Stamattina mi sono svegliato ricevendo da Facebook diversi spunti di riflessione sul mondo del giornalismo e sui giornali online. L'argomento è talmente noioso che consiglierei anche al mio cervello di pensare ad altro, magari a qualcosa di più utile e costruttivo del sesso degli angeli.
Però c'è un punto che proprio non mi va giù, tanto che dopo dieci minuti che mi sono alzato ho pensato che fosse il momento di riprendere in mano il mio blog, e urlare al mondo (praticamente è come se lo facessi da un canotto in mezzo all'oceano, ma vabbè) quanto non sono d'accordo con lo scopiazzamento generale che si vede in Rete.
Ci siamo evoluti dalle scimmie, e le scimmie copiano, ma non per questo dobbiamo trasformare Internet nella peggiore aula di scuola piena di maestri copiatori. Amo i link, amo la condivisione e lo sharing, Facebook e Twitter sono strumenti formidabili per aggregare contenuti e la Rete offre la fantastica opportunità di mostrare agli altri qualcosa che ci sembra significativo con un semplice Ctrl+C / Ctrl+V di un indirizzo web.
Se vado al Louvre e fotografo la Gioconda, non è che poi vado a dire in giro che la Gioconda è mia. Già se vado a prendere la Gioconda e ci metto i baffi, se permettete, non è che questo mi autorizza a dire che la Gioconda con i baffi è mia. Se proprio i baffi sono miei, ma il resto no. Allo stesso modo, se prendo una cosa che trovo in Rete, la copio-incollo e ci faccio due modifiche, non è che poi posso dire che è mia come se niente fosse. Mio. Mio. Mio. Tutto mio.
Chiamerei questo fenomeno la sineddoche della Rete. Ne faccio una (piccola) parte, in resto lo copio in giro, e mi prendo il merito di tutto. Forse la nostra ambizione di emergere ci porta a fare personal-branding al punto da ignorare bellamente i diritti altrui.
Ma poi esiste il Copyright. Che, se qualcuno arrivasse ora da Marte e non fosse aggiornato, non è il diritto di copiare. Semmai proprio il contrario. Questo totale menefreghismo nei confronti della proprietà intellettuale delle opere dell'ingegno umano mi fa rabbrividire. Hanno fatto un bel film? Lo scarico. C'è un bel libro? Prendo la versione digitale pirata. All'università mi serve un libro di testo? Lo fotocopio. E fin qui, a parte il sacrosanto diritto di chi ha prodotto l'opera di ricevere un compenso, almeno non mi fregio di cose non mie. Ma poi arriva il genio della rete: trovo un bell'articolo interessante? Lo prendo, lo rimescolo un po', cambio alcune cose in modo da renderlo irriconoscibile come quando gli studenti fanno le relazioni copiandole da Wikipedia o le tesi copiandole dai colleghi, e poi lo ripubblico. E lo firmo! Io! Capisci? Se voi capite, io no.