Il coraggio di osare
Creato il 29 agosto 2012 da Narratore
@Narratore74
In questi giorni ho
avuto modo di leggere alcuni post in merito al famoso sogno italiano, quello
fatto di un lavoro sicuro, di una casa in cui tornare dopo una dura giornata
lavorativa e della pensione da ritirare quando ormai si era faticato
abbastanza.
Bene, condivido il
disappunto, la scarsa voglia di uniformarsi a questo sistema, anche se io per
primo in questo sistema ci sono vissuto.
Mio padre muratore
in una grossa ditta, poi fallita. Mia madre casalinga, che praticava qualche
lavoretto per arrotondare. La domenica il vestito della festa e a Natale a
pranzo dai parenti.
Cosa c'era di male?
Beh, vista così,
nulla. Lavoro fisso è sinonimo di stabilità, di possibilità di progettare un
futuro su delle basi che paiono durature. Quindi ben venga il posto fisso. E poi, ricordiamo che questo sitema è nato come nuova opportunità, quando di speranze ce n'erano ben poche. Si è lottato per raggiungere questo, a volte duramente, e quindi credo non sia giusto dargli addosso a priori. Non metto in dubbio che sia un meccanismo vecchio, stantio, però...
Peccato che qualcosa
non mi torni…
Certo, in questo
mondo fatto di precariato, di disoccupati e gente che studia per ottenere
sempre più, l'utopia di una stabilità è tutta da stabilire. E poi subentra
altro, un lato morale e psicologico mica da poco.
L'apatia,
l'abbandono delle passioni e del proprio IO.
Già, perché
accettare il sistema vuol dire uniformarsi, significa lasciare andare i propri
sogni e abbracciare quelli di qualcun altro. E questo non fa bene all'animo.
Quindi?
Bisogna avere
coraggio? Bisogna tentare di seguire i propri sogni e farli avverare? O
perlomeno fallire tentando?
Ecco, su questo non
riesco ad avere un'opinione perfettamente chiara.
È vero, tentare è
giusto, se si può… non tutti hanno i mezzi per farlo, non tutti possono
permettersi di lasciare quella stabilità per… per cosa? Un futuro incerto? Un
sentiero impervio e difficile? Ok, la riuscita porterebbe ad esaudire un nostro
sogno, una parte del nostro ego che non deve venire soppressa. Ma a che prezzo?
Certo, il coraggio
di chi ci prova è ammirevole, lodevole sotto certi aspetti. Ma questo non può
valere per tutti…
Esistono persone che
questo salto non lo fanno, e non per mancanza di coraggio, ma proprio perché
sanno di non potersi permettere di cadere. È triste fare il solito discorso del
portare a casa il pane, e per certi versi pure riduttivo e inesatto, ma non
esiste solo quello come problema…
Molti parlano di
andare all'estero, di crearsi il proprio destino grazie al fiorire di nuovi
mercati e nuove opportunità. E chi non conosce le lingue? Chi si trovasse in un
paese straniero, con regole straniere, senza possibilità di farsi capire se non
a gesti, come se la caverebbe? E poi bisogna sempre considerare quel minimo di
investimento che si fa, anche fosse solo il biglietto aereo…
Ma anche in Italia
le cose non andrebbero tanto meglio…
Prestiti sempre più
ridotti e con tassi d'interesse che soffocano invece di aiutare. Concorrenza
spietata, che se non sei uno squalo ma ti accontenti di sguazzare nel tuo
piccolo laghetto, sarai sempre relegato al minimo della categoria. Sono molti
gli aspetti in contraddizione, molti e complicati, al punto che non me la sento
di giudicare, di puntare il dito verso chi, questa scelta, non si sente di
farla.
Questo però mi porta
a muovere una critica…
Così come io non
condanno ne premio le scelte altrui, lo stesso dovrebbe avvenire anche per gli
altri. Insomma, non è possibile venire additati solo perché non si accetta il
sistema e si cerca un modo per evitarlo. Il futuro è quello che ci costruiamo,
non quello dettato da altri, quindi la parola d'ordine è "rispetto".
Rispetto per le
scelte altrui, per il coraggio, e anche per il fallimento. Perché ricordate,
chi ha tentato e ha fallito non ha sbagliato, ha solo cercato un modo per
esaudire i propri sogni.
O si tratta di
invidia?...
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