Una scena dell'omonimo film di Damiano Damiani
Il giorno della civetta è la storia di un “duello”: quello tra il capitano Bellodi e il capomafia Mariano Arena. È la storia di una Mafia agricola, non ancora urbanizzata, che però non è poi così distante da quella di oggi. Ma tutta la storia è soprattutto una metafora, quella della ragione che si pone alla ricerca di una verità pesante e scomoda, tra politici e complici, comparse macchiettistiche e collusi con la Mafia, che per paura, vigliaccheria o menefreghismo si rifiutano di testimoniare.Leonardo Sciascia s’ispirò ad un episodio realmente accaduto: il delitto di Accursio Miraglia, un sindacalista ucciso dalla mafia nel gennaio del 1947. Anche Bellodi è ricalcato su un carabiniere realmente vissuto di nome Renato Candida che, avendo capito troppe cose , prontamente venne trasferito in Piemonte dopo aver pubblicato uno dei primi libri su Cosa Nostra. La Sicilia e la presenza soffocante della Mafia sono, per Sciascia, immagini esemplari della realtà italiana e il capitano dei carabinieri venuto dal Nord, costretto a scontrarsi con la burocrazia e le falsificazioni, rappresenta la giustizia che finirà per soccombere, vittima in minoranza di una società collusa e corrotta fino al midollo.
Sciascia mette tali parole in bocca al Bellodi e viene da chiedersi quanto queste suonino attuali al nostro orecchio. Eppure siamo nel 1961, la mafia non aveva ancora avuto quell’escalation disastrosa legata a droga, finanziamenti importanti, riciclaggio e traffico d’altro tipo. Puntare sul capitale e fare dimostrare all’indagato da dove proviene il denaro è cosa più fruttuosa che indagare su un omicidio e, seppur complicata, porterebbe alla luce tanto di quel marcio che soffoca la società.
È in questo libro che troviamo la frase passata alla storia: "Ci sono Uomini, mezzi uomini, ominicchi, piglianc..., quaquaraquà..." che è la cosiddetta filosofia di Don Mariano esposta in massima lapidaria a Bellodi. Nel film di Damiano Damiani quel “piglianc…” è diventato “ruffiani” per non incorrere nella censura sempre in agguato ma, in entrambe le versioni, quelle parole sono diventate un classico.
Bellodi è un Uomo, Sciascia con lui e gli uomini sono merce rara al giorno d’oggi come allora. In un mondo in cui i quaqquaraquà “Che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre” sono il prodotto standard della società, il coraggio, quello che manca già ai mezzi uomini, il coraggio di non abbassare ossequiosi la testa davanti al potente, rappresenta il punto da cui ripartire.
Articolo originale di Sentieri letterari. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore. I contenuti sono distribuiti sotto licenza Creative Commons.