Esiste un universo nel quale consapevolmente (noi uomini) navighiamo e del quale però conosciamo ancora poco; è un mondo fatto di sfumature, a volte impercettibili, ma anche di contrasti forti e decisi.
E’ il mondo delle nostre compagne, mogli, sorelle, amiche, in cui spesso con lenta navigazione in beata incoscienza, ci adagiamo.
Un’occasione per apprendere qualcosa di più su questo emisfero, mi è stata data dalla lettura del libro di Silvia Verzi, “il mio frammento di DNA”.
La mia curiosità però si è spinta oltre alla lettura del libro, è andata di là del semplice piacere del racconto, il mio desiderio di sapere si è inoltrato oltre alle parole scritte su carta.
…così ne è nata un’intervista; ho posto all’autrice del libro delle semplici domande, ma senza studiarci molto sopra e senza preparazione alcuna.
Ne è uscita a mio modesto parere un’immagine pulita, parole quiete di speranza nel futuro, ne è scaturita la gioia per la vita e un insegnamento che è la stessa Silvia a trasmetterlo attraverso il suo racconto.
L’intervista:
Cosa spinge una giovane madre e moglie a confessarsi così pubblicamente; a raccontare e raccontarsi con una dovizia di particolari, che forse oggi non si cercherebbe più.
Ho iniziato a scrivere “Il mio frammento di DNA” in un momento piuttosto grigio della mia vita, i sogni, le speranze, i progetti non avevano più posto nel mio cuore ormai colmo di delusione e amarezza. Ero preoccupata per i miei bambini, per la mia vita matrimoniale, per il giudizio della gente e lavorare alle pagine di un libro immaginario mi ha concesso un po’ di tempo per prendermi cura di me, tirando finalmente fuori tutte le emozioni che per lungo tempo avevo tenuto nascoste. Mi sono raccontata a cuore aperto, come se stessi chiacchierando con un’amica, con la speranza di riuscire a convincere me stessa che forse quell’orribile sensazione di sentirmi “indegna” non era poi così giustificata. Scrivere questo romanzo, mi ha costretta ad analizzare a fondo alcuni aspetti della mia vita, il perché di alcuni atteggiamenti e soprattutto mi ha aiutata a ricominciare, senza paure e con un cuore di nuovo aperto alla speranza.
Nel libro oltre al rapporto conflittuale con la madre, c’è anche quello con gli uomini; cosa ne hai ricavato da entrambi?
Non ho mai ritenuto di avere un rapporto conflittuale con gli uomini tuttavia mi sono posta lo stesso interrogativo qualche tempo fa e forse è esattamente ciò che traspare dai miei racconti. L’immagine maschile che mi si è presentata durante l’infanzia non è stata sicuramente positiva, mio padre non c’era e, per quanto mi è stato riferito, non è stato esattamente il marito ideale. Mia madre, a sua volta, mi ha sempre descritto gli uomini come “mantenuti e opportunisti”, dunque è possibile che io abbia sviluppato una sorta di “disprezzo” per il genere maschile del quale tuttavia non mi sono mai resa conto. La mia esperienza personale, però, mi ha insegnato che esistono uomini capaci di grandi sentimenti, di grandi dimostrazioni di umanità e in mio marito ho trovato la riprova più lampante. Ciò che ho ricavato dal rapporto conflittuale con mia madre è una consapevolezza: voglio che i miei figli crescano liberi; liberi di scegliere, di sbagliare, liberi di ritentare oppure di cambiare strada. Voglio essere per loro un punto fermo su cui fare affidamento a prescindere da ciò che decideranno di diventare.
Cosa ti manca e cosa ti aspetti ancora, per poterti dire realizzata?
Sono parecchi ancora i sogni nel cassetto: mi piacerebbe comprare un bel camper e trascorre tanti fine settimana in giro per l’Italia con la mia famiglia; vorrei avere un grande giardino dove coltivare delle rose, alberi da frutto e poter giocare sull’erba con i miei bambini e mio marito; mi riempirebbe il cuore di gioia vedere il mio libro sugli scaffali dei supermercati… Ma per essere felice non mi manca niente! Questo è il grande dono che mi ha fatto “Il mio frammento di DNA”: ho imparato a vivere la vita, giorno per giorno, con entusiasmo e fiducia che tutto andrà bene.
Hai mai rimpianto il fatto di non essere nata uomo, e se si perché?
Direi di no, vesto bene i miei panni da donna, credo che, sebbene in alcune situazioni gli uomini abbiano maggiori vantaggi e, se me lo concedi, mi riferisco soprattutto alle questioni domestiche, ritengo che essere donna sia un grande privilegio: la sensibilità, l’empatia, quella giusta dose di strategica diplomazia sono caratteristiche alle quali mi dispiacerebbe rinunciare, senza nulla togliere agli uomini chiaramente!
Il Mio frammento di DNA, è il tuo libro di esordio, scriverai ancora?
Spero proprio di sì! Ho già qualche progetto e una bozza avviata.
Mi piacerebbe raccontare storie di vita reale e concedere voce a quelle esistenze che potrebbero rivelarsi di sostegno ad altre persone.
