrambi.
E quali sono le differenze tra sport e Expo?
Completamente diversi sono gli spettatori. In un evento sportivo lo spettatore sa esattamente come muoversi: ci sono uno stadio, un campo di gara, una tribuna, un chiosco, uno shop. Tutto è ben definito e conosciuto. E le emozioni sono naturalmente offerte dallo sport. Si va li per seguire una squadra o un campione. All’Expo invece lo spettatore va preso per mano e accompagnato dentro una sorta di mondo in miniatura, paese per paese. Ogni nazione deve aiutarlo a vivere un’esperienza unica, che rispecchi sé stessa. Molti detrattori dell’Expo dicono che in fondo è solo una fiera. Secondo me non è così. L’Expo è il giro del mondo in un giorno.
Un’altra differenza legata al pubblico, è che all’Expo non si assiste al tormentone degli “empty seats”: le tribune vuote che a ogni evento, regolarmente, sono schiaffate sui giornali come sinonimo di fallimento. È un tormentone ordinario, per la verità, che si ripete a ogni Olimpiade e poi fortunatamente si sgonfia.
All’Expo non ci sono tribune e dunque l’eventuale bassa affluenza non si nota. È tuttavia curioso, che il vuoto degli “empty seats” iniziale appartiene anche a questo evento. Durando però di più e basando prevalentemente il suo successo sul passaparola, riesce poi in fase di esecuzione a richiamare sempre più pubblico. Gli stessi media all’inizio sembrano distratti e poi se ne innamorano. È accaduto a Hannover, accadde a Shangai e capiterà anche a Milano.
Expo: esperienza glocal, tribù e conoscenza
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Chi è il visitatore dell’Expo?
Generalmente è locale, nemmeno nazionale. Saranno soprattutto i milanesi, i lombardi e poi a sfumare, gli abitanti del nord dell’Italia a visitare Milano. È sintomatico che a Hannover i biglietti più venduti erano quelli serali, per gli eventi. Era la gente del posto che la sera ci andava. Anzi, in città era nato un nuovo linguaggio, un vero codice che univa le persone: “Che si fa sta sera?”, ci si chiedeva. Le risposte offrivano sempre viaggi esclusivi: “Propongo di andare a prendere un aperitivo con salsiccia di canguro in Australia, magari ci mangiamo due momos in Nepal e poi andiamo a berci il caffè in Colombia e dietro l’angolo, in Messico, ci possiamo godere la musica dal vivo.”
Parlavamo tutti così. Come se davvero il mondo fosse stato a due passi da casa e noi tutti eravamo delle tribù un po’ magiche che saltavano da un continente all’altro.
Ma se il pubblico è soprattutto locale, allora, oltre alle infrastrutture che possono rimodernare una città, qual è lo scopo? A cosa serve un Expo?
Io credo davvero che nel suo far viaggiare le persone pur stando a casa, l’Expo offra un’apertura al mondo. Non si tratta di vivere semplicemente del folclore da tre soldi. I contenuti sono tali, che l’esperienza è prima di tutto culturale. È un modo per conoscere mondi, lingue, cibi, ma anche espressioni artistiche e culturali, appunto, e modi di vita diversi. Credo che, pur essendo Milano una città già internazionale, l’esperienza Expo non potrà che portare arricchimento, nel senso proprio di conoscenza.
Tedeschi e Italiani: il mix perfetto
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Ora una domanda provocatoria. Voi tedeschi siete visti da noi italiani con un misto di ammirazione per la vostra precisione, ma anche di diffidenza, per un eccesso di precisione. Qual è la tua esperienza, visto che da parecchi anni ormai lavori in Italia?
È vero, noi pianifichiamo molto e voi un po’ meno.
Credo che in Italia la pianificazione non piaccia molto, perché in fondo si pensa che in ogni caso poi le cose cambiano e tutto il lavoro è stato fatto per nulla. Tanto vale essere pronti a gestire le emergenze. A improvvisare.
Il tedesco invece, nel pianificare sempre e tanto, si perde poi, perché dimentica cose, e non è più capace di reagire rapidamente, perché appunto manca la pianificazione di quella cosa mancante. Mi è capitato a un evento in Germania di vivere il panico di alcuni colleghi perché non avevano pensato alle toilette.
Il punto è: se non pianifichi, cosa comunichi? Se non sai quanto costeranno i biglietti, come raggiungere le zone, dove pernottare, dove mangiare, cosa dirai al potenziale sponsor o allo spettatore? Credo che in fondo sia proprio diversa la concezione di marketing. Per i tedeschi marketing vuol dire anticipare le esigenze del mercato. Per gli italiani significa vendere e comunicare. Come sempre la cosa migliore sarebbe stare a metà. Pianificare ed essere flessibili. Mettersi nei panni degli altri e sapersi adattare di volta in volta ai cambiamenti. Un esempio rappresentativo capitò a Hannover: il Giappone aveva intenzione di allestire un padiglione intero di cartone, ma questo tipo di materiale edile non era previsto dal TÜV (certificazione di sicurezza). La flessibilità in questo caso, o la capacità di intervenire in tempi brevi, è fondamentale.
EXPOfeed: il convivio intorno a un blog
Starei ad ascoltare le tue storie per ore. Per fortuna so che hai un blog, EXPOfeed … che intenzioni hai? Vuoi continuare a raccontarci i due mondi intorno all’Expo?
L’idea mi è nata perché per me l’Expo è stata un’esperienza straordinaria e vivendo a Milano, una città che si sta preparando al 2015, è come se risentissi quelle emozioni. Immagino ci saranno tanti giovani che saranno impegnanti e allora non mi dispiace pensare di poter offrire qualche link, qualche idea, qualche spunto di riflessione a questi giovani che per la prima volta si confronteranno con un evento globale nella loro città. Potrei metterla così: a Milano il tema sarà il cibo, e voi italiani amate tanto stare a tavola e chiacchierare e ascoltare storie. Ecco, il mio blog è un po’ questo: un desco, un convivio in cui racconto storie. Storie di tedeschi. Storie d’italiani, visti da una tedesca. Ma soprattutto: storie di Expo.