V. Feltri-R. Farina, a cura di, Il Corano letto da Vittorio Feltri, Introduzione, traduzione e commento di Cherubino Guzzetti, elle di ci, s.l. s.d.
Finalmente sono riuscita a procurarmelo. 426 pagine con copertina rigida, carta patinata, un peso. E, in copertina, il curatore nell’atto di leggere il testo con la mano destra appoggiata sulla fronte, molto concentrato.
Ero curiosa. Dal titolo mi aspettavo una lettura, appunto, di Feltri. In realtà è semplicemente una pubblicità alla traduzione di Guzzetti, nel senso che questa è la traduzione del Corano che Feltri legge. È vero, ogni tanto egli interviene con alcune considerazioni, del tipo di quelle che potrebbe fare chiunque direi, chiunque non abbia la men che minima di idea del tipo di testo che sta leggendo, ma non deve darsi molto da fare, perché Guzzetti ha già pensato a impostare in un certo modo le cose e Feltri non fa altro che ribadirle con un linguaggio più esplicito.
Se dovessi definire Guzzetti con uno slogan, sceglierei “Io esiste”, riprendendolo dalla pubblicità di una rivista dedicata agli “uomini” di qualche tempo fa. Un Ego non da poco. In un intervento pubblicato (Il Corano, traduzioni, traduttori e lettori in Italia, ITL, Milano 2000, p. 184) Guzzetti afferma, parlando della sua traduzione: “Tutto sommato, con il mio intervento, avrei fatto pubblicità a un libro che è mio solo in parte. Mia, infatti, è la traduzione italiana del Corano; miei sono anche Introduzione, Commento, Glossario, Indice analitico; non è mia, però, la componente essenziale del libro, cioè il contenuto” (sic!)
Bene, vediamo come imposta la traduzione del Corano: all’interno delle sùra pone dei titoletti, ovviamente non presenti nel testo originale, come nella Bibbia; anche la numerazione dei versetti è esattamente come quella delle versioni della Bibbia; i commenti sono pieni di riferimenti ai Libri della Bibbia. Insomma, anche formalmente sembra di avere in mano una versione della Bibbia. Del resto è evidente dall’introduzione e dal commento, che Guzzetti considera il Corano come una copia delle rivelazioni precedenti, tanto da affermare:
“Probabilmente la verità è legata alla nozione di “inconscio”. È noto infatti che vi sono persone che credono sinceramente di ricevere messaggi uditivi, visivi o intellettivi dall’aldilà; la loro sincerità però non impedisce che tali messaggi provengano in realtà dal loro inconscio. Allo stesso modo, Maometto poteva essere convinto d’aver visto e sentito gli esseri soprannaturali che gli erano stati descritti da ebrei e cristiani” (p. 17 edizione del Corano qui recensita).
Come a dire che in realtà Muhammad era un kàhin.
Ora, ognuno ha pieno diritto di pensarla come crede. Ma non può affermare di aver fatto la traduzione del Corano per favorire il dialogo. Anche perché qui, di etica della traduzione, non v’è traccia.
(Per un post uscito a suo tempo su Il Corano letto da Vittorio Feltri vedi qui)