Prima che il mio romanzo diventasse effettivamente un libro, una persona che aveva avuto modo di leggere il manoscritto mi ha chiesto: Ti dispiace se questo lo tengo? Mi sarà di grande aiuto nei momenti di sconforto! Questo è ciò che mi piacerebbe ottenere dai miei racconti.
Cosa sono per te la scrittura e la lettura? C’è forse qualcosa o qualcuno che ha influenzato il tuo modo di raccontare?
Ho sempre scritto tanto! Ricordo che a scuola, fin dalle elementari, sfruttando la fiduciosa pazienza degli insegnanti, godevo di un paio di ore in più rispetto a quelle dei miei compagni. Sono timida e verbalmente ho difficoltà a esprimere i miei sentimenti ma quando scrivo, cambia tutto, mi sento a mio agio, affido alla carta i miei sogni, le mie passioni e riesco ad essere autentica. Leggere mi piace moltissimo, il modo in cui la mente riesce a formulare le immagini di ciò che percepisce tra le righe mi ha sempre affascinata, tuttavia sono una “giovane lettrice”, nel senso che da ragazza non leggevo affatto; è stato mio marito a indirizzarmi alla lettura. Ricordo che durante uno dei nostri primissimi appuntamenti lui è entrato in una libreria per acquistare un libro così io, che morivo dalla voglia di capire cosa leggeva, qualche giorno dopo sono andata a comprarlo. Era “L’Isola del Tonal” di Castaneda, lettura molto complessa per un’esordiente lettrice come me! Ho fatto una fatica incredibile a portarlo a termine!! Poi però, per il mio compleanno, mi ha regalato ’”L’Azteco” di Gary Jennings, quando ho visto quel mattoncino tutto scritto fitto fitto mi è mancato il fiato per un po’, ma quando ho terminato di leggerlo ero innamorata pazza di quell’autore, ho acquistato tutti i suoi libri e divorati uno per uno.
Così è nato il mio amore per la lettura. Per ciò che riguarda il mio modo di raccontare credo rispecchi un po’ me stessa, la semplicità, l’ironia e la voglia di sdrammatizzare fanno parte del mio carattere e in qualche modo forse anche del “mio stile”.
Puoi riassumere il bilancio della tua vita sino ad ora?
Mi ritengo una persona fortunata, sì, è vero, forse non ho avuto un’infanzia proprio spensierata ma io non l’ho vissuta male o forse non me ne ricordo! In ogni caso sono sempre stata circondata da persone che mi hanno voluto bene, a cominciare dalle mie tante “mamme”, le mie suorine del collegio, i miei insegnanti, i datori di lavoro e ancora il mio dolce marito; tutte queste persone mi hanno fatta sentire una persona di valore, apprezzata e soprattutto amata. Ci sono stati alcuni momenti spiacevoli ma sono convinta che le esperienze negative mi abbiano aiutata a diventare grande e che senza di esse non sarei la persona che sono oggi dunque, voltandomi indietro, rivolgo ad esse un sorriso, le benedico e le ringrazio.
L’ultima domanda la lascio a te…C’è una domanda che vorresti ti fosse posta?
La domanda che gradirei mi fosse posta è più o meno questa: “C’è un messaggio nascosto tra le pagine del tuo racconto?” La risposta è: “Sicuramente sì!”. I messaggi che mi piacerebbe fossero recepiti dal lettore sono due: – il primo è rivolto alle mamme e ai genitori in generale, vuole essere un appello a prestare moltissima attenzione al modo in cui affrontiamo le situazioni alla presenza dei nostri bambini; abbiamo la tendenza a credere che i nostri figli non vedano, non sentano e non percepiscano nulla di ciò che li circonda e intanto loro, dall’alto della loro innocenza e purezza, silenziosamente, formano il proprio punto di vista, le proprie credenze.
A noi genitori spetta il compito di rassicurarli, di incoraggiarli, di instillare nel loro DNA quella sicurezza e quella fiducia in se stessi e nella vita che farà la differenza quando poi dovranno camminare da soli.
Il secondo messaggio è un inno alla vita, uno stimolo a non prenderla troppo sul serio e, seppur rischiando di cadere nella retorica, un invito a vivere davvero giorno per giorno, concentrando l’attenzione su ciò che abbiamo piuttosto che su quello che ci manca. Le situazioni si risolvono da sole, nel modo migliore, nel momento in cui smettiamo di appesantirle con le nostre paure, le nostre preoccupazioni, i nostri dubbi. Dobbiamo assolutamente imparare che ogni giorno è un giorno nuovo e in questo, l’ho già sostenuto nel libro ma ci tengo a ripeterlo, i bambini ci offrono quotidianamente un esemplare modello di vita: il loro entusiasmo per le novità, il loro vivere il momento presente, la loro voglia di trasformare tutto in un gioco è quanto di più prezioso possiamo apprendere.
Grazie Silvia.
Noi siamo fogli bianchi e non dobbiamo avere timore di essere macchiati dall’inchiostro della vita, perché solo scrivendo di noi stessi potremo dire “sì”, abbiamo vissuto.
Roberto Vassallo